il manifesto 22.2.18
Costruire la felicità è compito della sinistra
Diseguaglianze.
Il benessere di cui si parla non è un prodotto statistico, ma umano. È
ricerca e costruzione della felicità. E come tale non può prescindere
dalle persone, dalla loro partecipazione e dal loro protagonismo.
di Aldo Carra
Le
elezioni sono una brutta bestia e rischiano di far passare come realtà
le buone intenzioni. Accade così di leggere un titolo che, riprendendo
l’analisi del Mef sugli indicatori di benessere equo e sostenibile,
afferma che nel 2020 il reddito disponibile sarà più di 1000 euro, che
si riducono le disuguaglianze e migliora il lavoro. Si tratta, in
realtà, solo di previsioni dell’impatto che la legge di bilancio per il
2018 dovrebbe avere su quattro indicatori del Benessere Equo e
Sostenibile (Bes). Gli indicatori di cui si parla sono il reddito
disponibile pro capite, la disuguaglianza dei redditi, il tasso di
mancata partecipazione al lavoro, le emissioni di Co2. In futuro essi
saranno progressivamente implementati.
La scelta di assumere
alcuni obiettivi precisi e condivisi, di fare politiche mirate a
perseguirli e di misurare dopo i risultati, costituisce un fatto molto
positivo. Non solo sul piano metodologico. Potrebbe diventare in futuro
una vera e propria rivoluzione sul piano dell’efficacia delle politiche
economiche e quindi del rapporto tra cittadini e politica. Ma perché
questo avvenga sono necessari tempo, per consolidare strumenti e
metodologie, ed una certa separazione dalla contingenza politica e
dall’intreccio con la propaganda elettorale: se infatti si parte da un
giudizio positivo sulle cose fatte si finisce col riproporre la
continuazione delle politiche fatte e non si pensa né ad una
discontinuità né ad una svolta.
È il problema che abbiamo davanti.
Il
documento del tesoro parla di un quadro incoraggiante caratterizzato da
una ripresa del reddito disponibile determinata dalla crescita
economica in atto e dagli interventi fatti dal governo in materia di
sostegno alle famiglie e all’occupazione, dei bonus degli 80 euro, degli
incentivi all’assunzione, del contrasto alla povertà e del reddito di
inclusione. Non a caso sui quattro indicatori esso assume obiettivi
modesti e sulle politiche una pura continuità.
Nei mesi scorsi è
stato presentato anche il Rapporto Asvis (Alleanza Italiana per lo
Sviluppo Sostenibile), l’associazione creata da Enrico Giovannini. In
esso si afferma che l’Italia non sarà in grado di centrare né i target
da raggiungere entro il 2020 nè quelli fissati per il 2030, a meno di un
cambiamento radicale del proprio modello di sviluppo. In assenza di
tale cambiamento povertà, disuguaglianze e degrado ambientale non
verranno ridotti drasticamente come previsto e necessario. Esso afferma
che nel corso degli ultimi anni si registra un miglioramento per alcuni
indicatori (alimenti, fame ed alimentazione, salute e benessere,
educazione…), ma che c’è un sensibile peggioramento per alcuni
indicatori come la povertà, la gestione delle acque, le disuguaglianze e
non ci sono miglioramenti sull’occupazione e sulle città sostenibili.
Le distanze con gli altri paesi restano molto alte così come le
disuguaglianze territoriali socio-economiche e quelle di genere e la
percentuale di persone in situazione di povertà assoluta rispetto al
2005 è più che raddoppiata. Il nostro paese è indietro non solo su
povertà, disoccupazione, disuguaglianze, degrado ambientale e un
sentiero di sviluppo sostenibile e la ripresa economica da sola non
risolveranno i problemi che la pongono tra i paesi europei con le
peggiori performance economiche, sociali, ambientali
Dice
Giovannini che, malgrado i passi avanti compiuti in alcuni campi,
l’Italia resta in una situazione di non sostenibilità economica, sociale
e ambientale e che se i partiti non metteranno lo sviluppo sostenibile
al centro della legislatura, le condizioni dell’Italia saranno destinate
a peggiorare anche in confronto con altri paesi.
Per la prima
volta nei prossimi anni avremo modo di misurare obiettivi e risultati.
In particolare sul grande tema delle disuguaglianze.
Per la
sinistra credo ci sia un problema in più. Abbiamo parlato di numeri e di
indicatori. Essi sono importantissimi, ma la sinistra dovrà andare ben
oltre. Il benessere di cui si parla non è un prodotto statistico, ma
umano. È ricerca e costruzione della felicità. E come tale non può
prescindere dalle persone, dalla loro partecipazione e dal loro
protagonismo. Se di questo non saranno protagoniste le sinistre, altre
forze potrebbero attecchire sul malessere.