il manifesto 20.2.18
Ha già votato la Nato prima di noi
L'arte
delle guerra. In piena campagna elettorale, i principali partiti hanno
tacitamente accettato gli ulteriori impegni assunti dal governo
nell’incontro dei 29 ministri Nato della Difesa (per l’Italia Roberta
Pinotti), il 14-15 febbraio a Bruxelles
di Manlio Dinucci
C’è
un partito che, anche se non compare, partecipa di fatto alle elezioni
italiane: il Nato Party, formato da una maggioranza trasversale che
sostiene esplicitamente o con tacito assenso l’appartenenza dell’Italia
alla Grande Alleanza sotto comando Usa.
Ciò spiega perché, in
piena campagna elettorale, i principali partiti hanno tacitamente
accettato gli ulteriori impegni assunti dal governo nell’incontro dei 29
ministri Nato della Difesa (per l’Italia Roberta Pinotti), il 14-15
febbraio a Bruxelles. I ministri hanno prima partecipato al Gruppo di
pianificazione nucleare della Nato, presieduto dagli Stati uniti, le cui
decisioni sono sempre top secret. Quindi, riunitisi come Consiglio Nord
Atlantico, i ministri hanno annunciato, dopo appena due ore, importanti
decisioni (già prese in altra sede) per «modernizzare la struttura di
comando della Nato, spina dorsale della Alleanza».
Viene stabilito
un nuovo Comando congiunto per l’Atlantico, situato probabilmente negli
Stati uniti, allo scopo di «proteggere le linee marittime di
comunicazione tra Nord America ed Europa». Si inventa in tal modo lo
scenario di sottomarini russi che potrebbero affondare i mercantili
sulle rotte transatlantiche. Viene stabilito anche un nuovo Comando
logistico, situato probabilmente in Germania, per «migliorare il
movimento in Europa di truppe ed equipaggiamenti essenziali alla
difesa». Si inventa in tal modo lo scenario di una Nato costretta a
difendersi da una Russia aggressiva, mentre è la Nato che ammassa
aggressivamente forze ai confini con la Russia. Su tale base saranno
istituiti in Europa altri comandi della componente terrestre per
«migliorare la risposta rapida delle nostre forze».
Previsto anche
un nuovo Centro di Cyber Operazioni per «rafforzare le nostre difese»,
situato presso il quartier generale di Mons (Belgio), con a capo il
Comandante supremo alleato in Europa che è sempre un generale Usa
nominato dal presidente degli Stati uniti. Confermato l’impegno ad
accrescere la spesa militare: negli ultimi tre anni gli alleati europei e
il Canada l’hanno aumentata complessivamente di 46 miliardi di dollari,
ma è appena l’inizio. L’obiettivo è che tutti raggiungano almeno il 2%
del pil (gli Usa spendono il 4%), così da avere «più denaro e quindi più
capacità militari».
I paesi europei che finora hanno raggiunto e superato tale quota sono: Grecia (2,32%), Estonia, Gran Bretagna, Romania, Polonia.
La
spesa militare dell’Unione europea – è stato ribadito in un incontro
con la rappresentante esteri della Ue Federica Mogherini – deve essere
complementare a quella della Nato. La ministra Pinotti ha confermato che
«l’Italia, rispettando la richiesta Usa, ha cominciato ad aumentare la
spesa per la Difesa» e che «continueremo su questa strada che è una
strada di responsabilità». La via dunque è tracciata. Ma di questo non
si parla nella campagna elettorale. Mentre sull’appartenenza dell’Italia
all’Unione europea i principali partiti hanno posizioni diversificate,
sull’appartenenza dell’Italia alla Nato sono praticamente unanimi.
Questo
falsa l’intero quadro. Non si può discutere di Unione europea ignorando
che 21 dei 27 paesi Ue (dopo la Brexit), con circa il 90% della
popolazione dell’Unione, fanno parte della Nato sotto comando Usa.
Non
si possono ignorare le conseguenze politiche e militari – e allo stesso
tempo economiche, sociali e culturali – del fatto che la Nato sta
trasformando l’Europa in un campo di battaglia contro la Russia,
raffigurata come un minaccioso nemico: il nuovo «impero del male» che
attacca dall’interno «la più grande democerazia del mondo» con il suo
esercito di troll.