il manifesto 10.2.18
Scuola, scontro sugli aumenti: firmano solo i confederali
Superata
la Buona Scuola . Il primo contratto dopo 9 anni di blocco segna un
aumento lordo fra i gli 80 e i 110 euro. Ma Gilda, Snals e Cobas
contestano la "mancia elettorale"
di Massimo Franchi
Nove
anni di attesa per avere un nuovo contratto. Nove anni nei quali i
tagli della Gelmini e poi la BuonaScuola renziana hanno ridotto gli
insegnanti italiani in poveri lavoratori in balia dei dirigenti
trascinando il loro ruolo e riconoscimento sociale sempre più in basso.
Quello firmato ieri mattina alle 7 e 15 dopo una improvvisa
accelerazione non è, né poteva essere risolutivo di tutti i problemi
trascinatisi in un decennio. La mancata firma di Snals e Gilda e i molti
mal di pancia all’interno dei confederali delineano però il concreto
rischio di essere arrivati ad «un contratto elettorale».
IN REALTÀ
POCHI MINUTI DOPO la firma con l’Aran dell’accordo che, oltre alla
scuola, ridà un contratto a 1,2 milioni di lavoratori nelle università e
nella ricerca Cgil, Cisl e Uil avevano fatto uscire una nota trionfale
in cui si parlava di «svolta significativa sul terreno delle relazioni
sindacali, riportando alla contrattazione materie importanti come la
formazione e le risorse destinate alla valorizzazione professionale»,
con il segretario generale della Flc Cgil Francesco Sinopoli
sottolineava «il depotenziamento dei dirigenti scolastici».
MA È
SULL’ASPETTO RETRIBUTIVO che i toni erano già più bassi: «Gli aumenti
sono in linea con quanto stabilito dalle confederazioni con l’accordo
del 30 novembre 2016, per la scuola da un minimo di 80,40 a un massimo
di 110,70 euro – scrivono i sindacalisti -. Pienamente salvaguardato per
le fasce retributive più basse il bonus fiscale di 80 euro. Nessun
aumento di carichi e orari di lavoro, nessun arretramento per quanto
riguarda le tutele e i diritti nella parte normativa, nella quale, al
contrario, si introducono nuove opportunità di accedere a permessi
retribuiti per motivi personali e familiari o previsti da particolari
disposizioni di legge».
LE PIÙ CONTENTE SONO le ministre – e
candidate Pd -: Marianna Madia, che parla di contratto «giusto e
doveroso» e la titolare di viale Trastevere Valeria Fedeli, che ricorda
come «avevamo preso un impegno preciso, lo abbiamo mantenuto, riuscendo a
garantire aumenti superiori a quelli previsti». Il riferimento è ai 200
milioni destinati alla valorizzazione del merito: 70 milioni sono stati
destinati a questo scopo (diventeranno 40 a regime).
A DICEMBRE
PERÒ le stesse Flc Cgil, Cisl Fsur e Uil Rua a dicembre avevano
richiesto risorse aggiuntive in legge di bilancio per andare oltre
all’accordo del novembre 2016. Proprio su questo tema battono i tanti
sindacati che non hanno sottoscritto l’accordo. Gilda ritiene i
miglioramenti retributivi ottenuti «irrisori» perché «lordi», mentre lo
Snals (che fino a ieri era coi confederali) sottolinea anche altri
aspetti negativi sulla scuola: «la scarsa considerazione degli organi
collegiali, in particolare il collegio dei docenti che non delibera più
il Piano di offerta formativa (Ptof); la permanenza obbligata nella
stessa sede per un triennio che determina la possibilità di
trasferimento solo triennale».
ANCOR PIÙ DURO Piero Bernocchi,
storico portavoce dei Cobas che parla di «miserabile contratto
elettorale» e «ignobile mancetta economica che dimostra l’assoluto
disprezzo per docenti ed Ata (il personale tecnico amministrativo, ndr),
ritenuti così sottomessi da dover ringraziare persino per un aumento
medio netto mensile di 50 euro, dopo che in dieci anni di blocco
contrattuale la categoria ha perso almeno il 20 per cento del salario».
Bernocchi e l’Usb chiamano anche Snals e Gilda allo sciopero già fissato
per venerdì 23 febbraio.