venerdì 2 febbraio 2018

Il Fatto 2.2.18
“Solo un modo per pulirsi la coscienza”
“Non ho firmato e non firmo. Da loro non ho mai ricevuto solidarietà, neanche in privato”
di Silvia D’Onghia


“Non si capisce neanche cosa vogliono dire, è solo un modo per pulirsi la coscienza da questo silenzio assordante”. Asia Argento, che per prima in Italia ha denunciato di aver subito uno stupro da Harvey Weinstein, non è tra le 124 donne che hanno sottoscritto il manifesto “Dissenso comune”. E la sua non è una dimenticanza. Anzi.
Cosa è successo?
Sono stata contattata da Jasmine Trinca. ‘Abbiamo creato un gruppo, abbiamo un messaggio politico’, mi ha detto. Tra di loro si chiamavano compagne.
E lei non era d’accordo?
Quando mi hanno chiamata, avevano già buttato giù una prima stesura dell’appello senza neanche consultarmi. Iniziava con una specie di parabola di Edna Wolf su Cappuccetto Rosso e il lupo, si parlava in maniera ancora più vaga e non venivano nominate le attrici italiane che hanno denunciato.
Lei e Miriana Trevisan?
Esatto. Anzi, le dico di più. Sono stata messa in una chat del gruppo e ho chiesto che venisse inserita anche Miriana. Non l’hanno contattata fino a un paio di giorni fa. Forse non la reputavano alla loro altezza. Io e Miriana abbiamo aperto questa porta e ci siamo beccate delle bastonate. Però hanno fatto firmare Cristiana Capotondi che ha difeso Fausto Brizzi (il regista italiano accusato di molestie, ndr).
E cosa ha suggerito a proposito del manifesto?
Ho comunicato il mio dissenso per una cosa troppo annacquata. Ho chiesto di specificare i nostri nomi. Non si può parlare di ‘colleghe italiane’, non si può dire ‘anche noi abbiamo vissuto’ e poi non dire di chi si sta parlando.
La sua richiesta ha sortito effetti?
Macché. Continuavano a temporeggiare. Molte di loro non rispondevano neanche ai miei messaggi. Ho più volte chiesto di incontrarci a casa mia.
È successo?
Io abito in periferia. Mi hanno risposto che arrivare a casa mia sarebbe stato come andare in Cina. Allora mi sono offerta di andare io in centro, ma neanche questo è accaduto. A quel punto mi sono tolta dalla chat.
Prima dell’appello le erano state vicine?
Non ho mai ricevuto un sms di sostegno da parte delle attrici e alcune di loro, quando le ho incontrate, si sono voltate dall’altra parte. Capisco che magari si vergognavano di parlare con i giornali e le televisioni, ma almeno privatamente avrebbero potuto dimostrare solidarietà… Invece è stato il silenzio assoluto. Un silenzio assordante.
Quindi non ha firmato il manifesto?
Naturalmente. E non ho alcuna intenzione di farlo. Le avevo anche invitate alla Women’s march di Roma, il 20 gennaio, ma non si è presentato nessuno. Come sempre sono un outsider, non rientro neanche nel dissenso comune. Sono sola nella mia battaglia.
Le 124 firme smuoveranno le coscienze?
Non vedo un programma, tantomeno ‘politico’. È tutto annacquato, non si capisce neanche cosa vogliono dire. È soltanto un modo per pulirsi la coscienza rispetto al silenzio in cui ci hanno avvolte. Poi a me vengono a dire ‘sei stata zitta per vent’anni’, come se ci volesse un attimo per elaborare una violenza. Ma anche chi non ha subito nulla può schierarsi dalla parte delle vittime.
Cosa succederà adesso?
E cosa vuole che succeda? Forse andranno a parlare a Sanremo…