Il Fatto 2.2.18
La desistenza Renzi-Berlusconi sulle liste: una realtà in tutta Italia
Sgarbi lo dice: “De Luca sostiene me”
Da Napoli alla Toscana fino al Piemonte: i tanti favori reciproci nei collegi uninominali
di Wanda Marra
Alle
urne si compete sempre, ma in qualche caso con meno aggressività. È il
caso in questo 2018 di Pd e Forza Italia. Dalla Lombardia alla Sicilia,
per dire, sono parecchi i candidati ex Forza Italia finiti direttamente
nelle liste di Renzi. E nei collegi uninominali la “desistenza” tra i
due partiti è quasi strutturale: nessuno scontro frontale tra big e una
precisione “matematica” nell’opporre a un candidato renziano che deve
essere eletto uno debole berlusconiano e viceversa. Le larghe intese,
insomma, sono un fatto fin d’ora: Pd e Forza Italia assomigliano a un
unico corpo con due teste. Paradossalmente, o forse no, Renzi le sfide
più accese le ha volute contro LeU (basti citare Terranova contro
D’Alema a Nardò). Quanto alla Lega ha scelto una via diversa rispetto a
Forza Italia: il Carroccio, ad esempio in Emilia Romagna e in Toscana,
ha spesso scelto candidati “forti” anche dove corre in teoria da
perdente.
Partiamo dai “traslocati”. Il deputato Paolo Alli – che
corre nel collegio uninominale di Mantova in Senato in quota Beatrice
Lorenzin via il fu Ncd di Alfano – è un esponente di Comunione e
liberazione e per anni è stato uno dei più stretti collaboratori di
Roberto Formigoni: il Celeste, invece, è rimasto a destra. Poi c’è
Angelo Capelli, candidato alla Camera nel collegio uninominale di
Rozzano, anche lui ciellino, è stato relatore della riforma Maroni della
sanità. Mentre Maurizio Bernardo – entrato alla Camera nel 2006 con
Forza Italia e rieletto nel 2013 col Pdl – è proprio passato al Pd dopo
un passaggio col solito Alfano: è secondo a Varese e Busto Arsizio,
posto blindato.
In Sicilia, dove il centrosinistra è quasi
azzerato, il Pd candida l’ex Pdl Leonardo Piampiano alla Camera a
Palermo. E si carica due pezzi grossi, provenienza Sicilia Futura (il
partito che fa capo a Salvatore Cardinale): il primo, Nicola D’Agostino
(provenienza il movimento autonomista di Raffaele Lombardo) è stato
fondamentale per dare i voti necessari al berlusconianissimo Gianfranco
Miccichè per la guida dell’Assemblea regionale (con l’assenso di Luca
Lotti); il secondo, Salvo Lo Giudice, cinque anni fa era stato eletto
all’Ars addirittura con la lista destrissima di Nello Musumeci.
Persino
in Toscana Renzi schiera due ex Forza Italia. Cosimo Ferri,
sottosegretario alla Giustizia entrato nel governo Letta in quota
centrodestra, corre nel collegio di Massa e ha pure il paracadute
proporzionale. Il fratello di Ferri, Jacopo, è il vice coordinatore
regionale di FI: ha offerto le sue dimissioni al partito, che le ha
respinte. E così i rumors toscani già danno Ferri in pole position per
il ministero della Giustizia in un ipotetico governo Matteo &
Silvio. E ancora: a “Firenze Novoli”, alla Camera, il Pd candida in
quota Lorenzin l’ex coordinatore Pdl a Firenze, poi passato con Alfano,
Gabriele Toccafondi.
Forza Italia per non disturbare schiera solo
due big in regione: Massimo Mallegni, ex sindaco di Pietrasanta, che
corre per il Senato contro uno dei fedelissimi di Renzi, Andrea
Marcucci, a Lucca e Carrara. Il segretario con lui è in ottimi rapporti e
si è preoccupato di garantire Marcucci nel proporzionale. L’altra è
Debora Bergamini che sfida Ferri, ma è blindata in due collegi
plurinominali. A proposito di mutazione: nei 28 collegi di una delle
regioni rosse per eccellenza, la Toscana, in posizione eleggibile ci
sono solo 3 ex Ds: Silvia Velo, Susanna Cenni e Dario Parrini (ormai più
renziano di Renzi).
Due esempi di desistenza, e non piccoli,
arrivano dalla Capitale: contro Paolo Gentiloni (collegio Roma 1 per la
Camera) corre Luciano Ciocchetti, ex assessore all’Urbanistica della
Polverini, non esattamente un big. Contro Marianna Madia (Camera, Roma
2) c’è Maria Teresa Bellucci, presidente nazionale del Modavi onlus e
membro dell’Assemblea nazionale del Forum del terzo settore. Per adesso,
sconosciuta ai più.
In Lombardia in uno dei (pochi) collegi
contendibili dal centrosinistra, Sesto San Giovanni, contro il potente
berlusconiano Paolo Romani il Pd schiera la consigliera comunale Diana
De Marchi. Strada spianata alla Camera nel collegio di Abbiate Grasso
per Michela Vittoria Brambilla, che contro il Pd ha il deputato uscente
Francesco Prina, non accreditato di particolari consensi nel territorio.
Alessandro Cattaneo, ex sindaco di Pavia, nel suo collegio per la
Camera si trova contro un’altra deputata uscente poco competitiva,
Chiara Scuvera.
In Piemonte, favore inverso. All’uninominale
Torino Collegno, Stefano Esposito avrà di fronte la consigliera leghista
del piccolo comune di Piossasco, Roberta Ferrero (ma avrà contro l’ex
Fiom Giorgio Airaudo di LeU). Alberto Avetta, sindaco di Cossano
Canavese e presidente dell’Anci in Piemonte corre a Ivrea per Palazzo
Madama contro Virginia Tiraboschi, imprenditrice, a lungo dirigente
comunale e regionale, scelta da Forza Italia anche se (o proprio perché)
non è una macchina da voti. Viceversa a Torino 2, contro Roberto Rosso –
ex deputato, sottosegretario con Berlusconi e vicepresidente della
Regione – il Pd schiera a perdere Silvia Manzi, in quota Bonino.
Passiamo
in Campania. A Salerno contro Pietro De Luca, figlio del governatore,
per Forza Italia corre il commercialista Gennaro Esposito. Nel Cilento a
sfidare Franco Alfieri – l’uomo “delle fritture” e della “clientela
scientifica” (parola di De Luca padre) – schiera senza speranza Marzia
Ferraioli, professoressa di Procedura penale a Roma Tor Vergata.
Viceversa Vittorio Sgarbi, che corre ad Acerra per la Camera contro
Luigi Di Maio, ha avuto un occhio di riguardo da don Vincenzo. Al
Messaggero ha detto: “Gli elettori del Pd non voteranno il loro debole
candidato Falcone, ma me. Così vuole De Luca”.
In Basilicata, il
paradosso: Pd e Forza Italia si sono direttamente scambiati i candidati.
Nicola Benedetto, fino a poco fa nella Giunta di centrosinistra, è il
candidato del centrodestra a Potenza per la Camera. Per il Pd lo sfida
Guido Viceconte, ex europarlamentare azzurro, più volte sottosegretario
nei governi Berlusconi.