venerdì 2 febbraio 2018

Il Fatto 2.2.18
“È il tempo in cui abbiamo smesso di avere paura”
124 donne - Il testo sottoscritto da attrici, registe e lavoratrici dello spettacolo contro “il sistema” molestie
di Alessia Grossi


“Dissenso comune”: si chiama così il Manifesto delle donne dello spettacolo “unite per una riscrittura degli spazi di lavoro e per una società che rifletta un nuovo equilibrio tra donne e uomini”, dopo le denunce di violenze e molestie sul luogo di lavoro nei mesi scorsi. Firmato da 124 tra attrici, registe, produttrici e lavoratrici della comunicazione e dello spettacolo tra cui Francesca e Cristina Comencini, Sabrina Impacciatore, Laura Bispuri, Sole Tognazzi, le sorelle Rohrwacher, Lunetta Savino, Isabella Ferrari, Giovanna Mezzogiorno.
“Questo documento non è solo un atto di solidarietà nei confronti di tutte le attrici che hanno avuto il coraggio di parlare in Italia e che per questo sono state attaccate, vessate, querelate, ma un atto dovuto di testimonianza”, esordiscono.
Tra le firmatarie anche Nicoletta Ercole, che con Harvey Weinstein ha lavorato e riconosce “che il suo modo di fare era noto, così come lo era quello di alcuni registi e produttori italiani”. Seppur critica nei confronti di chi – ha prima sfruttato questo sistema e poi ora accusa e denuncia e dalla parte di Asia Argento contro chi l’ha criticata – Ercole racconta di non aver esitato a sottoscrivere l’appello sottopostole da Ginevra Elkann. “So che siamo in tante. La nostra voce è importante perché abbiamo la visibilità per farci ascoltare, ma questo è un malcostume generalizzato. L’importante – continua – è che non finisca nel vuoto, come le manifestazioni di ‘Se non ora quando’.
Un’altra firmataria è Costanza Quatriglio. “Non ho partecipando agli incontri, avevo anche sottoposto modifiche che non sono state accettate dal collettivo”, racconta. Eppure crede nell’importanza dell’appello: “A prescindere dalle molestie – spiega – è una questione di disuguaglianza, di denunciare le angherie quotidiane alle quali siamo sottoposte. Io come regista ho dovuto fare i conti con il mio essere donna anche senza accorgermene. Pensavo bastasse fare il mio mestiere, ma non è così”.
Perché, come si legge nel Manifesto, “quando si parla di molestie quello che si tenta di fare è, in primo luogo, circoscrivere il problema a un singolo molestatore che viene patologizzato e funge da capro espiatorio”, salvo poi, “non appena l’ondata di sdegno si placa, il buonsenso comune inizia a interrogarsi sulla veridicità di quanto hanno detto le ‘molestate’ e inizia a farsi delle domande su chi siano, come si comportino, che interesse le abbia portate a parlare”. “Così facendo – continuano le donne di Dissenso Comune – questa macchina della rimozione vorrebbe zittirci e farci pensare due volte prima di aprire bocca. Ma parlare è svelare come la molestia sessuale sia riprodotta da un’istituzione. Come questa diventi cultura, buonsenso, un insieme di pratiche che noi dovremmo accettare perché questo è il modo in cui le cose sono sempre state, e sempre saranno”, denunciano. E sottolineano come “la scelta davanti alla quale ogni donna è posta sul luogo di lavoro è: ‘Abituati o esci dal sistema’. Da qui la decisione di scendere in campo. Perché “il corpo dell’attrice incarna il desiderio collettivo, e poiché in questo sistema il desiderio collettivo è il desiderio maschile, il buonsenso comune vede in loro creature narcisiste, volubili e vanesie, disposte a usare il loro corpo come merce di scambio pur di apparire. Le attrici in quanto corpi pubblicamente esposti smascherano un sistema che va oltre il nostro specifico mondo ma riguarda tutte le donne negli spazi di lavoro e non”.
E – non ultimo – “perché le attrici hanno il merito e il dovere di farsi portavoce di questa battaglia per tutte quelle donne che vivono la medesima condizione sui posti di lavoro la cui parola non ha la stessa voce o forza. La molestia sessuale – è sistema appunto. Succede alla segretaria, all’operaia, all’immigrata, alla studentessa, alla specializzanda, alla collaboratrice domestica. Noi non siamo le vittime di questo sistema ma siamo quelle che adesso hanno la forza per smascherarlo e ribaltarlo. Noi non puntiamo il dito solo contro un singolo ‘molestatore’. Noi contestiamo l’intero sistema. Questo è il tempo in cui noi abbiamo smesso di avere paura”.