sabato 24 febbraio 2018

Il Fatto 24.2.18
“Ma di che si parla? L’agente provocatore in Italia c’è già”
“Queste operazioni le facciamo per droga, armi, riciclaggio, ecc”
di Antonella Mascali


La lotta alla corruzione, sempre dilagante in Italia, è tornata a dividere non solo politici ma anche magistrati tra chi, da anni, chiede gli agenti provocatori, come l’ex procuratore nazionale antimafia Franco Roberti e chi è contrario, come il presidente dell’Anm Eugenio Albamonte o il presidente dell’Anac Raffaele Cantone.
Piercamillo Davigo, ex pm di Mani Pulite, presidente di sezione della Cassazione, non capisce proprio queste obiezioni: “La legge italiana prevede già operazioni sotto copertura ( con agenti provocatori, ndr) ma non per la corruzione. Queste operazioni sono quelle in cui un ufficiale di polizia giudiziaria, dissimulando tale sua qualità, prende notizia di attività illecite, cioè può infiltrarsi in organizzazioni criminali o in altri casi, già previsti dalla legge italiana, può determinare un reato, per esempio facendo un acquisto simulato di stupefacenti”.
Ma chi è contro l’agente provocatore in indagini contro la corruzione dice che nelle situazioni appena descritte il reato c’era già, non sarebbe indotto…
Non sempre è così. Per le grandi quantità di droga, ad esempio, chi deve venderla prima trova l’acquirente e poi si mette d’accordo con il cartello che si trova all’estero per farla arrivare in Italia. Inoltre, anche queste operazioni sotto copertura prevedono che l’ufficiale di polizia giudiziaria commetta un reato (deve dotarsi di falsi documenti e acquistare stupefacenti) al fine di poter arrestare trafficanti e, dunque, non è punibile. Nessuno, però, si è mai scandalizzato.
Ci sarebbe anche una convenzione dell’Onu contro la corruzione firmata dall’Italia, ma ignorata.
È la convenzione di Merida, ratificata dall’Italia senza alcuna obiezione, ma mai attuata in 15 anni. All’articolo 50 prevede l’introduzione di operazioni sotto copertura e fa anche esplicito riferimento alle consegne controllate.
Mazzette?
È evidente che si tratta dell’oggetto del patto illecito e prevedono che costituiscano prova al processo.
Perché la Corte di Strasburgo per i diritti dell’uomo ha condannato alcuni Paesi che hanno usato gli agenti provocatori?
La Cedu ha detto che non possono essere l’unica causale del reato. Non si tratta, però, di fare operazioni sotto copertura per punire la propensione a commettere un reato (come dice Cantone, ndr) ma scatterebbero solo nei confronti di persone che commettono un’attività illecita seriale. I trafficanti sono tali non se spacciano una volta soltanto, allo stesso modo un funzionario pubblico che si vende, ragionevolmente lo fa tutte le volte che ha occasione. La ratio è la stessa. Non capisco questa durissima opposizione all’estensione alla corruzione, sia pur prevista da una convenzione Onu, mentre va bene per lotta alla droga, armi, riciclaggio e pedopornografia.
Come si spiega questa levata di scudi? È per l’inchiesta giornalistica di Fanpage che ha coinvolto il figlio del governatore campano Vincenzo De Luca?
Di Napoli non parlo, c’è un processo in corso. Le ragioni di queste obiezioni le chieda a quelli che le fanno. Io non le comprendo, altra cosa è, invece, la cautela. Ci vuole un controllo dell’autorità giudiziaria ed eventualmente queste operazioni vanno concentrate nelle procure capoluogo di distretto dove sono possibili le specializzazioni. Altra cosa importante: va disciplinata la scelta dell’obiettivo per non prendere persone a caso ma solo nel momento in cui emerge una sproporzione tra il reddito, il tenore di vita e/o la situazione patrimoniale. Ci vogliono indizi che la persona oggetto di attenzione ragionevolmente commetta questo tipo di reati.
Perché è così importante l’utilizzo di agenti provocatori nella lotta alla corruzione?
La corruzione non viene scoperta praticamente mai, è nota solo a corrotti, corruttori e intermediari che hanno l’interesse convergente al silenzio. Per poterla sconfiggere ci vogliono anche forti sconti di pena per chi collabora, fino all’impunità se racconta tutto. Chi lo fa diventa onesto per forza, nessuno lo avvicinerà più. Ma per poter individuare i corrotti e avere prove nei loro confronti ci vogliono le operazioni sotto copertura, solo dopo si può convincerli a collaborare, un pentimento spontaneo è altamente improbabile.