Il Fatto 24.2.18
Intercettazioni, il ministero cancella il “metodo Falcone”
di Roberto Scarpinato
Procuratore generale a Palermo
Uno
degli aspetti più ambigui ed insidiosi della nuova disciplina delle
intercettazioni introdotta con il decreto legislativo n. 216 del 2017,
riguarda la ridefinizione dei rapporti tra pubblico ministero e organi
di polizia nella selezione delle conversazioni rilevanti per le
indagini.
L’attuale normativa prevede che il pubblico ministero
può procedere all’ascolto personalmente (articolo 267, comma 4, c.p.p.)
oppure avvalendosi, come sua longa manus, di un ufficiale della polizia
giudiziaria al quale l’articolo 268 c.p.p. attribuisce il compito
meramente esecutivo di trascrivere anche sommariamente il contenuto
delle comunicazioni intercettate, senza operare alcuna selezione.
Tali
trascrizioni, in gergo definite brogliacci, vengono quindi esaminate
dal pubblico ministero al quale è attribuito dalla legge il potere di
individuare le comunicazioni rilevanti per le indagini.
La nuova
disciplina, che entrerà in vigore il prossimo 25 luglio, attribuisce
invece agli ufficiali di polizia giudiziaria il potere di selezionare le
comunicazioni rilevanti, stabilendo per essi il divieto di trascrivere,
anche in modo sommario, le comunicazioni o conversazioni a loro
giudizio irrilevanti ai fini delle indagini, sia per l’oggetto che per i
soggetti coinvolti, nonché di quelle sempre a loro giudizio parimenti
non rilevanti, che riguardano dati personali definiti sensibili dalla
legge.
L’articolo 268 bis c.p.p. di nuovo conio stabilisce inoltre
che gli ufficiali di polizia giudiziaria non solo devono omettere di
trascrivere le conversazioni da essi ritenute irrilevanti, ma devono
altresì omettere in tali casi qualsiasi indicazione sull’identità delle
persone dialoganti e sull’oggetto delle loro conversazioni. Nel verbale
delle operazioni devono essere indicate soltanto la data, l’ora e il
dispositivo su cui la registrazione è intervenuta.
Per evitare che
a causa di tale modalità di trascrizione delle conversazioni
intercettate, che determina il totale oscuramento di quelle ritenute
irrilevanti dalle forze di polizia, il pm sia privato di ogni potere di
autonoma e successiva valutazione sulla rilevanza o meno delle predette
conversazioni, un altro articolo della nuova disciplina (articolo 267,
comma 4, c.p.p. come modificato), prevede che gli ufficiali di polizia
giudiziaria devono provvedere a trasmettere al pubblico ministero
“annotazioni” contenenti una sintesi delle conversazioni da essi non
ritenute rilevanti e la cui trascrizione è stata omessa.
In tal
modo viene conseguito un triplice scopo: 1) mantenere integro il ruolo
di dominus del potere di indagine e di valutazione del materiale
probatorio esclusivamente in capo al pubblico ministero, il quale sulla
base di tali annotazioni delle forze di polizia viene messo in grado di
conoscere anche il contenuto sommario delle conversazioni di cui è stata
omessa la trascrizione perché ritenute irrilevanti dalla polizia
giudiziaria, operando eventualmente una valutazione difforme di
rilevanza; 2) garantire ai difensori, ai quali pure è attribuito il
diritto di esaminare le annotazioni, di individuare eventuali
conversazioni scartate dalla polizia giudiziaria ed invece aventi a loro
giudizio rilevanza processuale per i propri assistititi, chiedendone
così la successiva trascrizione al giudice; 3) garantire il diritto alla
privacy dei terzi o degli stessi indagati in quanto la nuova normativa
prevede che le “annotazioni” sul contenuto delle conversazioni ritenute
irrilevanti siano coperte dal segreto e custodite presso un archivio
riservato del pubblico ministero unitamente alle registrazioni delle
intercettazioni a cui afferiscono (articolo 89 bis delle norme di
attuazione), senza che i difensori possano estrarne copia essendo loro
attribuito solo il diritto di esaminarle, così come ad essi è attribuito
solo il diritto di ascoltare le conversazioni intercettate ritenute
irrilevanti ma non il diritto di avere copia delle registrazioni.
A
causa dell’ambigua formulazione della norma sulle annotazioni, il
ministero della Giustizia nella relazione illustrativa del decreto
legislativo n. 216 del 2017, ha invece fornito l’indicazione che tale
norma deve essere interpretata nel senso che gli ufficiali di polizia
giudiziaria non hanno l’obbligo di informare sistematicamente il
pubblico ministero con apposite annotazioni sul contenuto di tutte le
conversazioni da essi ritenute irrilevanti e dunque radicalmente
omissate, ma solo nei casi in cui essi nutrano il dubbio se si tratti di
conversazioni rilevanti o meno e quindi se procedere alla loro
trascrizione. Tale interpretazione riduttiva sposta l’asse del potere
selettivo delle conversazioni rilevanti per le indagini a favore delle
forze di polizia, che così vengono abilitate a stabilire autonomamente
quali tra quelle da essi ritenute irrilevanti siano meritevoli di essere
sottoposte o meno al vaglio del pubblico ministero.
Si tratta di
un’interpretazione che oltre a non avere una base testuale nella lettera
della norma, non appare costituzionalmente orientata ponendosi in
contrasto con i principi costituzionali di cui agli articoli 112, 104,
24 e 111 che sanciscono rispettivamente l’obbligatorietà dell’azione
penale, l’indipendenza e autonomia della magistratura da ogni altro
potere, l’inviolabilità del diritto alla difesa in ogni stato e grado
del procedimento, l’attuazione della giurisdizione mediante il giusto
processo: principi tutti che verrebbero sacrificati sull’altare del
diritto alla privacy di cui all’art. 15, con un evidente sbilanciamento
nel contemperamento dei valori che appare tanto più irragionevole ove si
consideri che il regime di segretezza assicurato alle annotazioni è
pienamente idoneo a garantire pure quest’ultimo diritto.
Ove
venisse seguita l’indicazione ministeriale il pubblico ministero
verrebbe infatti privato, a favore delle forze di polizia, della
pienezza del potere-dovere di operare una autonoma valutazione di tutte
le risultanze processuali acquisite, nessuna esclusa, ivi comprese
quelle a favore della persona sottoposta ad indagini, obbligo
quest’ultimo imposto espressamente dall’articolo 358 del c.p.p. solo a
carico del pubblico ministero e non anche a carico delle forze di
polizia. Verrebbe inoltre pregiudicata l’effettività del diritto di
difesa, essendo evidente che i difensori in assenza di annotazioni che
riguardino tutte le conversazioni ritenute irrilevanti e dunque non
trascritte, verrebbero privati di una indispensabile bussola per
orientarsi nell’individuare quelle per essi rilevanti e dunque da
trascrivere. In assenza delle annotazioni, l’unica alternativa,
impraticabile, sarebbe quella di procedere personalmente al riascolto di
migliaia di ore di intercettazioni a volte protrattesi per lunghi mesi
su varie decine di soggetti.
Purtroppo l’interpretazione riduttiva
del ministero è stata fatta propria da alcuni procuratori della
Repubblica i quali hanno già emanato direttive agli organi di polizia e
ai magistrati dei loro uffici con ricadute sul piano degli equilibri
generali che si profilano tanti più gravi quanto più tale
interpretazione dovesse divenire maggioritaria.
Poiché, come
accennato, la nuova normativa entrerà in vigore solo il prossimo 25
luglio, è bene assumere consapevolezza che sul terreno
dell’interpretazione e dell’applicazione pratica della nuova normativa
si giocherà nei prossimi mesi una partita di grande rilevanza
istituzionale il cui esito è destinato ad incidere anche sulla
latitudine dei poteri di indagine e di acquisizione delle prove del
pubblico ministero nel settore del contrasto alla criminalità mafiosa e
terroristica.
Infatti in tale strategico settore, la rilevanza
delle conversazioni intercettate ai fini delle indagini non viene
valutata solo in relazione all’oggetto e ai soggetti coinvolti nel
singolo procedimento penale nel quale sono disposte le intercettazioni,
ma anche con riferimento ad altri procedimenti penali pendenti presso la
stessa Procura della Repubblica e in tutte le altre procure italiane
sedi di direzioni distrettuali antimafia e di dipartimenti
antiterrorismo.
Conversazioni ritenute irrilevanti in un
procedimento instaurato per traffico di droga presso la Procura di
Milano possono rivelarsi rilevantissime per un procedimento per omicidio
alla Procura di Palermo e per un procedimento per misure di prevenzione
patrimoniali alla Procura antimafia di Torino. Gli esempi concreti
tratti dalla quotidianità della prassi operativa potrebbero essere
migliaia.
L’obbligo della circolazione delle informazioni, eredità
preziosa del metodo Falcone, finalizzato ad evitare il pericolo di
dispersione di risultanze processuali irrilevanti nel procedimento in
cui sono state acquisite, ma rilevanti in altri procedimenti, è sancito
dall’articolo 102 del decreto legislativo n. 159 del 2011 (codice
antimafia) e viene realizzato mediante l’inserimento costante dei flussi
informatici di tutte le indagini concernenti reati in materia di mafia
nelle banche dati logiche delle singole procure distrettuali antimafia,
consultabili non solo dai magistrati di quelle procure ma anche dal
Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo nell’ambito della banca
dati nazionale condivisa gestita dalla Direzione nazionale antimafia e
antiterrorismo quale prezioso supporto per il proficuo svolgimento della
sua funzione di coordinamento.
Tale metodo di lavoro si è reso
sinora possibile grazie all’attuale disciplina normativa delle
intercettazioni che ha consentito di popolare costantemente le banche
dati con le trascrizioni ed i brogliacci di tutte le intercettazioni
eseguite nelle varie procure distrettuali italiane, trascrizioni che
riguardano tutte le conversazioni sia quelle immediatamente rilevanti
per il procedimento in cui sono state disposte sia quelle irrilevanti
per quel procedimento ma potenzialmente rilevanti per altri
procedimenti.
A seguito della entrata in vigore della nuova
disciplina normativa sulle intercettazioni, tale metodo di lavoro potrà
essere mantenuto solo se gli ufficiali di polizia giudiziaria oltre a
trascrivere le conversazioni da essi ritenute rilevanti con esclusivo
riferimento al procedimento in cui sono state disposte, redigeranno
sistematicamente annotazioni per tutte le altre conversazioni da essi
ritenute irrilevanti in quel procedimento ma che potrebbero avere grande
rilevanza in altri procedimenti di cui essi non possono e non debbono
avere cognizione.
Se invece dovesse affermarsi l’interpretazione
secondo cui gli ufficiali di polizia giudiziaria possono omettere
completamente non solo di trascrivere ma anche di annotare per il
successivo controllo da parte del pubblico ministero, tutte o gran parte
delle conversazioni da essi ritenute non rilevanti per quel singolo
procedimento, si verificherebbe la dispersione di un enorme patrimonio
informativo di cui non resterebbe traccia documentale, con gravi
ricadute negative per l’efficacia del contrasto alla mafia ed al
terrorismo.