venerdì 23 febbraio 2018

Il Fatto 23.2.18
“Via il pareggio di bilancio o sarà austerità per sempre”
Il costituzionalista presenta la legge popolare per eliminare la riforma che ha imposto il fiscal compact nella Carta
di Carlo Di Foggia


Il 1° gennaio la Costituzione italiana ha compiuto 70 anni. Il 4 dicembre scorso ricorreva l’anniversario della vittoria del No al referendum sulla riforma che voleva stravolgerla. Quel giorno il Coordinamento per la democrazia costituzionale (erede del comitato per il No) ha depositato in Cassazione una proposta di legge di iniziativa popolare per eliminare il pareggio di bilancio in Costituzione. “È una scelta simbolica, vogliamo rompere con una lunga stagione di regressione e rilanciare la cultura costituzionale in Italia”, spiega Gaetano Azzariti professore di diritto costituzionale alla Sapienza, tra i promotori dell’iniziativa per portare il testo in Senato. Oggi ne discuterà in un convegno a Roma con gli economisti Marcello Minenna e Antonella Stirati. La riforma – incardinata nel nuovo articolo 81 – è stata introdotta nel 2012 dal governo Monti con l’appoggio della quasi totalità del Parlamento, sotto la pressione dell’Ue e dei mercati.
Perché è una battaglia in continuità col referendum?
Perché rilancia la lotta per un costituzionalismo democratico che deve porre limiti al mercato, all’Europa, alla politica per la salvaguardia dei diritti. Bisogna uscire dalla logica delle riforme fatte per garantire esclusivamente la ‘governabilità’, cioè i sovrani, i quali invece devono essere limitati dalle costituzioni.
In che modo il nuovo articolo 81 danneggia i cittadini?
È la peggiore riforma entrata in vigore negli ultimi anni, approvata senza praticamente discussione, in un momento di confusione politica. Il Fiscal compact imposto in Costituzione obbliga all’austerità ed esclude le politiche di bilancio di natura espansiva. Si legittima così ogni possibile taglio allo stato sociale: è inaccettabile comprimere per ragioni di bilancio i diritti fondamentali, che devono invece essere salvaguardati soprattutto nelle fasi di recessione.
In che modo si può realmente invertire la rotta?
Riconsegnando al Parlamento il potere di decidere davvero sul bilancio e fissando nei diritti fondamentali un limite invalicabile per l’azione della politica economica. La nostra proposta assegna alla legge di contabilità generale il compito di stabilire i vincoli per il rispetto del Fiscal compact, ma pone un “controlimite” per assicurare in ogni caso il “rispetto dei diritti fondamentali delle persone”. Riscriviamo anche l’articolo 119, per restituire un ruolo alle Regioni sancendo che agli enti territoriali “sono attribuiti con legge risorse destinate a garantire i diritti delle persone”, e il 97 relativo alla P.A.
L’obiezione è nota: il pareggio di bilancio è previsto dal Fiscal compact, che noi abbiamo ratificato…
Impone di porre vincoli permanenti, che già non è poco, ma non anche di scriverli in Costituzione. Averlo fatto dimostra la forte miopia della nostra classe dirigente: se in Europa dovessero cambiare gli orientamenti di politica economica avremmo difficoltà ad adeguarci perché ci siamo auto-limitati. Un autolesionismo scellerato. Presi dal panico della crisi si è pensato che la Carta servisse solo al contingente, dimenticando che le costituzioni non servono per i cicli brevi dell’economia ma per assicurare i principi “eterni” delle persone.
I vincoli di bilancio hanno la loro radice nei trattati europei, significa che la Carta deve prevalere su tutto?
È un discorso complesso, ma va chiarita una cosa: lo spazio lasciato ai Paesi europei è almeno quello definito dai principi supremi fissati dalla Costituzione. Questi spazi vanno utilizzati al meglio se si vuole affermare la garanzia dei diritti e rafforzare il nostro ruolo in Europa, magari provando a cambiarla. È così in tutti i grandi Paesi, non solo in Germania. La normativa sui conti pubblici è il caso più evidente di espropriazione di potere sostanziale di decisione politica, ed è proprio qui che va posto un limite solido alla pervasività della normativa europea sancendo la prevalenza dei principi supremi dell’ordinamento italiano.
Come hanno accolto i partiti la vostra iniziativa?
Con molti imbarazzi, per via della scelta del 2012. Ma la realtà ha mostrato l’urgenza di abbandonare questa strada. Confido lo capiscano.