martedì 20 febbraio 2018

Il Fatto 20.2.18
Dalla democrazia alla cachistocrazia
di Eugenio Ripepe
ordinario di Filosofia della Politica all’Università di Pisa


Visto che si riparla di Churchill, come non ribadirne il merito di aver messo in circolazione il solo argomento veramente inattaccabile a favore della democrazia in quanto “peggiore forma di governo eccettuate tutte le altre”? Un merito che vale a fargli perdonare tutto: perfino di non essersi vergognato come un ladro nell’incassare il premio Nobel per la Letteratura.
A lui va la nostra perenne gratitudine perché quella sua frasetta ci immunizza dal rischio che ci vengano in mente le altaniane (non alfaniane) “idee che non condivido”. Anche se, avendo la democrazia il suo tallone d’Achille nella selezione del personale politico, cresce il timore che se non si ferma la deriva che la porta a degenerare in cachistocrazia, cioè in governo dei peggiori, l’argomento di Churchill rischia di risultare… a rischio; e qualcuno potrebbe preferirgli quello di Bertrand Russell: “La democrazia ha perlomeno un merito e cioè che un deputato non può essere più stupido dei suoi elettori, perché più stupido è lui, più stupidi sono stati loro a eleggerlo”. Come se l’elettore fosse sempre libero di votare per chi vuole (v. Rosatellum) e avesse sempre la possibilità di scegliere candidati con Q. I. pari o superiore al suo (idem come sopra)…
Lo scadimento del ceto politico italiano è sotto gli occhi di tutti da tempo, ma se si pensa a come i partiti, o meglio i capipartito, hanno gestito la formazione delle liste elettorali armati di Rosatellum, è difficile non concludere che stavolta hanno proprio esagerato. Una ministra dell’Istruzione e dell’Università entrata al ministero da laureata e prossima a uscirne da ex-laureata (niente da dire sul fatto che non sia (più) laureata: neanche il suo predecessore Benedetto Croce lo era. La differenza – o Dio, la differenza… diciamo una delle differenze – è che Croce non ha mai detto di esserlo), una ministra così, viene ricompensata candidandola a rappresentare in Senato una città che è sede di alcune delle più importanti istituzioni universitarie italiane: gaffe o voluto sberleffo? Altre ministre che, accusate di gravi scorrettezze, hanno preannunciato azioni legali a difesa della propria onorabilità, e poi rinunciato a quanto preannunciato (puntando evidentemente sul fattore tempo; il quale non sempre è galantuomo, ma spesso produce provvidenziali amnesie, oltre che provvidenziali amnistie), vengono premiate paracadutandole in una abnorme quantità di collegi sicuri, a spese di candidati ben più meritevoli, paracadutati anch’essi, ma in collegi a rischio, quindi paracadutati senza paracadute. Un non-partito che si illude di aver risolto il problema della selezione dei propri rappresentanti con un meccanismo che comincia con l’autocandidatura degli interessati (in ogni senso) e prosegue con i clic di parenti e amici da loro mobilitati; ignorando bellamente le ragioni addotte da Platone per convincere che non bisogna votare per chi tiene troppo a essere votato, e quelle analoghe che l’esperienza e il buonsenso avrebbero fatto scoprire autonomamente a Garibaldi qualche millennio dopo (chiedo scusa se parlo bene di Garibaldi). Un candidato-nominato esibito come un fiore all’occhiello solo per aver fatto seguire, in drammatiche circostanze, alle parole “Salga a bordo” una quarta parola che per la verità era una parolaccia, ma scandita con virile cipiglio e punto esclamativo incorporato. Torme di parlamentari dei quali è stata documentata l’incapacità di rispondere a domandine elementari, il cui mandato è rinnovato d’ufficio dai rispettivi boss, senza nemmeno prevedere l’obbligo di frequentare una scuola serale. Stimati dirigenti ruvidamente accantonati per far posto a militi ignoti con nessun altro merito se non quello di essere figli di qualcuno, o compagnucci della parrocchietta di qualcun altro, o di garantire fedeltà canina al padrone pro tempore… Ma basta così: non ce ne è abbastanza per prevedere che l’Italia sarà un giorno ricordata come un fulgido esempio di demeritocrazia eretta a sistema di governo?
Adesso qualche nostro amico riterrà doveroso intervenire con l’indice alzato, o magari puntato, stile zio Sam che chiama alle armi (I want you), spiegandoci: “È la politica, bellezza”. Ma a chi ha la sua patria nel secolo scorso, perché in esso ha passato la parte più lunga della vita, sarà consentito limitarsi a replicare bofonchiando come don Bartolo, il vecchio barbogio del Barbiere di Siviglia: “La musica ai miei tempi era altra cosa”.
P.S. Questa filippica risulterebbe troppo faziosa se non si aggiungesse che nel giudicare gli attori che calcano la scena politica italiana non si può non dar loro atto delle capacità fuori dal comune che devono pur avere se sono riusciti nell’impresa titanica di far giganteggiare retrospettivamente i loro predecessori della Prima Repubblica. E ora anche in quella di farci scoprire nell’astensionismo una legittimità democratica che mai e poi mai avremmo immaginato di potervi trovare.