Il Fatto 20.2.18
Il massacro di Utoya in un piano sequenza
In concorso l’opera del norvegese Poppe, “per non dimenticare”
di Anna Maria Pasetti
Il
film che non avremmo mai voluto vedere (nella realtà) è approdato ieri
in concorso. Utøya 22 July porta nel suo titolo l’eloquenza di una
strage indimenticabile eppure – paradossalmente – non abbastanza
ricordata. Il regista norvegese Erik Poppe ha infatti ritenuto urgente e
necessario realizzarlo alla luce di due fattori inquietanti: “La
crescente ondata di estrema destra dilagante in Europa e le discussioni
avvenute nel mio Paese su dove collocare i monumenti ‘memoriali’ sia
della bomba di Oslo che del massacro dei giovani a Utøya. Un dibattito
surreale che ha surclassato la memoria e il rispetto delle vittime,
delle loro famiglie e dei sopravvissuti alle tragedie del 2011”. L’ex
fotografo e ora cineasta Poppe si è armato di coraggio e ha ripercorso i
dettagli spazio-temporali dell’attentato operato da Anders Breivik,
intervistando ogni sopravvissuto nella speranza di elaborare un film che
desse la miglior giustizia possibile a chi l’ha subìto.
E tra le
opzioni possibili, Poppe ha scelto la più complessa tecnicamente ma di
certo la più adatta a mantenere alta la tensione: il suo film infatti è
un unico pianosequenza di 72’, ovvero la durata precisa del massacro dei
giovani laburisti riuniti sull’isola, 69 dei quali persero la vita in
quel maledetto pomeriggio di luglio. Iniziando con un prologo con scene
d’archivio sull’attentato di poco precedente, quello di Oslo, Utøya 22
July conduce lo spettatore nel punto di osservazione della giovane Kaja
che, mentre tenta di proteggersi dagli spari, non smette di cercare la
sorella minore Emilie fra le tende del campo. Poppe ha girato nei luoghi
indicati dai testimoni per cinque giorni. I sopravvissuti e le famiglie
delle vittime sono stati i primi a visionare il film, e Dieter Kosslick
ha deciso di farlo concorrere per l’Orso d’oro.