Il Fatto 17.2.18
Navalny e il “pesciolino” che fa tremare lo “zar”
Il blogger-oppositore diffonde un video sui legami fra Putin e il team di Trump. Il governo ordina di toglierlo: Youtube esegue
di Michela A.G. Iaccarino
Privet,
eto Navalny”. Ciao, sono Navalny. Quasi tutti i messaggi sul suo canale
personale di notizie su YouTube cominciano così. “Forse vi sono mancate
le nostre inchieste, siate felici, oggi ne ho una nuova”. Nella rete
digitale dell’oppositore del Cremlino ora è finito un “rybka”, un
piccolo pesce, che nuota adesso nell’ultimo capitolo della saga
anticorruzione del blogger. A Mosca la vicenda della modella di 21 anni,
Anastasia Vashukevich, detta “Rybka”, non è più un caso da “zeltye
izdanie”, giornali gialli, come i russi chiamano i rotocalchi. Il
“rybkagate” è l’ultimo scandalo che scuote l’alba delle future elezioni
russe, a Mosca, ma anche il tramonto di quelle americane, ormai
trascorse, a Washington. La storia del piccolo pesce è quella di un
oligarca e della sua escort e potrebbe bagnare le sponde a stelle e
strisce d’oltreoceano. È anche la storia di un blog censurato che parla
dei legami tra i due uomini più potenti della terra: Donald Trump e
Vladimir Putin.
L’abbraccio d’agosto 2016 su uno yacht tra il
magnate dell’alluminio, il miliardario Oleg Deripaska e la giovane
Rybka-Anastasia è finito sull’account Instagram dell’escort nel 2017.
Quei momenti vengono ricordati da Rybka anche nella sua biografia.
Titolo: “Come sedurre un milionario”. In quei giorni d’estate nordica,
un anno fa, tra champagne, prostitute e coste norvegesi, a discutere
delle elezioni negli Stati Uniti, sulla barca c’era il vice premier
russo, Sergey Prikhodko, consigliere di Putin.
Secondo Navalny,
Deripaska stava aggiornando Prikhodko sulle informazioni ricevute da
Paul Manafort, ex responsabile della campagna presidenziale di Trump,
ora testimone chiave nell’indagine Russiagate. Erano “informazioni per
Putin, per i servizi segreti”, dice, ma senza prove, Navalny. Secondo il
Washington Post, Manafort avrebbe contattato Deripaska via mail il 7
luglio 2016 e da lui ha ricevuto dei soldi. Quando la storia del piccolo
pesce sullo yatch da Instagram è finita sul blog di Navalny, il sito è
stato subito oscurato dai provider russi per ordine statale della Rkn,
la Roskomnadzor, agenzia statale per il controllo delle comunicazioni.
La censura è arrivata dopo una sentenza della corte del tribunale di
Ust-Labinsk, Russia del sud, che aveva dato ordine di tutela della
privacy violata dell’oligarca. Youtube e Instagram hanno dovuto
rimuovere il materiale della video inchiesta dell’oppositore: il prezzo
da pagare, se giganti digitali avessero rifiutato, era la perdita del
mercato russo.
Domani in Russia comincia il conto alla rovescia
dell’ultimo mese. Tra trenta giorni il paese sceglierà di nuovo il suo
presidente, questi sono colpi di coda e di guerra, prima che le urne
vengano aperte domenica 18 marzo, per le elezioni che Navalny ha chiesto
al popolo di boicottare, perché lui non ne potrà far parte. Dopo i
martelli dei giudici, battuti più volte sui banchi dei tribunali per
condannarlo all’incandidabilità, dopo fermi e arresti per le
manifestazioni di piazza, a Navalny è rimasta un’unica voce reale:
quella virtuale. Il team internet di Navalny è riuscito a creare un sito
specchio del precedente e ha aggirato il blocco digitale. In Russia
l’oppositore è tornato online, ma la storia del piccolo pesce, del suo
oligarca e del vice premier invece no.