Corriere 9.2.18
Svolta sugli ovociti: coltivati in vitro e pronti a procreare Gli scienziati divisi
Il Comitato di bioetica: non vanno fecondati
di Luigi Ripamonti
Per
la prima volta ovociti umani sono stati coltivati in laboratorio a
partire da tessuto prelevato dalla parte superficiale dell’ovaio, fino a
raggiungere un grado di maturazione sufficiente per essere fecondati. A
ottenere questo risultato è stato un team dell’Università di Edimburgo
guidato da Evelyn Telfer. L’esperimento, che è stato pubblicato sulla
rivista Human Molecular Reproduction , è il frutto di anni di lavoro,
grazie al quale gli scienziati sono riusciti a replicare il procedimento
sperimentato sui topi.
Dopo aver prelevato i campioni di tessuto
ovarico i ricercatori hanno messo a punto un mix di sostanze capaci di
farli crescere e maturare ( differenziarsi ) fino a diventare ovociti
maturi. «Non era un obiettivo semplice da raggiungere perché gli ovociti
sono le cellule complesse e molto grandi, le più grandi che ci siano a
livello dei mammiferi» ha precisato il genetista Edoardo Boncinelli.
«Ora
stiamo ottimizzando l’insieme di questi ingredienti e cercando di
capire se gli ovociti sono del tutto sani. Aspettiamo anche
l’approvazione per poter verificare che possano effettivamente essere
fecondati» ha precisato Evelyn Telfer. «L’aspetto relativo al mix di
sostanze usate nel terreno di coltura cellulare è il più interessante
dal punto di vista scientifico — commenta Alberto Redi, direttore del
Laboratorio di Biologia dello sviluppo dell’Università di Pavia—, perché
significa che sono stati identificati elementi essenziali per far
scattare i passaggi necessari ad arrivare alla cellula matura. Si tratta
di una nuova e cruciale frontiera nella ricerca biomedica, cioè
l’epigenetica, lo studio di ciò che è influenzare l’espressione dei
geni, cioè condiziona il funzionamento del Dna».
Quanto alle
applicazioni «pratiche» l’orizzonte teorico è il superamento della
riserva ovarica , cioè del limite costituito dal numero di ovociti che
una donna possiede dalla nascita. «Una volta che questi sono ovociti
sono “finiti” termina anche la possibilità di fecondazione — ricorda
Redi —. Ma se dal tessuto ovarico diventasse davvero possibile produrre
ovociti fecondabili tale limite scomparirebbe». Ovvio che le prospettiva
a cui si pensa non è quella di allungare arbitrariamente l’età
riproduttiva, quanto piuttosto migliorare le terapie dell’infertilità.
Per esempio si potrebbe evitare di prelevare ovuli per la fecondazione
assistita, e quindi di sottoporre le donne a trattamenti ormonali per
stimolare l’ovulazione.
Ma prospettive si potrebbero aprire anche
per condizioni come la menopausa precoce o la preservazione della
fertilità in donne che si devono sottoporre a chemioterapia. «Si
potranno forse anche avere ovociti per la ricerca evitandone il
commercio» ricorda Redi. Ovvio che si propongono anche interrogativi
etici. «Usare ovociti creati in laboratorio sarebbe eticamente
condannabile e scientificamente pericoloso se finalizzato alla
procreazione — ha commentato il presidente vicario del Comitato
nazionale di bioetica, Lorenzo D’Avack —. Accettabile sarebbe invece, un
utilizzo a fini di cura di malattie». «Dobbiamo però mettere in conto
che dal momento della scoperta a quello delle possibili applicazioni
difficilmente trascorreranno meno di 20 anni» sottolinea Edoardo
Boncinelli.