Corriere 9.2.18
Nel Salento la sfida del collegio
Al caffè e in pescheria, missione (casa per casa) del compagno D’Alema: «Vi chiedo di aiutarmi»
Agli elettori dice: mi fido solo dell’affetto delle persone
di Monica Guerzoni
LECCE
In piedi accanto al bancone (vuoto) del pesce, con i cartelli che
propongono dentici e astici, vongole e cozze, Massimo D’Alema offre a
clienti e amici stretti nel bar-pescheria di Martignano un’immagine
antica quanto inedita. «Ho militato nel Pci, ho diretto l’Unità, mi è
pesato lasciare il Pd e non rinnego nulla — riavvolge il nastro l’ex
premier —. La prima volta che sono stato eletto in questo collegio era
il 1987. E chiunque di voi mi abbia telefonato, sa che ho sempre
risposto a tutti. Mi sono messo al servizio e adesso sono io che chiedo
aiuto a voi».
Per un politico abituato a declinare la parola «io»,
chiedere aiuto non è un passaggio banale. Ma per dimostrare a colpi di
voti che nel suo Salento (e non solo) è ancora il D’Alema di sempre, il
fondatore di Liberi e uguali batte sul tasto dell’umiltà: «Da Lecce a
Leuca sarò il vostro compagno di strada, senza paracadute in altre
regioni. L’unica cosa di cui mi fido è l’affetto delle persone». A
omaggiare il «presidente» sono venuti in tanti, per un incrocio di
strade che conta duemila anime nella Grecìa salentina. «Tutti quelli che
hanno il potere di muovere consensi con il passaparola», sottolinea il
candidato e spiega la strategia di una campagna senza truppe: «Vado casa
per casa ritrovando vecchi affetti, bevo caffè con due o tre persone,
faccio qualche assemblea», racconta mostrando le foto di sale piene a
Leuca e Uggiano La Chiesa. «Ho contro un esercito di persone e
recuperare 32 punti è un’impresa impossibile. Ma il 5 marzo conterò i
voti con la coscienza tranquilla».
C’è il maestro di scuola, il
professore di matematica già primo cittadino ai tempi della Dc
imperante, ci sono i sindaci di Caprarica e Calimera. E il signore col
maglione rosso, felice di ritrovare «Massimo» in gran forma. «Faccio un
sacco di chilometri, senza partito e senza struttura — spiega con un
pizzico di vanità —. Ditelo a quelli che mi accusano di voler
commissariare Pietro Grasso... Non ne avrei il tempo. Il presidente del
Senato non è mediatico? Forse, ma ha la stima della gente».
Luigino
Sergio lo presenta come «uno dei pochi statisti che abbiamo» e domanda
se possa davvero essere lui, D’Alema, la causa di tutti i problemi del
mondo. «Magari!», allarga le braccia il presidente di Italianieuropei.
Ma quando il sindaco Luciano Aprile lo rimprovera di aver lasciato il Pd
(«La cucuzza si cuoce nell’acqua sua»), D’Alema graffia: «Dovevo
aspettare perché Renzi si sarebbe sgonfiato? Non potevamo aspettare, ma
Renzi si sgonfierà». Tra i presenti, che qualcuno chiama «nuclei di
collegamento tra Leu e Pd», il dem in sofferenza che guarda ai discepoli
di Grillo sfida l’ospite d’onore: «Posso darti del tu? Vorrei capire
perché demonizzi i Cinquestelle». La risposta di D’Alema è lunga, ma in
sostanza breve: «Non li demonizzo. Ma questo Paese non può affidarsi
all’improvvisazione totale». Il congedo è un appello ai delusi del Pd:
«Se volete cambiarlo, votate per noi. Nel segreto della cabina non c’è
disciplina di partito».
Caffé, dolcetti e avanti, tra le piazze di
Calimera e Sogliano e gli ulivi che muoiono di xylella. «Sono alberi
monumentali, ma anche posti di lavoro — accusa D’Alema —. Fosse successo
in Toscana, ne avrebbero fatto una questione nazionale». Colpa di
Renzi? Non è lui a esserne ossessionato, assicura, ma il contrario: «Per
capire chi sia veramente basta vedere come ha falcidiato le minoranze
la notte dei lunghi coltelli». E ce n’è anche per Paolo Gentiloni.
«Qualcuno di voi vede folle oceaniche pronte a votare per il governo?»,
dichiara entrando in visita alla Call&Call di Casarano, 600
lavoratori a tempo indeterminato «risparmiati dal Jobs Act».
Una
signora bionda gli va incontro al baretto aziendale: «Non ero di turno,
sono venuta per lei... Se daremo una mano? Ma sì, certo che parleremo
con la gente». E quando gli girano l’ennesimo attacco di Renzi, che lo
accusa di favorire Salvini, D’Alema quasi perde la pazienza: «È una cosa
volgare e stupida. Stiamo rendendo un servizio a un gruppo dirigente
inconsapevole, che sta conducendo il centrosinistra a una sconfitta
storica». Il fondatore del call center Umberto Costamagna gli passa il
cellulare, è l’ex moglie che vuole salutarlo: «In bocca al lupo!». «Viva
il lupo compagna Mariangela — fa scongiuri l’aspirante senatore —.
Quando si combatte, si combatte».