venerdì 2 febbraio 2018

Corriere 2.2.18
«Ai tedeschi non si chiedeva ragione di ciò che facevano»
di Marcel Reich-Ranicki

Marcel Reich-Ranicki (1920-2013) è stato il più importante critico letterario tedesco del dopoguerra. Nato a Wloclawek, in Polonia, è a Varsavia nell’autunno 1939, quando la Wehrmacht entra in città. Avrà un ruolo importante nella resistenza del ghetto. Nella sua autobiografia, «La mia vita» (Sellerio), così racconta le umiliazioni inflitte agli ebrei, mentre i polacchi distolgono lo sguardo.
«Qualunque tedesco che indossasse una divisa e avesse un’arma poteva fare di un ebreo ciò che voleva, costringerlo a cantare, a ballare, a farsela addosso, a cadere in ginocchio implorando di aver salva la vita. Poteva ordinare a un’ebrea di spogliarsi, di pulire il selciato con le mutande e poi urinare davanti a tutti. Ai tedeschi che si permettevano simili scherzi nessuno guastava il divertimento, nessuno chiedeva loro ragione di ciò che facevano. Così potemmo vedere di cosa sono capaci degli esseri umani, quando viene concesso loro un potere illimitato su altri esseri umani».