Corriere 23.2.18
Un’intesa Trump-Xi Jinping è difficile ma inevitabile
di Ian Bremmer
A
Davos, come pure durante il recente discorso al Congresso sullo stato
dell’Unione, Donald Trump ha espresso chiaramente la volontà di far
valere le sue ragioni con la Cina. Questo presidente americano ha «una
mentalità antiquata da Guerra fredda», ha commentato di rimando il
ministro degli Esteri cinese. I rapporti commerciali e finanziari tra le
due più grandi economie globali hanno imboccato una strada che non
promette nulla di buono. Ma se Trump certamente non vuole scatenare una
vera e propria guerra commerciale, nemmeno Pechino propende per questa
opzione. Tuttavia, anche senza arrivare a un confronto-scontro, i danni
potrebbero essere notevoli.
Sin dall’annuncio della sua
candidatura presidenziale nel 2015, Donald Trump si è presentato
all’elettorato americano come un esperto negoziatore, pronto a
dimostrarsi più astuto e tenace di qualunque altro presidente,
democratico o repubblicano, e come il più capace difensore del popolo
americano. Trump sa benissimo che la sua popolarità, le possibilità di
un secondo mandato e ciò che sarà in grado di realizzare in veste
presidenziale dipendono interamente dalla sua abilità nel promuovere gli
interessi dei suoi elettori, i quali imputano alla concorrenza
commerciale della Cina la perdita di occupazione e il declino negli
standard di vita degli americani negli ultimi decenni. Con la sua
economia centralizzata e la sua rapida espansione globale, Pechino
rappresenta il nemico numero uno.
Da qualche tempo, Trump ha
cominciato a sostenere che la sicurezza economica coincide con la
sicurezza nazionale, lanciando così un avvertimento a Pechino che la sua
massima priorità consiste nel raddrizzare le storture e gli squilibri
dei rapporti commerciali e finanziari tra Stati Uniti e Cina. Le sue
prime mosse sono state scandite dagli annunci di nuove normative
commerciali e restrizioni sugli investimenti cinesi, che saranno varate
nelle settimane a venire. Si aprirà un acceso dibattito tra Congresso e
Casa Bianca sulle modalità di riforma delle procedure tramite le quali
il governo americano approva le proposte di investimenti stranieri.
Trump farà inoltre pressione affinché Pechino modifichi le regole che
impongono alle aziende americane di trasferire know-how e proprietà
intellettuale (Ip) per poter accedere al mercato cinese. Trump esige
inoltre che Pechino dichiari illegale il furto di proprietà
intellettuale. Con questi cambiamenti, Trump spera di mettere
nell’angolo la Cina e le imprese cinesi al punto tale da costringere
Pechino a prendere sul serio le lagnanze americane sul piano
commerciale. Si comincerà con l’annuncio di nuove tariffe e restrizioni
sui prodotti cinesi immessi sul mercato americano. Se queste mosse non
daranno i risultati sperati, Trump passerà alla minaccia di ostacolare
le aziende cinesi che intendono operare e investire negli Stati Uniti.
Queste misure, attentamente calibrate, non mirano tanto a punire la
Cina, quanto a costringere gli interlocutori a sedersi al tavolo dei
negoziati.
Indubbiamente, la Cina risponderà sulle prime con aspre
critiche e atteggiamento di sfida, ma queste reazioni saranno temperate
dal desiderio di evitare inutili provocazioni. Il presidente cinese Xi
Jinping dipingerà il suo governo come leader mondiale nel commercio e
nella finanza, per poi avvertire Washington di non imboccare la strada
pericolosa del protezionismo. La Cina sarà pronta a sfidare le misure
varate dagli Stati Uniti davanti al Wto (l’Organizzazione mondiale del
commercio). Xi Jinping proverà inoltre a testare la soglia di
sopportazione degli Usa. Le aziende americane, nei più svariati settori,
si vedranno imporre non solo nuove restrizioni formali, ma anche
revisioni, ispezioni e altre forme di pressione burocratica tali da
costringere la comunità imprenditoriale americana ad ammonire Trump,
affinché si muova con maggior cautela. In particolare, sia il governo
cinese che quello americano prenderanno di mira le aziende tecnologiche
della controparte.
Tuttavia, entrambe le parti hanno buoni motivi
per raggiungere un compromesso. Xi Jinping respingerà tutte le pressioni
che vogliono metter fine alle sovvenzioni statali alle aziende
impegnate nel costruire un’economia cinese moderna e dinamica nel
settore delle tecnologie. Né si azzarderà a indebolire la valuta cinese
per trarne vantaggi tattici, o a provocare un forte rallentamento
nell’acquisto di buoni del Tesoro americani per alzare la posta in
gioco. Entrambi questi interventi sarebbero controproducenti. È più
probabile che Xi Jinping si appelli direttamente a Trump con la promessa
di concedere alle aziende americane un maggior accesso al mercato
cinese senza dover condividere know-how tecnologico e proprietà
intellettuale. Anche a Trump conviene scendere a compromessi, se punta a
raccogliere dalla Cina sufficienti concessioni per poter dichiarare
vittoria senza mettere a repentaglio i buoni risultati economici che
puntano a rafforzare la sua popolarità.
Ma qui è il problema:
ciascuna parte è convinta che l’altra sia più vulnerabile. I ministri di
Trump sono certi che alla Cina sia indispensabile l’accesso ai mercati
americani per evitare un brusco raffreddamento dell’economia che
potrebbe innescare una crisi politica. I funzionari cinesi credono che
il loro presidente sia molto meno esposto alle pressioni rispetto a
Trump, il quale è costretto a raccogliere le incessanti lagnanze degli
imprenditori americani e a breve dovrà confrontarsi nuovamente con
l’elettorato. E quando ciascuna parte è convinta di poter avere la
meglio sull’altra si rischia il conflitto.
Ma non aspettiamoci una
rapida soluzione. Né la Cina né gli Usa vogliono mostrarsi deboli, in
patria e all’estero. Le frizioni si protrarranno verosimilmente per
tutto il 2018. Vista l’importanza dei rapporti che intercorrono tra le
due massime potenze globali, una affermata e l’altra emergente, e il
loro ruolo nell’economia globale, non ci resta che sperare che Trump e
Xi Jinping trovino un terreno comune ampio abbastanza da consentire a
entrambi di procedere a testa alta.
(Traduzione di Rita Baldassarre)