Corriere 23.2.18
«Stregato dalla Terza di Mahler. Ora la riporto alla Filarmonica»
Riccardo Chailly: Abbado la eseguì nel 1982 per il battesimo della neonata orchestra
di Enrico Parola
«Nel
novembre del 1960 il grande Dimitri Mitropoulos morì su questo podio
mentre provava la Terza di Mahler; e con la stessa sinfonia Claudio
Abbado tenne a battesimo, nel 1982, la neonata Filarmonica».
Dirigendola
stasera, Riccardo Chailly si inserisce direttamente nella storia della
Scala, deciso a scriverne un nuovo, importante capitolo: la trionfali
tournée in estate con Shostakovich e a gennaio con Ciajkovskij hanno
certificato che sotto la guida del maestro milanese la Filarmonica ha
definitivamente raggiunto un livello d’eccellenza internazionale. En
passant ci sarebbe anche il suo 65º compleanno, che ha festeggiato
martedì provando la Terza; Chailly però non indugia su bilanci e
ricordi, cita la sua storia personale solo in relazione a questa
sinfonia immensa: «La prima volta che l’ho ascoltata dal vivo fu proprio
qui alla Scala, negli anni Settanta e ne rimasi folgorato: Abbado stava
realizzando l’integrale mahleriana. Lavorando ad Amsterdam (è stato
direttore principale del Concertgebouw dal 1988 al 2004, ndr ) ho potuto
consultare la partitura con le annotazioni autografe di Mengelberg, che
la diresse nel 1903 discutendone con lo stesso autore: sono riportati
vari elementi non presenti nello spartito ma che Mahler evidentemente
approvava; io li ho ricevuti succedendo a una dinastia illustre che da
Mengelberg è arrivata a me passando per van Beinum e Haitink, e a mia
volta li ho trasmessi in questi giorni ai professori scaligeri». Con i
quali riprende un percorso su Mahler che in queste stagioni ha toccato
prima, quarta, settima e nona sinfonia (proprio con quest’ultima debuttò
con la Filarmonica) «e l’anno prossimo porteremo in tournée la sesta.
Ma la terza, come l’ottava, è di una tale enormità che prima di
riaffrontarla lascio passare un lungo periodo, mi do tutto il tempo
necessario per pensare e approfondire».
Già il primo movimento
offre significativi spunti di riflessione: «È di grandi dimensioni e per
Mahler rappresentava la prima metà dell’opera: quando la diresse decise
di fare un vero e proprio intervallo tra questo e gli altri cinque
movimenti che unitamente formano la seconda parte. Ci vuole un silenzio
non breve prima di attaccare l’assolo dell’oboe con cui inizia il
secondo movimento, che ci trasporta in un mondo sonoro nuovo, più
poetico e rarefatto». Oltre a rimarcarne le dimensioni, che ne fanno
forse il movimento più ampio dell’intera storia della sinfonia, i
musicologi hanno evidenziato la complessità e la varietà degli elementi
di cui si compone; Chailly sottolinea «i tre importanti a soli di
trombone: rimandano a qualcosa che sovrasta, che va oltre l’umano». Nel
terzo movimento riecheggia il corno di postiglione, «strumento raro che
dà l’impressione di una voce da lontano; e sappiamo quanto Mahler fosse
attento ai suoni di natura e al timbro degli strumenti storici». Nel
quarto Gerhild Romberger intonerà i versi da Così parlò Zaratustra di
Nietzsche «in cui la spiritualità della musica si mostra nella sua
infinita profondità», in quello successivo al mezzosoprano si
affiancheranno il coro femminile e il coro di voci bianche per i versi
tratti dal Corno magico del fanciullo .
Poi il grandioso finale in
cui «le più grandi melodie formano un corale che si sviluppa attraverso
tutte le sezioni dell’orchestra e si conclude in modo solare, anche se
nel mezzo è citata la tempesta dall’ Otello : bisogna ricordare come
Mahler amasse Verdi e oltre all’ Otello diresse Falstaff ».