giovedì 1 febbraio 2018

Corriere 1.2.18
Ora l’Emilia si trasforma nel Libano della sinistra
di Massimo Franco


L’Emilia-Romagna era considerata la culla e la vetrina storica della sinistra di governo e del prodismo, inteso come alleanza tra postcomunisti e cattolici. Ebbene, le elezioni del 4 marzo stanno mandando in frantumi quell’immagine. E il paradosso è che lo scontro ha toccato il punto di rottura dopo la dichiarazione di voto di Romano Prodi a favore della coalizione guidata dal Pd di Matteo Renzi. Il fondatore dell’Ulivo fino a pochi mesi fa era visto come la «colla» chiamata a ricomporre i cocci della sinistra.
Ora, viene additato come il detonatore dell’esplosione finale. Con Liberi e Uguali schierati contro, e i dem che lo esaltano. La regione di Pier Luigi Bersani e di Vasco Errani, di Prodi e di Pier Ferdinando Casini rischia di diventare il simbolo di una sinistra «libanese»: divisa in fazioni in guerra tra loro, senza possibilità di compromessi o anche solo di dialogo. È il segno di un modello che mostra la corda anche a livello sociale; e minaccia di incarnare l’incomunicabilità a sinistra.
La rottura dell’Ulivo potrebbe rivelarsi una sorta di «via libera» per centrodestra e Movimento Cinque Stelle. La designazione da parte di Renzi di Pier Ferdinando Casini, presidente della commissione di inchiesta sulle banche, in un collegio blindato di Bologna, ha creato malumori. A parte le parole ruvide del leghista Matteo Salvini sull’Emilia «discarica dei paracadutati», è con Leu che le tensioni crescono. Errani ironizza sull’invito di Casini al «voto utile» per non far vincere gli avversari. È «un concetto da usare con prudenza. Abbiamo visto che può diventare un boomerang».
Ma la polemica più aspra è tra Bersani e Prodi, alleati storici, sebbene con culture politiche diverse. Entrambi volevano tenere in vita l’Ulivo e la sinistra unita. E erano critici verso la segreteria di Renzi e la riforma elettorale, da posizioni differenti. Ora, invece, l’ex segretario del Pd utilizza una metafora prodiana per ricordare: «Romano ha detto che ha succhiato l’osso del referendum istituzionale. Ho l’impressione che ne succhi un altro. Ma prima o poi bisogna dire basta...». La sfida è evidente. Leu deve raffigurare un Pd proteso verso un’alleanza con Silvio Berlusconi.
Usa le candidature dei centristi Casini e Beatrice Lorenzin per accreditare questa tesi; come anche l’appoggio di FI al Pd nella commissione banche. Serve a richiamare alle urne i delusi, a legittimare la scissione e a risollevare sondaggi anemici. «Il Bersani che critica Prodi e predice la convergenza con FI è un omonimo di quello che con Berlusconi ha fatto due governi?», lo punzecchia il renziano Andrea Marcucci. Ma di punzecchiature ce ne saranno molte altre, reciproche: a conferma di una sinistra «libanizzata».