sabato 17 febbraio 2018

Corriere 17.2.18
«Siamo come l’Italia nel ventennio fascista Ma l’Europa pensa solo a farsi ricattare»
Can Dündar: «Basta un tweet per la galera»
di Monica Ricci Sargentini


«È inutile chiedere prese di posizione forti all’Europa. Io non mi fido più. Non lo faranno. Loro pensano solo a fare affari con la Turchia, non hanno intenzione di inimicarsela». Can Dündar parla al telefono dalla sua casa in Germania dove vive in esilio dal giugno del 2016. La sua voce è fredda, non tradisce emozioni. Da poche ore si è avuta notizia della sentenza all’ergastolo aggravato per lo scrittore Ahmet Altan, suo fratello Mehmet, e la veterana del giornalismo turco Nazlı Ilıcak, 74 anni, e altri tre giornalisti. «Non chiamiamola prigione — dice al Corriere —, è tortura. Nel dispositivo della sentenza si prevede l’isolamento per i detenuti, un’ora di aria al giorno, restrizioni più severe per le chiamate e le visite dei familiari».
L’ex direttore di Cumhuriyet sa bene cosa voglia dire essere chiusi in cella. Lui fu arrestato con il collega Erdem Gül nel 2015 dopo aver rivelato il traffico di armi pesanti e munizioni destinate all’Isis e al-Qaeda in Siria orchestrato dal governo turco. Per quello scoop il deputato Enis Berberoglu, del partito secolarista Chp, è stato condannato a 25 anni di carcere nel giugno del 2017, pochi giorni fa la corte di Appello ha ridotto la pena a cinque anni.
Si aspettava una sentenza di condanna così dura?
«Assolutamente sì. C’era stato troppo clamore intorno al caso dei fratelli Altan e degli altri giornalisti. Era chiaro che la magistratura avrebbe dato una condanna esemplare. Ne seguiranno altre».
È finito lo Stato di diritto?
«La Turchia oggi assomiglia all’Italia nel periodo fascista. C’è un uomo forte al potere che usa la retorica nazionalista, quella delle quattro dita dei Fratelli Musulmani: una nazione, una bandiera, una patria, uno Stato. Il potere esecutivo, giudiziario e legislativo sono completamente in mano al presidente Erdogan. Diversi parlamentari del principale partito d’opposizione sono in prigione, per non parlare di quelli appartenenti al partito filo-curdo Hdp. Ormai non si può più parlare. Basta un tweet per finire in carcere».
E in tutto questo l’Europa cosa fa?
«Con l’accordo sui rifugiati l’Europa ha accettato un ricatto da parte di Erdogan, ha scelto di risolvere la questione dei migranti invece di difendere le persone che in questo momento in Turchia resistono e difendono i diritti umani. Per questo non mi aspetto più nulla. La Germania oggi (ieri, ndr ) ha ottenuto la libertà condizionata del corrispondente di Die Welt , Deniz Yucel. La decisione è frutto di una trattativa tra le più alte cariche dello Stato tedesco e quello turco. Ecco questo è l’atteggiamento europeo».
Però lei non si arrende. Cosa propone?
«Penso che l’unica strada che abbiamo davanti sia quella della società civile. Siamo noi che dobbiamo mobilitarci e far sentire a quei turchi che protestano che siamo al loro fianco. Al di là dei toni arroganti Ankara oggi è isolata internazionalmente ma sa anche che l’Europa non le volterà mai le spalle. Noi, invece, possiamo farlo. I risultati del referendum costituzionale del 2016 hanno dimostrato che metà della popolazione turca è pronta a resistere».
Il Papa, Mattarella e Gentiloni hanno appena ricevuto Erdogan a Roma ma non c’è stata nessuna presa di posizione forte a difesa dei diritti umani. Un segno di debolezza?
«È chiaro che nessuno in Europa è felice di ospitare il presidente turco. Lo fanno perché non possono farne a meno ma poi evitano le conferenze stampa per non rispondere ai giornalisti. Per riassumere: gli Stati della Ue non possono vivere senza Erdogan ma non vogliono vivere con Erdogan».
Tillerson e Cavusoglu hanno dichiarato che le relazioni tra i due Paesi si normalizzeranno. Ma a guardare la Siria non si direbbe.
«Le tensioni tra Ankara e Washington sono più forti di quelle con l’Europa. In Siria sono quasi in guerra, gli americani appoggiano i curdi siriani dell’Ypg che per i turchi sono terroristi».