sabato 10 febbraio 2018

Corriere 10.9.18
Morte di Pamela: ora i sospettati diventano cinque
Macerata, Minniti dice sì al corteo antifascista,
Salgono a cinque i sospettati per l’omicidio di Pamela. Due nigeriani, diretti in Svizzera, sono stati rintracciati a Milano. Il ministro dell’Interno Marco Minniti ha dato il via libera al corteo antifascista a Macerata
di Goffredo Buccini, Fabrizio Caccia, Fiorenza Sarzanini


Il passato è una saracinesca arrugginita per il disuso, assopita fino a ieri nella sua inutilità. Giuseppe Romano, il camiciaio di via Gramsci, la guarda con nostalgica tenerezza e scuote la testa: «Eh, ora che mi servirebbe, non viene giù, si capisce, inutile tirare! Mai abbassata in vent’anni, qui non ce n’era bisogno. Noi siamo come questa vecchia serranda, sa». Il figlio Edoardo gli ha appena mandato un sms dal liceo: «Prendi le tavole di compensato per proteggere la vetrina, in classe lo raccomandano». Lui gli ha risposto fiero: «Già fatto. Papi».
Il presente è questa sicurezza perduta, una vigilia che pare Miami prima di un ciclone, tutti a inchiodare assi, a ritirare vasi, a domandarsi «come sarà» quando passerà l’onda del corteo, che pure non dovrebbe attraversare il centro ma, si sa, bravo chi ci crede. Massimo, il salumiere del «Concorrente», si arrangia con pannelli di polistirolo. Dai portici di Galleria Scipione hanno tolto persino il biliardino.
Macerata si paralizza come un gatto minacciato, sperando di diventare invisibile: scuole chiuse, bus fermi, sospesi perfino catechismo e messa vespertina, è una specie di replica dell’altro terribile sabato, quando Traini ha cominciato a sparare e l’incubo è iniziato. Michele, alla cassa del parcheggio del Mercato, sbarrerà tutto poco dopo mezzogiorno ma assicura: «Mi arrampico sul tetto a guardare lo spettacolo, l’altra sera con Forza Nuova se le sono date proprio qui davanti!». Ha vent’anni, beato lui.
L’odio bussa alla porta
Romano Carancini, sindaco pd e avvocato, li vedeva alla tv i cortei degli Anni di piombo, e sgranava gli occhi: «Mio papà faceva lo spazzino ma era pieno di saggezza, mi ha insegnato il valore della vita, di ogni vita. Per noi erano immagini così lontane».
Ora è come aver sbagliato film. L’odio, vero odio politico, ha bussato alla porta con la faccia di un killer fascista. La rabbia, vera rabbia politica, sale dalle valli fino a queste colline, sui pullman che portano stamattina centri sociali da Treviso a Palermo, da Roma a Bologna, i duri di Napoli e Torino, cinque o seimila ragazzi attesi qui da centinaia di poliziotti e carabinieri, uno scenario inverosimile in questi vicoli rinascimentali dove bisogna nominare Francesca Baleani, sopravvissuta nel 2006 a un tentato femminicidio domestico, per citare l’ultimo atto di violenza paragonabile, prima che la ferocia di uno spacciatore nigeriano attraversasse la vita di Pamela Mastropietro, bella, debole, indifesa.
Terrorismo psicologico
Il pistolero Traini voleva vendicare Pamela, così ha detto, sparando a sei immigrati innocenti. Ognuno vuole vendicare qualcuno, adesso. Gridare qualcosa. Per le vittime del razzismo e del fascismo sfilano gli antagonisti di Sisma assieme alla sinistra-sinistra, Arci, Fiom, Libera, Gino Strada, Sabina Guzzanti, Pippo Civati, Nicola Fratoianni, una pattuglia di Liberi e uguali, un’altra dell’Anpi, una pagina intera di sigle. Il rischio di scontri è tanto nell’aria da legittimare una voce insidiosa, «treni in arrivo dal Nord Europa» che tradotto vorrebbe dire Blocco Nero, tafferugli assicurati: ma forse è terrorismo psicologico, terrore su terrore.
Giovanni, vecchio sindacalista in pensione, romanzo di Nabokov sottobraccio, ricorda l’ultima volta che ha visto inviati dei «giornaloni» da queste parti: «Primi anni Novanta, scoppiò il caso delle lavoratrici costrette a rinunciare alla maternità per tenersi i posti di lavoro, uno scandalo». Ridacchia: «Adesso la sinistra è da manicomio: un fascista spara e loro si spaccano». In effetti, bersaglio collaterale del corteo è Marco Minniti con la sua stretta sugli sbarchi. Si parte alle due di pomeriggio girando attorno alle Mura da piazza Diaz, da quei giardini che sono stati terra di conquista dei trafficanti d’eroina.
Una città sdoppiata
Il vescovo Nazzareno Marconi medita amaro: «Tra i motivi di tutta questa attenzione verso le vittime, da una parte e dall’altra, non penso ci sia la sensibilità umana o cristiana, le ragioni vere sono altre... ». Non ci sta, all’etichetta di una Macerata razzista: «Quel ragazzo, Traini, era imbevuto di idee non sue...».
Nemmeno il sindaco Carancini ci sta: è uscito avvelenato dalla riunione in prefettura dove la manifestazione è stata autorizzata, quelli di Sisma e delle reti antagoniste territoriali l’hanno accusato pesantemente di essere contrario. «Io invece condivido del tutto i contenuti del corteo. Dico solo che serviva un tempo di riflessione».
Un laboratorio di contraddizioni
Carancini vive una condizione schizofrenica, uno sdoppiamento comune a tutta la città. Sta preparando il discorso per la candidatura di Macerata a capitale italiana della cultura 2020, forte di 55 anni di stagione lirica, 500 eventi culturali l’anno... E ha questa modernità assassina sull’uscio del municipio. «Dopo il raid di Traini avevamo pensato quasi di non presentarci più, ci raccontavano come un concentrato di ferocia», sussurrano i suoi: «Ma noi non siamo così. Noi ci rialziamo. Abbiamo ricostruito due delle tre scuole colpite dal terremoto. Ricostruiremo la nostra immagine».
Macerata è alla fine un piccolo laboratorio delle nostre contraddizioni. E delle nostre speranze. Giulia, del bar «Centrale.Eat», dice che sì, un po’ di paura ce l’ha, specie con quel suo pancione da quinto mese. Ma dice anche che resteranno aperti, vivaddio, a meno che non si metta proprio male: «Magari qualche caffè serve...».

MACERATA Erano seduti al tavolino di un bar della stazione Centrale di Milano, nessuna consumazione, parlavano e basta. Lui con uno zaino pieno zeppo di vestiti e una buona liquidità di contanti. Lei in una borsa aveva dei pacchetti di crackers e due bottigliette d’acqua. Marito e moglie, nigeriani, forse pronti a fuggire insieme.
Ma è lui che cercavano, da giorni, i carabinieri di Macerata, insieme a un altro connazionale, richiedente asilo, che invece è stato rintracciato in città. Le loro case nel capoluogo sono state già perquisite alla ricerca di tracce utili. Sarebbe emerso, infatti, che i due uomini frequentavano la casa al terzo piano di via Spalato 124 dove Pamela Mastropietro è morta il 30 gennaio scorso, dopo esservi salita poco dopo le 11 del mattino con la dose di eroina e la siringa appena comprate.
E dunque dopo Innocent Oseghale, già in carcere, Lucky Desmond, tuttora a piede libero, entrambi indagati per omicidio, vilipendio e occultamento di cadavere della ragazza, adesso ci sono altri tre sospettati. Cinque nigeriani per un delitto. A poco a poco il quadro si va componendo: «Non sono stati effettuati dei fermi — dice in una nota il procuratore di Macerata, Giovanni Giorgio — audizioni e chiarimenti si protrarranno per l’intera giornata». In effetti ieri, oltre ai nuovi indagati, sono stati diversi i nigeriani interrogati a Macerata come persone informate sui fatti.
Ma è sul nigeriano rintracciato a Milano e sui suoi trascorsi lavorativi che si concentra l’attenzione degli inquirenti: potrebbe essere proprio lui, infatti, l’uomo in possesso delle capacità tecniche usate, purtroppo, per compiere lo strazio sul corpo di Pamela dopo la morte.
Ieri era arrivato a Milano dopo essere partito in tutta fretta da Macerata, la moglie invece risulta ospite di una casa d’accoglienza nel Cremonese. Non è ancora chiaro se l’abbia raggiunto via treno in Centrale o se siano partiti insieme dalle Marche. «Non abbiamo ancora fatto il biglietto, partiamo domani per Chiasso», ha detto subito lui, un po’ in italiano e un po’ in inglese, ai carabinieri della sezione catturandi di Milano, usciti in forze a cercarlo. La moglie invece parla solo nigeriano. Che abbia lavato via lei il sangue dall’appartamento coi dieci litri di candeggina comprati da Oseghale? Solo un’ipotesi, al momento. In tasca, il marito aveva anche un invito a comparire della Prefettura in relazione alla sua richiesta di asilo politico.
Sarebbe stata l’analisi delle celle telefoniche — affidata dal procuratore capo al consulente informatico Luca Russo, che ha esaminato quattro cellulari, un computer e un tablet in uso a Innocent Oseghale e a Lucky Desmond — a far risultare la presenza degli altri tre nella zona di via Spalato, dove c’è la casa al terzo piano presa in affitto un anno fa da M.P. la compagna italiana di Innocent Oseghale.
E sempre grazie al sofisticato sistema di rilevamento dei telefonini cellulari, ieri finalmente intorno a mezzogiorno è stato localizzato a Milano l’uomo che la Procura di Macerata cercava da giorni. Non è stato semplice individuarlo, vista la gran quantità di immigrati che stazionano in Centrale. È servito un discreto spiegamento di forze. «Con questo qui abbiamo chiuso il caso», avrebbe detto uno dei carabinieri marchigiani a un collega milanese della «catturandi» all’atto della consegna: forse scherzava o forse no.

ROMA Il compromesso che consente il via libera al corteo di oggi è il cambio di percorso. Dopo l’ultimatum del ministro dell’Interno Marco Minniti — che due giorni fa aveva annunciato il divieto della marcia contro il razzismo organizzata dall’Anpi — è il prefetto di Macerata Roberta Preziotti a sbloccare la situazione convincendo i promotori a evitare il centro e sfilare invece fuori dalle mura della città. «Abbiamo avuto garanzie da parte degli organizzatori che si tratterà di una manifestazione pacifica — commenta a tarda sera lo stesso titolare del Viminale —. Se dovesse accadere qualcosa ognuno si assumerà le proprie responsabilità».
Campagna elettorale
Dopo aver promosso la protesta, l’Associazione nazionale partigiani ha accolto l’appello del sindaco Romano Carancini a «fermare le manifestazioni» organizzate dopo l’omicidio di Pamela Mastropietro e il raid a sfondo xenofobo di Luca Traini, l’estremista di destra 28enne arrestato con l’accusa di strage aggravata da odio razziale per aver ferito sei stranieri sparando dall’auto in corsa. E dunque non parteciperà, rinviando l’appuntamento a Roma per il 22 febbraio. Confermano invece la presenza numerose forze politiche di sinistra e anche questo ha convinto Minniti che il divieto fosse inopportuno.
In campagna elettorale sarebbe stato infatti arduo impedire l’uso della piazza a chi voleva denunciare «l’appoggio» a Traini che dal carcere continua a inneggiare al fascismo rivendicando con orgoglio di essere «andato a sparare ai negri». E così nei colloqui di ieri che hanno preceduto la riunione del Comitato, Minniti ha chiesto al prefetto di incontrare i leader di ogni formazione che aveva dato la propria adesione «per ottenere un impegno a rispettare la città, in cambio della libertà di manifestare».
Il rischio provocazione
Una garanzia che tutti hanno concesso, compresi i rappresentanti dei gruppi dell’area antagonista che giungeranno da svariate zone d’Italia e forse anche dall’estero. Le stime di ieri sera parlavano di almeno 3 mila persone pronte a scendere in piazza. Ad alimentare i timori degli apparati di sicurezza è la possibilità che gli estremisti di destra di Forza Nuova, arrivati due sere fa per un sit-in che è stato invece impedito, possano decidere di infiltrarsi nel corteo. Ieri sera in uno scantinato del centro storico sono state trovate alcune mazze e questo ha ulteriormente alimentato i timori.
Il sindaco ha deciso la chiusura delle scuole e il blocco dei mezzi pubblici a partire dalle 11 proprio per limitare al massimo i problemi per i cittadini. Una misura precauzionale che dà il senso della paura che si respira in queste ore. Il capo della polizia Franco Gabrielli ha invece predisposto un dispositivo di massima sicurezza con reparti mobili in tenuta anti sommossa che — pur evitando di militarizzare Macerata — creeranno un cordone per tentare di prevenire incursioni e incidenti.
Lo spettro razzista
Di «paura della gente alimentata dai populisti», del rischio che «il razzismo prevalga se al governo non andranno persone capaci di governare il fenomeno dei flussi migratori», Minniti parla in serata intervenendo a un seminario. Il ministro sa bene che il corteo di oggi è un banco di prova importante in questa campagna elettorale avvelenata proprio dall’omicidio di Pamela e dalla furia di Traini, da chi «tenta di sfruttare una città martoriata».
Un clima denunciato anche dal ministro della Giustizia e candidato del Pd Andrea Orlando che, parlando a un comizio, torna a chiedere «la massima unità tra tutte le forze democratiche e antifasciste nel formulare una condanna, senza aggiungere nient’altro. Qualunque “ma”, qualunque disquisizione e distinguo finisce per incrinare un fronte che invece va costruito».