Corriere 10.9.18
Morte di Pamela: ora i sospettati diventano cinque
Macerata, Minniti dice sì al corteo antifascista,
Salgono
a cinque i sospettati per l’omicidio di Pamela. Due nigeriani, diretti
in Svizzera, sono stati rintracciati a Milano. Il ministro dell’Interno
Marco Minniti ha dato il via libera al corteo antifascista a Macerata
di Goffredo Buccini, Fabrizio Caccia, Fiorenza Sarzanini
Il
passato è una saracinesca arrugginita per il disuso, assopita fino a
ieri nella sua inutilità. Giuseppe Romano, il camiciaio di via Gramsci,
la guarda con nostalgica tenerezza e scuote la testa: «Eh, ora che mi
servirebbe, non viene giù, si capisce, inutile tirare! Mai abbassata in
vent’anni, qui non ce n’era bisogno. Noi siamo come questa vecchia
serranda, sa». Il figlio Edoardo gli ha appena mandato un sms dal liceo:
«Prendi le tavole di compensato per proteggere la vetrina, in classe lo
raccomandano». Lui gli ha risposto fiero: «Già fatto. Papi».
Il
presente è questa sicurezza perduta, una vigilia che pare Miami prima di
un ciclone, tutti a inchiodare assi, a ritirare vasi, a domandarsi
«come sarà» quando passerà l’onda del corteo, che pure non dovrebbe
attraversare il centro ma, si sa, bravo chi ci crede. Massimo, il
salumiere del «Concorrente», si arrangia con pannelli di polistirolo.
Dai portici di Galleria Scipione hanno tolto persino il biliardino.
Macerata
si paralizza come un gatto minacciato, sperando di diventare
invisibile: scuole chiuse, bus fermi, sospesi perfino catechismo e messa
vespertina, è una specie di replica dell’altro terribile sabato, quando
Traini ha cominciato a sparare e l’incubo è iniziato. Michele, alla
cassa del parcheggio del Mercato, sbarrerà tutto poco dopo mezzogiorno
ma assicura: «Mi arrampico sul tetto a guardare lo spettacolo, l’altra
sera con Forza Nuova se le sono date proprio qui davanti!». Ha
vent’anni, beato lui.
L’odio bussa alla porta
Romano
Carancini, sindaco pd e avvocato, li vedeva alla tv i cortei degli Anni
di piombo, e sgranava gli occhi: «Mio papà faceva lo spazzino ma era
pieno di saggezza, mi ha insegnato il valore della vita, di ogni vita.
Per noi erano immagini così lontane».
Ora è come aver sbagliato
film. L’odio, vero odio politico, ha bussato alla porta con la faccia di
un killer fascista. La rabbia, vera rabbia politica, sale dalle valli
fino a queste colline, sui pullman che portano stamattina centri sociali
da Treviso a Palermo, da Roma a Bologna, i duri di Napoli e Torino,
cinque o seimila ragazzi attesi qui da centinaia di poliziotti e
carabinieri, uno scenario inverosimile in questi vicoli rinascimentali
dove bisogna nominare Francesca Baleani, sopravvissuta nel 2006 a un
tentato femminicidio domestico, per citare l’ultimo atto di violenza
paragonabile, prima che la ferocia di uno spacciatore nigeriano
attraversasse la vita di Pamela Mastropietro, bella, debole, indifesa.
Terrorismo psicologico
Il
pistolero Traini voleva vendicare Pamela, così ha detto, sparando a sei
immigrati innocenti. Ognuno vuole vendicare qualcuno, adesso. Gridare
qualcosa. Per le vittime del razzismo e del fascismo sfilano gli
antagonisti di Sisma assieme alla sinistra-sinistra, Arci, Fiom, Libera,
Gino Strada, Sabina Guzzanti, Pippo Civati, Nicola Fratoianni, una
pattuglia di Liberi e uguali, un’altra dell’Anpi, una pagina intera di
sigle. Il rischio di scontri è tanto nell’aria da legittimare una voce
insidiosa, «treni in arrivo dal Nord Europa» che tradotto vorrebbe dire
Blocco Nero, tafferugli assicurati: ma forse è terrorismo psicologico,
terrore su terrore.
Giovanni, vecchio sindacalista in pensione,
romanzo di Nabokov sottobraccio, ricorda l’ultima volta che ha visto
inviati dei «giornaloni» da queste parti: «Primi anni Novanta, scoppiò
il caso delle lavoratrici costrette a rinunciare alla maternità per
tenersi i posti di lavoro, uno scandalo». Ridacchia: «Adesso la sinistra
è da manicomio: un fascista spara e loro si spaccano». In effetti,
bersaglio collaterale del corteo è Marco Minniti con la sua stretta
sugli sbarchi. Si parte alle due di pomeriggio girando attorno alle Mura
da piazza Diaz, da quei giardini che sono stati terra di conquista dei
trafficanti d’eroina.
Una città sdoppiata
Il vescovo
Nazzareno Marconi medita amaro: «Tra i motivi di tutta questa attenzione
verso le vittime, da una parte e dall’altra, non penso ci sia la
sensibilità umana o cristiana, le ragioni vere sono altre... ». Non ci
sta, all’etichetta di una Macerata razzista: «Quel ragazzo, Traini, era
imbevuto di idee non sue...».
Nemmeno il sindaco Carancini ci sta:
è uscito avvelenato dalla riunione in prefettura dove la manifestazione
è stata autorizzata, quelli di Sisma e delle reti antagoniste
territoriali l’hanno accusato pesantemente di essere contrario. «Io
invece condivido del tutto i contenuti del corteo. Dico solo che serviva
un tempo di riflessione».
Un laboratorio di contraddizioni
Carancini
vive una condizione schizofrenica, uno sdoppiamento comune a tutta la
città. Sta preparando il discorso per la candidatura di Macerata a
capitale italiana della cultura 2020, forte di 55 anni di stagione
lirica, 500 eventi culturali l’anno... E ha questa modernità assassina
sull’uscio del municipio. «Dopo il raid di Traini avevamo pensato quasi
di non presentarci più, ci raccontavano come un concentrato di ferocia»,
sussurrano i suoi: «Ma noi non siamo così. Noi ci rialziamo. Abbiamo
ricostruito due delle tre scuole colpite dal terremoto. Ricostruiremo la
nostra immagine».
Macerata è alla fine un piccolo laboratorio
delle nostre contraddizioni. E delle nostre speranze. Giulia, del bar
«Centrale.Eat», dice che sì, un po’ di paura ce l’ha, specie con quel
suo pancione da quinto mese. Ma dice anche che resteranno aperti,
vivaddio, a meno che non si metta proprio male: «Magari qualche caffè
serve...».
MACERATA Erano seduti al tavolino di un bar
della stazione Centrale di Milano, nessuna consumazione, parlavano e
basta. Lui con uno zaino pieno zeppo di vestiti e una buona liquidità di
contanti. Lei in una borsa aveva dei pacchetti di crackers e due
bottigliette d’acqua. Marito e moglie, nigeriani, forse pronti a fuggire
insieme.
Ma è lui che cercavano, da giorni, i carabinieri di
Macerata, insieme a un altro connazionale, richiedente asilo, che invece
è stato rintracciato in città. Le loro case nel capoluogo sono state
già perquisite alla ricerca di tracce utili. Sarebbe emerso, infatti,
che i due uomini frequentavano la casa al terzo piano di via Spalato 124
dove Pamela Mastropietro è morta il 30 gennaio scorso, dopo esservi
salita poco dopo le 11 del mattino con la dose di eroina e la siringa
appena comprate.
E dunque dopo Innocent Oseghale, già in carcere,
Lucky Desmond, tuttora a piede libero, entrambi indagati per omicidio,
vilipendio e occultamento di cadavere della ragazza, adesso ci sono
altri tre sospettati. Cinque nigeriani per un delitto. A poco a poco il
quadro si va componendo: «Non sono stati effettuati dei fermi — dice in
una nota il procuratore di Macerata, Giovanni Giorgio — audizioni e
chiarimenti si protrarranno per l’intera giornata». In effetti ieri,
oltre ai nuovi indagati, sono stati diversi i nigeriani interrogati a
Macerata come persone informate sui fatti.
Ma è sul nigeriano
rintracciato a Milano e sui suoi trascorsi lavorativi che si concentra
l’attenzione degli inquirenti: potrebbe essere proprio lui, infatti,
l’uomo in possesso delle capacità tecniche usate, purtroppo, per
compiere lo strazio sul corpo di Pamela dopo la morte.
Ieri era
arrivato a Milano dopo essere partito in tutta fretta da Macerata, la
moglie invece risulta ospite di una casa d’accoglienza nel Cremonese.
Non è ancora chiaro se l’abbia raggiunto via treno in Centrale o se
siano partiti insieme dalle Marche. «Non abbiamo ancora fatto il
biglietto, partiamo domani per Chiasso», ha detto subito lui, un po’ in
italiano e un po’ in inglese, ai carabinieri della sezione catturandi di
Milano, usciti in forze a cercarlo. La moglie invece parla solo
nigeriano. Che abbia lavato via lei il sangue dall’appartamento coi
dieci litri di candeggina comprati da Oseghale? Solo un’ipotesi, al
momento. In tasca, il marito aveva anche un invito a comparire della
Prefettura in relazione alla sua richiesta di asilo politico.
Sarebbe
stata l’analisi delle celle telefoniche — affidata dal procuratore capo
al consulente informatico Luca Russo, che ha esaminato quattro
cellulari, un computer e un tablet in uso a Innocent Oseghale e a Lucky
Desmond — a far risultare la presenza degli altri tre nella zona di via
Spalato, dove c’è la casa al terzo piano presa in affitto un anno fa da
M.P. la compagna italiana di Innocent Oseghale.
E sempre grazie al
sofisticato sistema di rilevamento dei telefonini cellulari, ieri
finalmente intorno a mezzogiorno è stato localizzato a Milano l’uomo che
la Procura di Macerata cercava da giorni. Non è stato semplice
individuarlo, vista la gran quantità di immigrati che stazionano in
Centrale. È servito un discreto spiegamento di forze. «Con questo qui
abbiamo chiuso il caso», avrebbe detto uno dei carabinieri marchigiani a
un collega milanese della «catturandi» all’atto della consegna: forse
scherzava o forse no.
ROMA Il compromesso che consente
il via libera al corteo di oggi è il cambio di percorso. Dopo
l’ultimatum del ministro dell’Interno Marco Minniti — che due giorni fa
aveva annunciato il divieto della marcia contro il razzismo organizzata
dall’Anpi — è il prefetto di Macerata Roberta Preziotti a sbloccare la
situazione convincendo i promotori a evitare il centro e sfilare invece
fuori dalle mura della città. «Abbiamo avuto garanzie da parte degli
organizzatori che si tratterà di una manifestazione pacifica — commenta a
tarda sera lo stesso titolare del Viminale —. Se dovesse accadere
qualcosa ognuno si assumerà le proprie responsabilità».
Campagna elettorale
Dopo
aver promosso la protesta, l’Associazione nazionale partigiani ha
accolto l’appello del sindaco Romano Carancini a «fermare le
manifestazioni» organizzate dopo l’omicidio di Pamela Mastropietro e il
raid a sfondo xenofobo di Luca Traini, l’estremista di destra 28enne
arrestato con l’accusa di strage aggravata da odio razziale per aver
ferito sei stranieri sparando dall’auto in corsa. E dunque non
parteciperà, rinviando l’appuntamento a Roma per il 22 febbraio.
Confermano invece la presenza numerose forze politiche di sinistra e
anche questo ha convinto Minniti che il divieto fosse inopportuno.
In
campagna elettorale sarebbe stato infatti arduo impedire l’uso della
piazza a chi voleva denunciare «l’appoggio» a Traini che dal carcere
continua a inneggiare al fascismo rivendicando con orgoglio di essere
«andato a sparare ai negri». E così nei colloqui di ieri che hanno
preceduto la riunione del Comitato, Minniti ha chiesto al prefetto di
incontrare i leader di ogni formazione che aveva dato la propria
adesione «per ottenere un impegno a rispettare la città, in cambio della
libertà di manifestare».
Il rischio provocazione
Una
garanzia che tutti hanno concesso, compresi i rappresentanti dei gruppi
dell’area antagonista che giungeranno da svariate zone d’Italia e forse
anche dall’estero. Le stime di ieri sera parlavano di almeno 3 mila
persone pronte a scendere in piazza. Ad alimentare i timori degli
apparati di sicurezza è la possibilità che gli estremisti di destra di
Forza Nuova, arrivati due sere fa per un sit-in che è stato invece
impedito, possano decidere di infiltrarsi nel corteo. Ieri sera in uno
scantinato del centro storico sono state trovate alcune mazze e questo
ha ulteriormente alimentato i timori.
Il sindaco ha deciso la
chiusura delle scuole e il blocco dei mezzi pubblici a partire dalle 11
proprio per limitare al massimo i problemi per i cittadini. Una misura
precauzionale che dà il senso della paura che si respira in queste ore.
Il capo della polizia Franco Gabrielli ha invece predisposto un
dispositivo di massima sicurezza con reparti mobili in tenuta anti
sommossa che — pur evitando di militarizzare Macerata — creeranno un
cordone per tentare di prevenire incursioni e incidenti.
Lo spettro razzista
Di
«paura della gente alimentata dai populisti», del rischio che «il
razzismo prevalga se al governo non andranno persone capaci di governare
il fenomeno dei flussi migratori», Minniti parla in serata intervenendo
a un seminario. Il ministro sa bene che il corteo di oggi è un banco di
prova importante in questa campagna elettorale avvelenata proprio
dall’omicidio di Pamela e dalla furia di Traini, da chi «tenta di
sfruttare una città martoriata».
Un clima denunciato anche dal
ministro della Giustizia e candidato del Pd Andrea Orlando che, parlando
a un comizio, torna a chiedere «la massima unità tra tutte le forze
democratiche e antifasciste nel formulare una condanna, senza aggiungere
nient’altro. Qualunque “ma”, qualunque disquisizione e distinguo
finisce per incrinare un fronte che invece va costruito».