il manifesto 10.2.18
La scossa l’ha data il Sisma, travolto dalle adesioni
Il centro sociale. Dal 1997 a oggi, di terremoto in terremoto, l’impegno nel territorio
di Luca Pakarov
MACERATA
Nel quartiere dominato dal grande complesso della Comunità Salesiana,
c’è un edificio colorato da murales dove ha sede il centro sociale
Sisma. All’interno, davanti al dipinto con Jack Nicholson al bancone in
Shining, un andirivieni di compagni, altri sono inginocchiati intenti a
disegnare gli striscioni che oggi sfileranno per le vie della città.
Da
qui, nonostante il divieto della prefettura, sin da subito è partita la
ratifica che la manifestazione si sarebbe svolta, dopo l’incredibile
presa di posizione delle autorità che hanno posto sullo stesso piano
Casa Pound, Forza Nuova e gli antifascisti. A quel punto sono piovute
centinaia di adesioni anche dalle singole sedi delle associazioni che si
erano defilate ufficialmente. Ciò è accaduto probabilmente anche per
un’attenzione per niente scontata: il Sisma, comunicando fermamente di
voler comunque scendere in strada, non ha rimproverato le segreterie
nazionali di Anpi, Cgil, Libera e Arci che avevano deciso di chiamarsi
fuori, ma ha affrontato frontalmente i diktat del sindaco Romano
Carancini e del ministro Minniti.
Organizzare un grande corteo in
una piccola città, dopo quanto è successo, significa avere senso di
responsabilità. Un attributo che sorge da lontano, da più di vent’anni
di storia, da quando nel ’97, dopo il terremoto, un’associazione si è
riunita per richiedere l’uso di un ex asilo. L’asilo, dove fra l’altro
alcuni del collettivo hanno mosso i primi passi da bambini, ora è
frequentato da attivisti che vanno dai 20 ai 50 anni: ci sono
disoccupati, precari, studenti, architetti o avvocati. Un forte senso di
aggregazione evidenziato anche dal festival che ogni anno si svolge in
memoria di David, un compagno scomparso.
Uno spazio sociale
autofinanziato che si trova a pochi metri da una delle strade dove oggi
passerà il corteo, e in cui si svolgono concerti, laboratori,
presentazioni di libri, cene per raccolta fondi e festival sulla musica e
l’editoria indipendente. Un attivismo politico e una vitalità che,
malgrado la realtà di provincia, li ha visti sempre in prima linea. Due
di loro, cresciuti politicamente nel Sisma, sono stati eletti in
consiglio comunale con la lista civica «a sinistra per Macerata» che
sosteneva il sindaco. Bene è specificare che nessuno ne ha fatto una
carriera.
Se tanti centri sociali d’Italia hanno chiuso battente o
non richiamano più l’attenzione di una volta, il Sisma è riuscito a
rilanciarsi puntando sul principio che l’idea può diventare pratica,
confidando sulla forza delle relazioni sociali in provincia: «La
ricchezza del Sisma – ci dicono – è che non siamo slegati dalla città,
conosciamo praticamente tutti e insieme possiamo toccare con mano
tematiche ambientali, culturali o anche quelle meno politiche, portando e
ricevendo esperienze e idee. L’importante è non evitare la
complessità». Da un anno, con la rete Terre in Moto e insieme ad altre e
diversificate realtà, i ragazzi del Sisma fanno raccolta fondi, creano
eventi e monitorizzano i lavori per la ricostruzione dell’entroterra
colpito dal terremoto dell’ottobre 2016. Ultimamente al Sisma ci sono
stati diversi laboratori sulla narrazione dove hanno analizzato i
condizionamenti della comunicazione e i passaggi con cui si ricostruisce
una storia. Prima di salutare, qualcuno ci dice: «Il motore delle
storie, ciò che fa partire un racconto, è il conflitto». Una rottura che
a Macerata c’è stata e bisogna ripartire.