giovedì 25 gennaio 2018

Repubblica 25.1.18
Pd e Leu, nervi tesi “Basta con i big paracadutati”
Da Epifani a Lorenzin, i malumori contro i candidati imposti dalle segreterie
di Giovanna Casadio e Tommaso Ciriaco


ROMA Per sedare una dolorosa rivolta locale, il segretario del Pd di Prato ha infine contattato il Nazareno: «Corro io, altrimenti non ne usciamo». In pochi, a quelle latitudini, avevano digerito l’idea di affidare il collegio all’alleata Beatrice Lorenzin. Va così un po’ ovunque, in queste ore. Le liste si affollano di “paracadutati”, i territori si ribellano. In Sicilia, per dire, soffrono soltanto all’idea di regalare uno dei pochissimi posti garantiti nel proporzionale alla romanissima Marianna Madia. Per non parlare di Liberi e Uguali, dove il cortocircuito tra le aspirazioni dei parlamentari uscenti e i sogni della base si è trasformato in guerriglia.
Primo: difendere il collegio d’elezione. Secondo: scoraggiare i forestieri. Terzo: tagliare l’odiato paracadute degli “intrusi”, se necessario. Ecco come si consuma il braccio di ferro sotterraneo che lacera il centrosinistra. C’è chi vince e c’è ci perde, naturalmente. I bolognesi, ad esempio, hanno dovuto soccombere alle ragioni di Pier Ferdinando Casini. Lo dovranno votare, e pazienza se sotto le due Torri sostenere un diccì costa una fatica bestiale.
Piero Grasso, invece, aveva promesso di rinnovare parecchio, ma sta pagando un prezzo altissimo ai desideri dei parlamentari uscenti. Il caso di scuola è quello di Guglielmo Epifani. Era destinato a guidare un listino campano, l’hanno catapultato in Sicilia. Il bello è che per far spazio al suo “paracadute” hanno costretto il medico dei migranti di Lampedusa Pietro Bartolo a traslocare nel collegio di Pavia. «Sto pensando se correre o ritirarmi - fa sapere - sono convinto che sarei più utile nella mia terra».
Ma non è finita qui. In Campania LeU è un campo di battaglia, perché il proporzionale è saturo di leader nazionali. In Friuli il listino dovrebbe ospitare Anna Falcone: sollevazione. La marchigiana Laura Boldrini se la giocherà a Milano. Gli abruzzesi, poi, sono infuriati: i posti sicuri sono destinati ai deputati Celeste Costantino e Danilo Leva, rispettivamente calabrese e molisano. In Sardegna, poi, i vertici nazionali “invieranno” l’emiliano Claudio Grassi. «Nelle liste si è crioconservato quello che c’era prima - ironizza Pippo Civati, furibondo - Chiamiamola operazione formaldeide».
E si torna al Pd. Di Madia si è già detto. E gli altri ministri? Il centrista Gianluca Galletti non si candiderà. Per lui i dem emiliani hanno smarrito il senso di ospitalità, avendolo già consumato del tutto per accogliere Casini. Maria Elena Boschi si salverà nel collegio blindato del Trentino, grazie a un accordo che ha scosso alle fondamenta la base dell’Svp. E anche la “trasferta” di Piero Fassino nel proporzionale di Bologna indispettisce i quadri locali. Senza dimenticare la Calabria, dove i parlamentari uscenti hanno alzato le barricate per impedire l’approdo nelle liste bloccate di Andrea Orlando. Il diretto interessato neanche sapeva di essere destinato lì, ma la frittata era già fatta e la ribellione partita.
Proprio intorno al destino della corrente di Orlando, tra l’altro, si gioca l’unità del Pd. Per un giorno intero gira voce di un’offerta renziana assai penalizzante: otto seggi sicuri su un totale di 190.
Una miseria, giudicata «irricevibile» dal ministro. In realtà, Renzi ha in mente di destinare al Guardasigilli diciassette seggi (e meno della metà a Emiliano). Orlando, che ne aveva chiesti 37, non può accettare una potatura comunque brutale. «Se Matteo pensa di darci soltanto un diritto di tribuna – ha spiegato ieri ai suoi colonnelli – decide di costruire il “partito di Renzi”. Non è quello che ci siamo detti lunedì, stringendoci la mano. Ci ha assicurato il rispetto delle proporzioni congressuali». I due si rivedranno già oggi, a 24 ore dalla direzione decisiva sulle liste. E si capirà se il Nazareno dovrà fare i conti con una nuova frattura.