Repubblica 24.1.18
Cooperazione e sviluppo
Non esiste più la distanza tra noi e loro
di Giampaolo Silvestri
Nel
Mediterraneo, tra Europa e Africa, si coglie la grande novità: non c’è
più distinzione tra paesi ricchi di qua e poveri di là. Da qui
l’esigenza di un’alleanza e di un cambio di strategia anche negli aiuti
Il centro è la persona. A Roma due giorni di conferenza
Nel
Mediterraneo, tra Africa ed Europa: soprattutto qui si misura la novità
che sta investendo la cooperazione allo sviluppo italiana e
internazionale. Ma che cosa sta succedendo di nuovo? In estrema sintesi
questo: non esiste più la distinzione, nella quale ci eravamo
accomodati, tra noi ricchi qui e loro poveri là, nel Terzo mondo.
L’Agenda
2030, articolata in 17 obiettivi globali di sviluppo sostenibile, lo
documenta bene: ogni “goal” (dall’educazione di qualità per tutti alla
tutela dell’ambiente, dalla lotta alla fame e alla povertà fino alla
promozione dell’efficienza energetica), inscindibile dall’altro,
concorre a definire un piano di lavoro che coinvolge tutti e a ogni
latitudine. Si illude chi pensa che sia un affare di altri.
Oggi e
domani alla Farnesina si presenteranno gli esiti dell’azione del
ministero degli Affari esteri e della cooperazione, dell’Agenzia, delle
ong assieme al settore privato, le diaspore, le università. Ma per
essere all’altezza della sua ambizione, la conferenza dovrà avere il
coraggio di rinunciare al linguaggio tecnico e cimentarsi nel tentativo
di far comprendere a tutti la rilevanza che la cooperazione può avere
per il nostro Paese: una spinta a muoversi come “sistema”, ad agire da
protagonista nelle relazioni internazionali, a valorizzare le realtà
della società civile che hanno compreso che appunto non esistono più
paesi del Terzo Mondo, ma potenziali partner.
La logica è
letteralmente capovolta. Ogni tipo di colonialismo, anche quello
ammantato di filantropia, è fatto fuori dall’esigenza di collaborazione
alla pari tra paesi europei e africani. Solo che il tema della
partnership, chiesta a gran voce all’ultimo summit Europa-Africa di
Abidjan, va vagliato senza sconti. Vanno cioè messe a fuoco azioni
concrete e strategie di lungo periodo, intelligenti del contesto nuovo
in cui ci muoviamo. Senza mai mettere a tacere una domanda di senso
fondamentale, che anche la conferenza nazionale farà sua: in che modo la
cooperazione allo sviluppo deve evolvere per rispondere alle sfide di
oggi, soprattutto a quella più complessa della sostenibilità?
A
partire da un’esperienza di oltre 45 anni di lavoro condiviso
quotidianamente con i cosiddetti “beneficiari” dei progetti, noi
rispondiamo così: la cooperazione è chiamata a comprendere che cosa
significa porre sempre al centro la persona e a farlo.
Interessante
notare che a questa sottolineatura della centralità della persona
ricorrono molti mondi: la pronunciano ceo di multinazionali ed esperti
di marketing.
Alcune società più lungimiranti traducono questa
attenzione in generoso welfare aziendale. Ma al di là del tentativo di
monetizzarla, la persona al centro resta il cardine della cooperazione
perché sostanzia fino all’ultimo dettaglio - dalla ideazione alla
implementazione e valutazione - ogni progetto che punti agli obiettivi
dell’Agenda 2030. Senza questa precedenza i “goals” globali si smontano
come giochi di retorica buonista. Perciò il futuro dell’agire della
cooperazione lo pensiamo così: lavorare per un mondo in cui ogni
persona, grazie alla consapevolezza del suo valore e della sua dignità,
sia il vero attore dello sviluppo suo e della sua comunità. Sempre e
dovunque, anche nelle situazioni di crisi ed emergenza.
Giampaolo Silvestri è segretario generale di Avsi, organizzazione non governativa impegnata in 149 progetti nel mondo