Repubblica 16.1.18
La relazione
Quarant’anni di un diritto
Così la legge 194 ha fatto crollare gli aborti in Italia
di Maria Novella De Luca
ROMA
«Le donne hanno smesso di morire d’aborto, basterebbe questo per dire
che la legge 194 ha funzionato e funziona. E io me le ricordo,
quarant’anni fa, quelle donne e ragazze che arrivavano di notte in
ospedale, devastate dalle emorragie dopo le famose interruzioni con il
ferro da calza.
Molte restavano mutilate per sempre. Con la legge
194 l’aborto ha smesso di essere una questione privata per diventare una
questione sociale di cui lo Stato si è fatto carico. È stata una
rivoluzione. Imperfetta, ma una rivoluzione». Carlo Flamigni ha 85 anni,
è uno dei ginecologi più famosi d’Italia, pioniere della fecondazione
assistita, ma anche protagonista di quella battaglia che negli anni
Settanta ha cambiato nel profondo la nostra società, la famiglia, la
maternità.
Approvata nel 1978, confermata dal referendum del 1981, la legge sull’aborto compie quarant’anni il 22 maggio prossimo.
Un
tempo abbastanza lungo per fare un bilancio, come infatti suggerisce la
Relazione al Parlamento sull’attuazione della 194 presentata dalla
ministra Lorenzin, dove per la prima volta si tenta una “analisi
storica”. E se i numeri di quest’anno confermano la drastica riduzione
degli aborti, passati dai 234.801 del 1982 (l’anno in cui le “Ivg”,
interruzioni volontarie di gravidanza, raggiunsero il massimo storico)
ai 84.926 del 2016, nello stesso tempo si assiste a un vero e proprio
boom della contraccezione d’emergenza. In particolare dell’uso della
“pillola dei cinque giorni dopo” (EllaOne) le cui vendite, dopo la
caduta dell’obbligo di ricetta medica per le donne maggiorenni, è
passata dalle 7mila confezioni del 2012 alle 189.589 del 2016. Se dunque
abbiamo imparato a non abortire (pur potendo farlo), sul fronte
dell’uso di pillola e condom siamo davvero indietro. Di fatto una
contraddizione.
Ma al di là dei dati di oggi, nello sguardo sui 40
anni della legge, la Relazione afferma un principio fondamentale.
«L’aborto volontario, dopo una prima fase iniziale, è costantemente
diminuito e non è mai stato un mezzo di controllo delle nascite».
Se
pensiamo che nel 1961, come denunciò una famosa inchiesta di “Noi
donne”, gli aborti clandestini superavano il numero (spaventoso) di un
milione l’anno, è evidente quanto la legge del 1978 abbia segnato il
passaggio da un’Italia quasi post contadina a un’ Italia moderna. Livia
Turco, a lungo parlamentare del Pd, ministra delle Pari Opportunità e
poi della Salute, quella stagione da giovane militante comunista se la
ricorda bene. E al tema della difesa della legge 194 ha dedicato un bel
libro uscito di recente: “Per non tornare nel buio”. Perché in fondo
nulla è garantito. E le proposte di revisione (restrittiva) della legge
si susseguono ad ogni legislatura.
«Lo scontro fu feroce e lacerante.
La
Destra e una parte dei Cattolici dicevano che la legalizzazione avrebbe
fatto aumentare a dismisura il numero degli aborti, banalizzandone la
scelta. Invece oggi si dimostra che l’autodeterminazione delle donne ha
prodotto una cultura della responsabilità e soprattutto si è arginata la
piaga dell’aborto clandestino. Ma è della applicazione della 194 che
bisogna tornare a parlare, uscire dal cono d’ombra». Perché l’obiezione
di coscienza è ormai un dramma.
Spiega Livia Turco: «Ci sono
interi ospedali dove le interruzioni non vengono praticate e le donne
devono migrare di regione in regione, spesso con il rischio di superare i
tempi legali. E poi i dati sul ricorso alla pillola del giorno dopo
dimostrano che è sulla contraccezione che bisogna investire, pensando ai
giovani, rendendola gratuita. Ma credo che una maggiore diffusione
della Ru486, l’aborto farmacologico, potrebbe mitigare il ricorso
all’obiezione di coscienza».
Immigrate, ragazze giovani. Sono loro
le donne più a rischio. (Il 30% di tutte le interruzioni riguarda le
straniere). Silenzio e solitudine i loro nemici.
Racconta Carlo
Flamigni: «A 40 anni dalla sconfitta delle mammane e dei cucchiai d’oro,
ci troviamo di fronte a un nuovo tipo di clandestinità che il ministero
rifiuta di vedere. Avete presente quante pillole per abortire si
possono comprare su Internet?
O farmaci che comunque aumentano la
contrazioni uterine? La legge 194 va protetta e pubblicizzata, la
contraccezione favorita in ogni modo. Altrimenti si torna indietro».
Michele
Mariano è l’unico ginecologo non obiettore del Molise. Dirige un
piccolo reparto di eccellenza all’ospedale “Cardarelli” di Campobasso,
dove applica la legge 194. «Ormai da me arrivano donne da tutto il
centro Sud. È incredibile. Dal Lazio, dall’Abruzzo, dalla Campania,
perché i centri chiudono. Fanno centinaia di chilometri ma sanno che qui
saranno accolte. E poi le migranti, spesso sbarcano in Italia già
incinte. Ho visto troppe donne rovinate dagli aborti clandestini prima
che ci fosse la legge, per questo continuo a lavorare in trincea,
praticando 400 aborti l’anno. Sono orgoglioso di quello che faccio, ma
sa qual è l’amarezza? A 40 anni dalla nascita di questa legge, noi che
l’abbiamo voluta, siamo anche tra gli ultimi ginecologi ad applicarla,
perché ormai tutti obiettano. Cosa accadrà quando andremo in pensione?».