Repubblica 16.1.18
Razzismo, la cultura al contrario
La
“nostra società” ha cancellato dai suoi presupposti il concetto di
“razza”, che è anticostituzionale e antiscientifico (decida Fontana
quale delle due violazioni è la più grave)
di Michele Serra
La
parola “razzista” è ancora carica, e per fortuna, di un’aura di
violenza e di illegittimità. Quanto basta perché il candidato moderato
(autodefinizione) alla Regione Lombardia, l’ex sindaco di Varese Attilio
Fontana, definisca frettolosamente «un lapsus» l’avere tirato in ballo,
contro l’immigrazione, la difesa della «nostra razza bianca», frase
sfuggitagli di bocca nel corso di una chiacchierata a Radio Padania.
Uguale
premura ha avuto Donald Trump, che una volta tanto ha mentito per
decenza, negando di avere definito «cessi» una manciata di Paesi molto
poveri e popolati prevalentemente da non bianchi. È lo stesso scrupolo
che ha animato la decisione dell’Ukip (partito isolazionista inglese) di
sospendere una sua illustre militante, la fidanzata del leader Bolton,
che aveva accusato la fidanzata del principe Harry di essere «una
afroamericana che macchierà con il suo seme la famiglia reale». In buona
sostanza: il razzismo non è affatto sdoganato, tanto è vero che perfino
partiti e persone fortemente sospettabili di suprematismo bianco,
dunque di razzismo in purezza, avvertono il bisogno di ripulirsi dal
sospetto di esserlo.
I nazisti dell’Illinois ( e i nazisti di
Varese, che da anni festeggiano il compleanno di Hitler) rimangono
dunque la ristretta schiera di coloro che possono rivendicare
pubblicamente, schiettamente il loro razzismo. Gli altri, a quanto pare,
a cominciare dal presidente degli Stati Uniti e per finire, nel suo
piccolo, al candidato del centrodestra per la Lombardia, se ne
vergognano: e questa è un’ottima notizia.
Detto questo, merita un
approfondimento quanto sostenuto da Attilio Fontana. Secondo il quale
l’invasione degli stranieri metterebbe a repentaglio « la nostra società
e la nostra razza bianca » . Non si potrebbe concepire una frase più
contraddittoria, più zoppicante: perché «la nostra società» ha
drasticamente cancellato dai suoi presupposti il concetto di «razza»,
che è anticostituzionale e antiscientifico (decida Fontana quale delle
due violazioni è la più grave). La razza bianca, semplicemente, non
esiste, così come non esisteva la razza ariana, mito fondante del
nazismo.
Esistono, queste sì, « la nostra società » e « la nostra
cultura». E rientra nella logica delle cose, nell’istinto basico di ogni
politica degna di questo nome, la preoccupazione di difenderle, di
migliorarle, di tutelarne i principi fondanti, anche laddove il forte
impatto dell’immigrazione le metta in discussione: è annoso e del tutto
legittimo, per esempio, il dibattito sulla complicata integrazione
dell’immigrazione islamica ( non tutta) in merito a una questione
nevralgica, quella dell’autodeterminazione delle donne. Ma non è
ovviamente « la razza », è la cultura, semmai, il terreno di confronto, e
se necessario di scontro. La razza in quanto “pura” è menzogna,
fantasma paranoico, invenzione propagandistica. Le cosiddette razze sono
il portato di infinite contaminazioni, migrazioni, occupazioni,
sottomissioni ( si pensi al meticciato sudamericano, conseguenza
dell’assoggettamento e della messa in schiavitù da parte degli europei).
Esistono eloquenti, clamorose ricerche scientifiche sul Dna che a quasi
ciascuno di noi attribuiscono avi impensati, perché come dice quella
miserabile inglesina che ha offeso la magnifica neo-principessa
britannica, «il seme» è per sua vocazione vagante, promiscuo, vitale.
Il
razzismo fa schifo perché è violento, ma fa pena perché è stupido. Non
conosce e non impara, non sa, non memorizza, non si inchina alla potenza
della vita. È scritto a chiare lettere, in ciò che noi siamo come
comunità, come italiani e come europei, come storia collettiva, come
società moderna e raziocinante, che non è la razza o la religione a
costituire ragione di cittadinanza. È il diritto degli individui di
avere uguali diritti e uguali doveri, di essere uguali e ugualmente
rispettabili. In conseguenza di questo principio («la nostra società»
non consente che si possa parlare di «nostra razza bianca ») siamo
sicuri che il candidato Fontana, a differenza dei nazisti di Varese,
vorrà operare presto e bene in favore dell’antirazzismo, e dunque in
favore della difesa della nostra cultura, e della nostra comune
coscienza.