il manifesto 16.1.17
Scandalo al «Sole»
Editoria. Entro fine
mese i giudici di Milano decideranno sul rinvio a giudizio dell’ex
direttore del Sole 24 ore Roberto Napoletano e dei due confindustriali
Donatella Treu e Benito Benedini. L’accusa è falso in bilancio. Intanto i
creditori e i giornalisti sono sul piede di guerra. In pochi anni gli
azionisti di Confindustria hanno bruciato milioni di euro. Scetticismo
in Borsa: dopo l'aumento di capitale da 50 milioni in cassa restano
soltanto 7,7 milioni
di Bruno Perini
MILANO
Trasparenze e vergogna. Non è soltanto il titolo di un bellissimo libro
che il compianto amico Guido Rossi pubblicò per il Saggiatore nel
lontano 1982 per spiegare negli anni del capitalismo rampante e senza
regole le anomalie, le opacità e i vizi congeniti del mercato
finanziario italiano.
TRASPARENZE E VERGOGNA potrebbero e
dovrebbero essere le chiavi di lettura per spiegare la mala gestione con
la quale la Confindustria, azionista di comando del Sole 24 ore, ha
disastrato senza vergogna i bilanci del gruppo editoriale con perdite da
capogiro e politiche industriali disastrose e opache.
Se si dà
uno sguardo, infatti, a quello che è successo in questi anni in quel
gruppo editoriale si scopre che i nostri confindustriali, che ogni
giorno si sciacquano la bocca con la trasparenza, il libero mercato e la
meritocrazia, in dieci anni hanno bruciato miliardi di capitale,
raccontando un sacco di balle sulla diffusione del giornale e sulla
consistenza finanziaria del gruppo con il risultato di perdere migliaia
di abbonamenti, di perdere la pubblicità quando si è capito che i dati
della diffusione erano falsati, di scaricare sui giornalisti l’onere
della crisi attraverso tagli selvaggi e prepensionamenti e un recente
tentativo di stracciare il contratto integrativo, di entrare nella black
list della Consob e di falcidiare il valore del titolo il Sole 24 ore,
quotato alla Borsa di Milano, che, alla faccia dei risparmiatori di cui
il quotidiano dovrebbe essere il difensore, è passato da 5,7 euro al
momento della quotazione a 0,8 euro. Tanto per intenderci, quei
poveretti che avevano affidato i loro risparmi al quotidiano
confindustriale hanno perso un sacco di quattrini.
Per evitare di
portare i libri in tribunale, il cda guidato da Franco Moscetti, neo
amministratore delegato del gruppo, ha varato un aumento di capitale da
50 milioni di cui 30 sottoscritti da Confindustria. Il supporto
finanziario all’operazione di salvataggio del gruppo è arrivato da
un’altro ex presidente della Confindustria, Luigi Abete, che alla faccia
del conflitto d’interesse è al tempo stesso consigliere del Sole 24 ore
e presidente della Bnl.
Un’operazione tutta in famiglia, come spesso avviene nel capitalismo nostrano.
TUTTO
RISOLTO DUNQUE? Niente affatto. Intanto c’è in ballo una vertenza
sindacale che per il momento ha registrato due giorni di sciopero.
L’amministratore
delegato Franco Moscetti e Domenico Galasso, il direttore del
personale, per il momento hanno congelato il contratto integrativo che
volevano stracciare ma i giornalisti non si fidano più del management e
rivendicano il loro contributo nella cacciata di Napoletano.
Quindi per il momento sul piano sindacale è tregua armata.
Durante
i brindisi di natale il neo direttore Guido Gentili, l’amministratore
delegato Franco Moscetti e il presidente del gruppo Giorgio Fossa, hanno
detto ai giornalisti, forse per consolarli, che «il 2018 sarà l’anno
della ripresa». Una frase che circolava anche nel 2017 e nel 2016 per
bocca dei predecessori e degli ex presidenti di Confindustria.
MA
NELLA COMUNITÀ degli affari sono in pochi a crederci. E le cifre non
sono consolanti. Basti pensare che malgrado l’aumento di capitale di 50
milioni in cassa ne sono rimasti appena 7,7.
Al momento della quotazione, il cash era circa 240 milioni.
Nelle
relazioni di fine anno si legge che «la variazione della posizione
finanziaria netta è negativa per 28 milioni, ovvero 2,6 milioni al
mese». A questo ritmo, commenta un personaggio che è stato ai vertici
del gruppo, quel piccolo gruzzolo di cash che è rimasto nelle casse del
gruppo dopo la devastazione degli anni precedenti verrebbe divorato.
D’altronde
in un prospetto dello stesso gruppo si ammette il pericolo
d’insolvenza: «Anche nel caso di buon esito dell’Operazione Formazione,
dell’Aumento di Capitale e della concessione delle Linee Revolving,
qualora si manifestasse un evento tale da determinare l’impossibilità di
utilizzare in modalità revolving la linea di credito per la
cartolarizzazione dei crediti commerciali e l’Emittente non riuscisse a
finanziarsi attraverso la leva del capitale circolante netto
commerciale, né riuscisse a reperire risorse di capitale e di credito
aggiuntive (al momento non individuabili), verrebbe pregiudicata la
continuità aziendale della Società e del Gruppo. Conseguentemente non si
può escludere che l’Emittente debba far ricorso agli strumenti previsti
dalla legislazione concordataria e fallimentare». Sempre a pagina 46,
la Società informa che «in caso di mancata esecuzione della Manovra, il
Gruppo non disporrebbe delle risorse finanziarie necessarie per
effettuare il rimborso complessivo dei finanziamenti bancari» ivi
indicati.
COM’ERA PREVEDIBILE, vista la lunga storia degli
scandali finanziari in Italia, il pasticciaccio brutto di viale
Monterosa, è finito in tribunale.
Lo scorso anno il procuratore
della Repubblica di Milano Francesco Greco ha affidato al sostituto
Fabio De Pasquale l’inchiesta penale contro un gruppo di dirigenti del
Sole 24 ore, tra cui spiccano Benito Benedini, ex presidente
Federchimica, Assolombarda e Sole 24 ore e Donatella Treu, ex
amministratore delegato del gruppo editoriale e contro l’ex direttore
del Sole 24 ore Roberto Napoletano, presunto deus ex machina di tutta la
vicenda, accusato di una torbida operazione di occultamento delle
perdite e di falso in bilancio.
Roberto Napoletano, scelto dall’ex
presidente di Confindustria Emma Marcegaglia in alternativa a Fabio
Tamburini che a quel tempo era direttore di Radiocor, è stato difeso e
coperto fino all’ultimo dall’attuale presidente di Confindustria,
Vincenzo Boccia.
MA QUANDO L’EVIDENZA dei fatti e dei documenti ha
preso il posto dell’opacità e i magistrati hanno cominciato a scavare
dietro le quinte, anche il «padrino» di Napoletano ha mollato il suo
pupillo con il modesto incentivo alle dimissioni di 700.000 euro.
NEL
DECRETO DI perquisizione del Sole 24 ore e degli studi di Treu e
Benedini si legge tra l’altro a proposito delle gigantesche bugie che
raccontavano e scrivevano nei bilanci i signori del gruppo
confindustriale: «Informazioni false, posto che le vendite delle copie
digitali veicolate attraverso la DI Source Ltd erano fittizie come anche
fittizie erano le vendite cartacee attraverso il canale Edifreepress
S.r.l., così da fornire una rappresentazione alterata della situazione
economica della società ai destinatari cui tali comunicazioni sociali
erano indirizzate».
Si legge ancora nel provvedimento giudiziario:
«Sono stati evidenziati nella imputazione solo alcuni dei passaggi
delle Relazioni finanziarie ove maggiormente si ricava lo scostamento
tra la rappresentazione della realtà economica della società e la
situazione effettiva. Si è veicolato un messaggio largamente positivo
sull’andamento economico (vendite crescenti e ricavi correlativamente in
aumento), laddove le vendite sul digitale – tanto enfatizzate – erano
false e una percentuale significativa delle copie cartacee andava dritta
al macero».
Per un certo periodo, stando alle ricostruzioni dei
giudici, Napoletano l’ha fatta franca. E di fronte alla crisi del
quotidiano ha pensato di inventarsi cifre inesistenti. Nei salotti
privati raccontava di 430.000 copie vendute contro le reali 170.000
copie e vagheggiava sul Sole 24 ore come futuro primo giornale.
Ma quando quelle stesse cifre ha cominciato a dichiararle all’Ads, gli editori concorrenti hanno cominciato a incazzarsi.
Quando
Giorgio Squinzi si è insediato in Confindustria nel 2012 ci ha messo un
po’ a capire che qualcosa non quadrava, ha guardato i conti e si è reso
conto che le cifre di vendita erano farlocche mentre il buco di
bilancio cresceva.
SQUINZI LICENZIA Donatella Treu e insedia ai
vertici del Sole 24 ore Gabriele Del Torchio. Dopo un’indagine interna
si scopre che c’è un buco di 90 milioni. Si rompe il rapporto di fiducia
con Napoletano. Ma il direttore non molla. E con abilità si conquista
la stima del nuovo presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, che gli
rinnova la fiducia malgrado fossero emerse stranezze nella diffusione
delle copie. Al posto di Del Torchio, colpito da infarto, arriva Franco
Moscetti, l’attuale ad del Sole 24 ore.
Questa volta Vincenzo Boccia non può far nulla per coprire il suo uomo.
Moscetti
fa una cosa strana: crea un comitato di vigilanza interno composto da
Gherardo Colombo, ex pool mani pulite e Federico D’Andrea, ufficiale da
sempre collaboratore della procura di MIlano.
Da quella specie di
tribunale interno nasce l’inchiesta penale contro Roberto Napoletano,
Donatella Treu e il cavalier Benito Benedini.
E in Confindustria non ne sapevano nulla di questo pasticcio? La domanda per il momento è senza risposta.
L’unica
cosa che si sa è che Napoletano scarica le responsabilità sull’azienda,
aggiungendo che lui poveretto era soltanto il direttore.
Se verrà
rinviato a giudizio alla fine della fase istruttoria prevista per fine
gennaio, non è escluso che l’ex direttore si decida a spiegare meglio. E
allora per gli azionisti sarebbero guai.
NEL DISASTRO GENERALE è
anche spuntato un altro problemino giudiziario: è partita la prima
ingiunzione di pagamento da parte di un creditore.
L’agenzia di
stampa LaPresse, di Torino ha chiesto ai giudici il sequestro cautelare
di due milioni di euro a garanzia dei propri crediti verso il gruppo.
Si
legge nel ricorso presentato dall’azienda torinese: «In connessione con
l’emersione della abissale crisi finanziaria, Il Sole 24 Ore ha cessato
di pagare i corrispettivi contrattualmente dovuti sin dalla scadenza
prevista al 31 gennaio 2017, costringendo il Fornitore a richiedere
l’emissione di un Decreto Ingiuntivo (Decreto Tribunale di Torino, n.
7488/2017 del 27 luglio 2017, doc. 4), per l’importo complessivo di Euro
79.718,90».
I LEGALI DI LAPRESSE sono molto duri con il loro
illustre cliente e citano il giudizio della società di revisione
Deloitte: «Allo stato attuale i piani dell’azienda non risultano
supportati da evidenze empiriche, ma fondati su una stima del Management
basata sull’esperienza del mercato e sulle performance di altri
operatori di settore». I
noltre Deloitte ha evidenziato che:
«Sebbene la crescita del volume d’affari ipotizzata a Piano sia
contenuta e pari all’1,4% (CAGR 17- 20), considerati i recenti risultati
consuntivati dalle società del Gruppo e l’incerto scenario di mercato
relativo al settore in cui opera la Società, tali obiettivi potrebbero
risultare sfidanti e in controtendenza».