Repubblica 15.1.18
L’evasione reale
Nascosti al Fisco 132 miliardi record da autonomi e affitti
Studio del Senato: le dichiarazioni Irpef fanno perdere ogni anno 38 miliardi allo Stato
di Claudio Tito
Roma
Oltre 132 miliardi di redditi Irpef nascosti con una perdita di gettito
superiore a 38 miliardi l’anno. Sono questi gli ultimi dati choc
dell’evasione fiscale in Italia contenuti in un rapporto elaborato
dall’Ufficio Valutazione Impatto del Senato. Una ricerca appena conclusa
dagli esperti di Palazzo Madama. In cui si confermano alcuni sospetti: a
evadere di più le tasse sono i lavoratori autonomi e chi può contare su
rendite immobiliari, ossia sugli affitti.
Lo studio, terminato
nei primi giorni di quest’anno insieme all’Università Ca’ Foscari di
Venezia, alza dunque di un bel pò le stime sulle tasse sul reddito non
pagate nel nostro Paese.
Il tutto si basa su un principio che viene sintetizzato con una formula inglese: under reporting.
Ossia
gli italiani mentono sui propri redditi anche nelle rilevazioni
demoscopiche, «sottostimandoli nel timore che si possano stabilire
collegamenti con quanto hanno dichiarato al fisco » . E secondo questo
studio, esiste una « relazione sostanziale tra l’evasione fiscale e
l’under reporting». Basti pensare che sugli introiti da lavoro autonomo e
impresa almeno il 23 per cento degli intervistati non dice la verità e
il 44% lo fa sugli affitti. Mentre i dipendenti sono sostanzialmente
veritieri nelle loro relazioni con l’erario. « Il metodo usato da questo
rapporto - che si concentra sull’imposta principale del nostro Paese,
ossia l’Irpef corregge quindi verso l’alto tutte le stime precedenti. E
addirittura viene raddoppiato, passando dal 7,5% al 14,4 il tasso
complessivo di evasione del prelievo sugli introiti delle persone
fisiche. Nell’ultimo Def i dati sui mancati introiti per l’Erario su
redditi da lavoro autonomo e dipendente e da locazione ammontano a circa
33 miliardi. Il nuovo studio mostra quindi che ci sono circa 5 miliardi
in più di Irpef e imposte sugli affitti che lo Stato non incassa.
In
questo quadro spiccano le conferme di alcuni sospetti: a ingannare di
più il fisco sono le cosiddette partite Iva e coloro che hanno la
possibilità di mettere a frutto il patrimonio immobiliare posseduto. Il
tasso di evasione totale è infatti del 37% per i redditi da lavoro
autonomo e impresa, e questa fuga illecita sale al 65% in riferimento
alle rendite provenienti da case, uffici e stabili. Secondo l’Ufficio
Valutazione Impatto del Senato, il mancato gettito ammonta dunque a 38,5
miliardi l’anno con una suddivisione tra categorie di contribuenti
piuttosto netta: 20,9 miliardi provengono (o meglio non arrivano alle
casse dello Stato) dai lavoratori autonomi; 14,7 miliardi dalle rendite
immobiliari; e solo 2,6 miliardi dai dipendenti. Bisogna dire che per
quanto riguarda il lavoro autonomo anche il rapporto Mef 2016 presentava
stime analoghe.
La distribuzione geografica è sostanzialmente
omogenea, con qualche picco più alto nelle regioni meridionali. Le
percentuali si confermano comunque basse per i redditi di lavoro
dipendente e passano dal 3,07% del centro al 3,28 del Mezzogiorno. Per
gli autonomi il dato oscilla tra il 36,93% sempre dell’area centrale al
42,21% del Sud. E infine i numeri per chi vanta delle rendite
immobiliari variano dal 61,88 ancora del centro al 70,62% della
macroarea meridionale. Un elemento positivo, però, che riguarda un’unica
categoria, in questo rapporto c’è: i pensionati. Nessuno di loro, in
tutto il Paese, viene inserito nella lista nera. C’è un altro dato che
emerge con una certa rilevanza: la propensione a frodare l’erario scende
costantemente ( partendo dal 40%) per i redditi fino a 22 mila euro,
poi sale per chi guadagna fino a 60 mila euro l’anno e quindi si
mantiene stabile (intorno al 20%) per le fasce superiori. Allora si
scopre che chi dichiara fino a 5 mila euro l’anno, mediamente ne occulta
3600 euro.
Chi nel 740 denuncia entrate tra 20 e 26 mila euro, ne
nasconde oltre 13 mila. E chi guadagna oltre 75 mila euro l’anno, in
realtà supera quota 106 mila. Ma questo insieme di cifre non produce
solo un effetto negativo sulle casse dello Stato. Provoca una dinamica
distorsiva anche sui rapporti tra classi sociali. Viene infatti
modificato sensibilmente l’impatto redistributivo dell’Irpef e in
particolare si corregge negativamente il principio costituzionale della
progressività delle imposte. Chi guadagna di più paga percentualmente
meno. Tanto è vero che l’aliquota media effettiva, a seguito
dell’evasione, si abbassa di quasi 4 punti percentuali passando dal 20%
al 16%. Un calcolo che rende ancora più urgente un intervento nella
lotta all’evasione fiscale. Dal punto di vista normativo ma anche da
quello civico-educativo.