mercoledì 24 gennaio 2018

La Stampa 24.1.18
Trump impone i dazi alla Cina
La rabbia di Pechino e Seul
Gli Usa aumentano le tariffe doganali sull’import di pannelli solari e lavatrici
di Paolo Mastrolilli


Donald Trump si presenta alla conferenza dei “globalisti” di Davos, dove arriverà domani, portando i primi dazi imposti dalla sua amministrazione. Per ora si tratta di tariffe sull’importazione delle cellule per i pannelli solari e le lavatrici, che puntano a colpire soprattutto Cina e Corea del Sud. Presto però potrebbero essere seguite da provvedimenti su acciaio, alluminio e proprietà intellettuale, capaci di scatenare una vera guerra commerciale con Pechino. E’ lo slogan “America First” che inizia a prendere forma attraverso le misure protezionistiche, sfidando proprio il consesso mondiale del liberismo.
Sul piano economico, Trump aveva impostato la propria campagna elettorale sulla promessa populista di contrastare o correggere la globalizzazione, che secondo lui penalizza i lavoratori americani. I pilastri della sua visione erano tre: tagliare le tasse, per favorire gli investimenti delle imprese e i consumi dei cittadini; alleggerire le regole, per facilitare l’attività delle aziende e delle istituzioni finanziarie; denunciare o rivedere i trattati commerciali, per ridisegnarli in base a criteri più favorevoli agli interessi americani. Il tutto per accelerare la crescita verso il 4% annuo, eliminare la disoccupazione e aumentare i salari. I primi due punti sono stati realizzati con la riforma fiscale, e con la cancellazione ancora in corso di molte regole che secondo lui imbrigliavano lo sviluppo, da quelle ambientali a quelle sulle operazioni delle banche dopo la crisi del 2008. Il terzo punto aveva preso forma con la denuncia del trattato Tpp con 12 paesi asiatici, e la rinegoziazione del Nafta, ma il presidente aveva chiesto al trade representative Robert Lighthizer di proporgli dazi con cui dimostrare al mondo la determinazione nella difesa delle aziende americane. Ieri sono arrivati i primi provvedimenti. Per quanto riguarda le cellule per i pannelli solari, i primi 2,5 gigawatts importati saranno esenti, ma poi verranno imposte tariffe del 30%, che scenderanno al 15% nell’arco di quattro anni. Per le lavatrici, il primo milione e duecentomila subirà dazi del 20%, che saliranno al 50% per quelle successive.
Il 95% delle cellule per i pannelli solari costruiti negli Usa è importato, e il costo è calato del 70% dal 2000 ad oggi. Nel 2011 il 59% proveniva dalla Cina, che ora è scesa all’11%, perché ha spostato la produzione in paesi come la Malaysia proprio per evitare gli eventuali dazi. Due aziende americane, SolarWorld e Suniva, hanno quindi chiesto al governo di proteggerle imponendo tariffe. La Whirlpool ha invece sollecitato di intervenire contro LG e Samsung, cioè le sue concorrenti sudcoreane.
Le compagnie che hanno domandato i dazi e l’amministrazione Trump pensano che avevano diritto ad agire, perché gli esportatori stranieri usano pratiche scorrette per abbassare il costo del lavoro e sostenere i loro prodotti. Washington è convinta che il risultato sarà un aumento della produzione e quindi dell’occupazione negli Usa, e infatti Whirlpool ha già annunciato 200 nuove assunzioni. I giudizi sugli effetti delle tariffe però non sono unanimi. La Solar Energy Industries Association stima che in realtà gli Stati Uniti perderanno 23.000 posti di lavoro nel 2018, perché le misure aiuteranno i costruttori di cellule, che sono pochi e piccoli, ma danneggeranno i produttori di pannelli, che invece sono molti e grandi, e non potranno più importare le componenti a basso costo. Le due aziende che hanno sollecitato i dazi poi sono di prorietà straniera, Suniva cinese a SolarWorld tedesca, e quindi non si capisce bene se gli Usa saranno davvero beneficiati da questo protezionismo. LG e Samsung, invece, potrebbero annullare i piani per costruire fabbriche in America.
Cina e Corea del Sud faranno ricorso alla WTO, ma in caso di condanna Trump potrebbe reagire uscendo dall’organizzazione, che aveva già criticato in passato. Pechino e Seul possono poi rispondere con dazi sulle importazioni dagli Usa, o riducendo la collaborazione per contrastare il programma nucleare della Corea del Nord. Trump però sta già considerando i prossimi passi, cioè tariffe su acciaio, alluminio e furti della proprietà intellettuale, che scatenerebbero una vera guerra commerciale.