La Stampa 22.1.18
La Spd dice sì al governo Merkel ma Schulz perde metà del partito
L’appoggio
alla Grande coalizione passa solo con il 56,4% dei voti Bruxelles
festeggia: ottima notizia che rende l’Europa più unita
di Walter Rauhe
Il
congresso straordinario del partito socialdemocratico (Spd) ha dato il
via libera ieri al governo di Grande coalizione e non solo la Germania,
ma l’Europa intera tirano un sospiro di sollievo. «Siamo tutti più che
sollevati da questo risultato che dimostra che abbiamo lottato
duramente. Per la Germania e per il futuro dell’Europa», ha dichiarato
soddisfatto il leader di partito Martin Schulz al termine di 5 ore di un
dibattito molto acceso, sofferto e a tratti anche drammatico. Alla fine
a prevalere è stata la linea del presidente dell’Spd a favore
dell’avvio delle trattative ufficiali con la Cdu e Csu di Angela Merkel
per la formazione di una Grosse Koalition. Hanno votato a favore 362
delegati (il 56,4%), 279 si sono espressi contrari. «È un’ottima notizia
per un’Europa più unita forte e democratica», ha commentato in un tweet
il capo del gabinetto del presidente della Commissione Ue Juncker,
Martin Selmmayr.
Dopo 4 mesi d’incertezze, colpi di scena e stallo
politico, il principale Paese europeo per numero di abitanti e forza
economica si appresta finalmente a trovare un governo in grado di
operare, anche se il lunghissimo iter negoziale non è ancora terminato
del tutto e l’ultima parola spetterà ai 440 mila tesserati dell’Spd
chiamati ad esprimersi sul programma di governo finale poco prima di
Pasqua.
Il penultimo ma decisivo capitolo di questa tragedia dal
sapore wagneriano attorno alla difficile ricerca di una maggioranza di
governo è iniziato ieri mattina a Bonn, la città natale di Beethoven ed
ex capitale provvisoria della Germania Occidentale. Ad attendere i 600
delegati socialdemocratici di fronte al World Conference Center di Bonn
c’era un folto gruppo di manifestanti armati di tamburi, trombe, campane
che in coro scandivano i loro slogan anti-GroKo. Un’atmosfera tesa e
nervosa che si è trasmessa poi anche all’interno del palazzo congressi
dove tra i primi a prendere la parola è stato proprio Martin Schulz. In
un lungo discorso giudicato da molti come piuttosto debole sotto un
punto di vista retorico, il leader dell’Spd ha elencato uno ad uno i
risultati a suo avviso positivi contenuti nell’intesa di massima
raggiunta dieci giorni fa con il centro-destra. Schulz ha quasi
implorato i delegati a lasciare da parte le loro riserve nei confronti
di un’ennesima Grosse Koalition, ricordando che senza l’Spd il programma
di un eventuale altro governo dominato dalla Cdu sarebbe ancora più
negativo per il welfare, la democrazia e la convivenza civile. Ma Schulz
non è riuscito a scaldare la sala congressi incassando al termine del
suo intervento un applauso quasi impercettibile di appena un minuto.
Nulla in confronto al discorso accalorato e travolgente del leader dei
giovani socialdemocratici Kevin Kühnert, contrario a prolungare il «coma
politico» di Angela Merkel col sostegno dell’Spd e favorevole invece ad
un vero rinnovamento e ringiovanimento da sinistra del partito.
L’ovazione della sala se l’è aggiudicata solo lui ma alla fine il fronte
del no alla GroKo si è dovuto accontentare solo di una vittoria morale,
aggiudicandosi il sostegno di oltre il 43% dei delegati. Alla fine
della votazione sul volto di qualche giovane socialdemocratico è
spuntata qualche lacrima e anche l’ala possibilista di Martin Schulz non
può certo cantare vittoria. L’Spd esce da questa storica assise di Bonn
profondamente spaccata al suo interno, cosa che non lascia presagire
nulla di buono per il futuro esecutivo. Sarà un governo formato da tre
esponenti deboli. La leadership di Martin Schulz, Angela Merkel e Horst
Seehofer viene ormai messa in discussione dalle basi dei rispettivi
partiti.