lunedì 22 gennaio 2018

Il Fatto 22.1.18
Cgil, fine dell’era Camusso senza sponde in politica
di Salvatore Cannavò


Alla vigilia delle ultime elezioni politiche, febbraio 2013, la Cgil tenne la sua Conferenza di programma in cui l’ospite di eccezione fu Pier Luigi Bersani, allora segretario Pd, che già si vedeva a Palazzo Chigi dopo le elezioni. In quella platea sedeva un ministro del governo Monti, Fabrizio Barca, un candidato in pectore al Quirinale, Giuliano Amato, l’altro leader del centrosinistra, alleato del Pd, Nichi Vendola e anche Bruno Tabacci, allora nel centrosinistra e oggi in attesa di capire che fare con Emma Bonino.
Da quella rappresentazione sembra passato un secolo. Oggi la Cgil non farà alcuna campagna per il Pd e in verità non la farà per nessun partito. Il governo di Matteo Renzi ha reciso un cordone ombelicale che sarà difficile, anche se non impossibile, ricostruire. E oggi il sindacato guidato da Susanna Camusso si prepara all’appuntamento elettorale senza schierarsi con nessuno se non con una ipotesi larga e idealizzata di sinistra unita. “Siamo la casa della sinistra e oggettivamente siamo molto più grandi delle forze politiche che vogliono rappresentarla” è il refrain che si ascolta nelle riunioni riservate.
Questa vocazione la si riscontra nella posizione che Camusso ha assunto rispetto alle elezioni regionali augurandosi un’intesa tra Pd e Liberi ed Uguali. Dichiarazione inaspettata per lo stile della dirigente sindacale che, però, oltre a riproporre un approccio tradizionale di opposizione unita al pericolo della destra è stata intesa anche come la prova che in questa occasione non ci sono partiti privilegiati e alleanze sponsorizzate. “Casa comune” di tutti, senza preferenze.
Finito il tempo del sindacato espressione di un patto politico tra il Pci, il Psi e la “terza componente”, in cui finivano le espressioni della sinistra di minoranza, oggi la rappresentazione politica nel sindacato obbedisce alle inclinazioni personali di questo o quel dirigente, ai rapporti di questa o quella categoria con un ministro o con un settore politico. Nessun rapporto organico. E così si può trovare l’ex segretario dei Pensionati, Carla Cantone che si candida con il Pd di Renzi, essendo in buoni rapporti con Gianni Cuperlo, mentre l’ex segretario della Camera del lavoro di Milano, Onorio Rosati guiderà la lista di Liberi ed Uguali in Lombardia, in opposizione alla candidatura di Giorgio Gori.
A Corso Italia, sede della Cgil, assicurano però che non ci saranno dirigenti di rilievo che si candideranno alle politiche. Resta che le appartenenze politiche si fanno sempre meno decifrabili. Dei dieci componenti la segreteria nazionale forse due o tre sono iscritti al Pd, gli altri non hanno tessere di partito. Camusso ha giurato che non dirà per chi vota e potrebbe essere, se le intenzioni che ha rivelato solo al gruppo dirigente ristretto saranno confermate, il primo segretario generale che non si si candiderà alle elezioni al termine del suo mandato. Che sta per scadere.
Ed è questo che occupa maggiormente il dibattito interno. Il congresso nei fatti è partito anche se formalmente occorre attendere il comitato direttivo di fine marzo che licenzierà un primo documento politico. Il quale sarà discusso da assemblee territoriale in una sorta di consultazione ampia, per poi essere approvato formalmente e aprire così i congressi locali, regionali e di categoria.
Dopo molto tempo si andrà a un congresso unitario, senza contrapposizioni precostituite salvo quella della piccola minoranza de “Il sindacato è un’altra cosa”. Ma più del documento a occupare la scena sarà la contesa per la futura segreteria. I rumors interni danno per certi due candidati: l’ex segretario generale della potente Emilia Romagna, Vincenzo Colla e il più noto Maurizio Landini, già segretario Fiom e da pochi mesi componente della segreteria nazionale. Landini ci punta sul serio e spera che la discussione sulla segreteria possa uscire dal chiacchiericcio interno e far parte del dibattito ampio delle organizzazioni locali. Non proprio delle primarie organizzate ma una consultazione di decine di migliaia di delegati nella quale la sua figura possa rappresentare un motivo di orgoglio e appartenenza al sindacato.
Colla dovrebbe invece essere sostenuto dal gruppo dirigente dello Spi, i cui tesserati sono oltre la metà di quelli complessivi, ma anche dalla sua Emilia e da categorie come quella dei Chimici o degli Edili. Se Landini rappresenta una candidatura di sinistra quella di Colla è di più difficile definizione: destra interna o legata al Pd, per quanto vere, sono etichette improprie. Il problema è che manca ancora la preferenza del segretario uscente. Molti si aspettano che alla fine Camusso punti sulla giovane segretaria della Funzione pubblica, Serena Sorrentino, ma per il momento nessuno si sbilancia in questa direzione. Il problema è che tre candidature imporranno una politica di alleanze e di dialettica interna proprio nel momento in cui formalmente ci sarà un documento unitario. Chi ci ha parlato dice che Camusso non appoggerà mai Colla con la cui linea i rapporti non sono buoni. E magari potrà accadere che si realizzi un’intesa del tutto inaspettata, visti i trascorsi di questi otto anni, tra la stessa Camusso e Maurizio Landini.