La Stampa 15.1.18
Grasso detta le condizioni alla sinistra
La nuova strategia di Grasso: “Ci vuole un leader che decide”
Accordo con Zingaretti nel Lazio tagliando fuori la lista della ministra Lorenzin
E chiede a D’Alema e Bersani di fare un passo di lato in campagna elettorale
di Andrea Carugati
L’incontro
faccia a faccia, sabato. Pietro Grasso ha consegnato al presidente del
Lazio Nicola Zingaretti il documento con le tante richieste partorite
dall’assemblea romana di Liberi e uguali. Ieri il governatore ha detto
sì. Ci sono ancora parecchi dettagli da limare, ma la sostanza è che LeU
correrà a fianco di Zingaretti alle regionali del 4 marzo. «Ci sono
tutte le condizioni per costruire un’alleanza di sinistra», spiega
Grasso, che ha apprezzato il sì di Zingaretti su alcuni punti chiave
come assunzione dei precari nella sanità, stop a nuovi inceneritori,
trasporto su ferro, reddito minimo per chi perde il lavoro. «C’è anche
l’impegno, se il Consiglio di Stato a primavera dovesse bocciare
l’autostrada Roma-Latina, a rivedere quel progetto già finanziato dal
Cipe e appaltato a favore di una metropolitana di superficie», spiega
Piero Latino, coordinatore di Mdp nel Lazio. Il governatore si definisce
«contento» per la nascita di un «nuovo centrosinistra». «I prossimi -
assicura - saranno 5 anni di svolta». A sinistra però si apre una crepa:
Possibile, il gruppo che fa riferimento a Pippo Civati, si chiama fuori
dall’intesa nel Lazio: «Rispettiamo la decisione, ma vista la
contrarietà della nostra base non esprimeremo candidati nella lista di
LeU».
È il primo accordo che porta la firma di Pietro Grasso. Che
in mattinata incontra alcune associazioni di volontariato nel quartiere
romano della Garbatella. E ribadisce, dopo il botta e risposta con Laura
Boldrini sulla possibile alleanza col M5S (la presidente della Camera
si è detta contraria), che la decisione finale toccherà a lui: «Nessuno
screzio con Laura. È normale che ci sia una pluralità di idee, io
ascolto tutti, poi rifletto, poi qualcuno che prenda la decisione finale
ci deve essere», spiega il presidente del Senato, in giro per il
quartiere con jeans, scarpe sportive e giaccone di renna.
Grasso
appare sempre più intenzionato a esercitare la sua leadership da qui
alle elezioni. E anche dopo, se il risultato di LeU consentirà al
progetto di andare avanti. Nei giorni scorsi ha fatto capire ai big come
Bersani e D’Alema che gradirebbe un loro passo di lato, almeno a
livello mediatico, durante la campagna elettorale. Non certo un minore
impegno nei rispettivi collegi. D’Alema da settimane gira in lungo e in
largo il Salento e così farà Bersani una volta che si sarà deciso in
quale collegio emiliano correrà. Ma Grasso ci tiene che passi un
messaggio, soprattutto sulle tv: LeU è un progetto nuovo e il leader
sono io. Un modo, spiegano, per puntare a un elettorato giovanile che
non gradisce i vecchi leader politici. Una linea che non ha trovato
particolari resistenze nei due leader, consapevoli che Grasso, volto
relativamente nuovo sulla scena politica, può rappresentare un valore
aggiunto. «Un uomo abituato al comando», ha detto di lui D’Alema prima
di Natale. E così Grasso si sta muovendo. Tanto da prendersi ieri il
rimbrotto di Laura Boldrini, che studia sempre più da numero due della
nuova formazione: «Ha fatto bene oggi il presidente Grasso a
sottolineare il carattere pluralistico della nostra formazione. Sarebbe
del resto paradossale se LeU volesse riprodurre quelle forme di gestione
personalistica che critichiamo in altre forze politiche». Pace fatta,
dunque? Non proprio. Meglio parlare di una tregua.
L’accordo tra
Grasso e Zingaretti apre una frattura nella già fragile coalizione
attorno al Pd nazionale. LeU infatti ha chiesto al governatore di
escludere dalla coalizione gli esponenti della lista di Beatrice
Lorenzin. «Non vogliamo trasformisti, neppure nascosti dentro le liste
civiche», il diktat di Paolo Cento. Zingaretti ha escluso la presenza di
una lista Lorenzin nella sua alleanza per le regionali, e lo stop ha
irritato i centristi a livello nazionale. Lorenzo Dellai, fondatore
della lista con il ministro della Salute, è furioso. Definisce
«surreale» la vicenda e arriva a mettere in discussione l’alleanza col
Pd alle politiche: «Per noi ora si aprono pesanti ed insuperabili
questioni politiche, non siano una lista civetta “à la carte”». I
centristi ora aspettano un «segnale di chiarezza dal Pd». Al Nazareno
non si percepisce particolare preoccupazione: «Nessun rischio, si
risolve tutto», ragionano fonti dem.