il manifesto 25.1.18
Grosse koalition d’affari, export per 25 miliardi di armi
Germania.
I carri armati turchi di «Ramo d’ulivo» sono quelli della Bundeswehr
girati al «Sultano». La Linke: in quattro anni di governo Merkel-Gabriel
(Cdu-Spd) sostegno ai Paesi in guerra
di Sebastiano Canetta
BERLINO
C’è il «contratto di coalizione» Merkel-Schulz, con lo stop alla
vendita di armi per chi alimenta la guerra in Yemen. E il governo in
carica, guidato dalla medesima Groko, costretto ieri dalla Linke a
ufficializzare l’export-record di 25 miliardi di euro negli ultimi 4
anni. Tutto a beneficio anche di Arabia Saudita, Emirati Arabi ed
Egitto. Cioè gli Stati-canaglia.
SI AGGIUNGE al finto embargo al
regime di Erdogan, sempre e comunque puntellato da socialisti e
democristiani. Con la prova tv della cobelligeranza tedesca
nell’offensiva turca contro i curdi: i carri armati Leopard-2 sono
proprio quelli dismessi dalla Bundeswehr e girati alle truppe del
«sultano».
DUE SCANDALI che investono la cancelliera nel pieno
della formazione del suo quarto governo. Ma anche una grana politica per
i socialisti di Martin Schulz: la delega sugli armamenti, fino a marzo,
apparteneva all’attuale ministro degli esteri Sigmar Gabriel. Paradossi
stridenti con il pacifismo scritto nelle 28 pagine del patto d’alleanza
firmato il 12 gennaio. E soprattutto pessima pubblicità per i dirigenti
socialdemocratici impegnati a convincere gli iscritti (che voteranno il
referendum a febbraio) della bontà di continuare a governare con Mutti
fino al 2021.
TRA IL 2014 e il 2017 il governo Spd-Cdu ha venduto
agli Stati extra-Ue e Nato prodotti militari per 17,8 miliardi: il 47%
in più rispetto al secondo mandato di Merkel. Nell’elenco spiccano gli
ordini per 1,3 miliardi dell’Algeria ma viene a galla anche il
mega-business con Riyad, il Cairo e Dubai.
La “scoperta” si deve a
Stefan Liebich, deputato della Linke concentrato sul rapporto ufficiale
del ministro dell’economia. «Quattro anni fa la Spd aveva promesso di
abbandonare l’esportazione basata sul fattore economico. Ma il canale
delle armi si è aperto ancora di più» riassume Liebich sul canale Ard.
SI
AGGIUNGE al doppio-gioco sulla Turchia: i video dell’operazione
militare contro i curdi in Siria restituiscono la «manovra a pettine»
dei Leopard-2 che un ex carrista (come chi scrive) non fatica a
riconoscere. Con serventi, capicarro, piloti e cannonieri immortalati
nel battesimo del fuoco del tank prodotto da Krauss-Maffei, come ben
sanno i combattenti curdi che finora ne hanno distrutti una quindicina.
Per questo i generali di Erdogan hanno comprato da Berlino
l’aggiornamento alla versione A-6, che protegge da mine e armi
contro-carro.
Anche di questo particolare sarà chiamata a
rispondere la cancelliera. «Nelle prossime settimane dovrà spiegare al
Bundestag la responsabilità nell’escalation in Siria» puntualizza Jan
Korte della Linke.
MENTRE SI ATTENDE la giustificazione di
Gabriel: la fornitura ai turchi delle nuove corazzature e di centinaia
di mezzi usati dall’esercito tedesco è andata in porto grazie al suo
avvallo. Per questo la portavoce del gruppo disarmo dei Verdi Agnieszka
Brugger chiede a Spd e Cdu di «dichiarare chiaramente la posizione sulla
guerra contro i curdi». Anche se c’è poco da dire: a settembre alla
commissione parlamentare Gabriel ha già ammesso che solo nei primi 8
mesi del 2017 sono stati approvati ordini solo ad Ankara per 25 milioni
di euro. Molto meno dei 69 incassati l’anno precedente, ma pur sempre un
mega-stock bellico impiegato nello stesso teatro di guerra che a parole
si vuole fermare.
DIECI GIORNI fa i partner della GroKo hanno
messo nero su bianco lo «stop immediato alla consegna di armi ai Paesi
coinvolti nel conflitto in Yemen». Con il portavoce Steffen Seibert che
assicurava come la Germania «non sta prendendo decisioni fuori-linea
rispetto al risultato dei colloqui». Prima dell’evidenza del deal
denunciato dalla Linke.
NELLA REALTÀ l’unico fuso su cui cammina
la politica sulle armi di Berlino coincide con la riga dell’interesse
del made in Germany: dalla Mtu di Monaco che fabbrica i motori per gli
Eurofighter alla Diehl di Norimberga che costruisce razzi per gli F-16
Usa. Dai sottomarini “italiani” di ThyssenKrupp alle munizioni
perforanti di Rheinmetall. Fino all’Airbus militare del consorzio Eads. E
all’annunciata partnership per costruire armi «per la difesa europea»
insieme alla Francia.