il manifesto 24.1.18
Serrata totale, ma «i palestinesi sono inascoltati»
Territori.
«La mobilitazione continua. Alla fine la pessima dichiarazione di Trump
ha prodotto qualcosa di positivo: il processo di pace è davvero
finito», dice un giovane attivista in piazza
di Chiara Cruciati
RAMALLAH
Tutto sbarrato, le saracinesche di ogni negozio,di ogni banca o ufficio
di Ramallah sono chiuse. I ritardatari provvedono a andarci a metà
mattinata, mentre farmacie e panetterie restano ancora aperte.
Lo
sciopero generale è rispettato, come il richiamo al raduno in Manara
Square: «La mobilitazione continua. Non è il prosieguo delle
manifestazioni in risposta a Pence o a Trump, è parte naturale della
lotta popolare che da anni i villaggi palestinesi portano avanti – ci
spiega Maysoun, giovane attivista in piazza – Oggi non siamo molti,
forse per la pioggia o forse per una generale frustrazione: noi
palestinesi ci sentiamo inascoltati».
«Anche chi non è in piazza
però condivide il nostro pensiero – aggiunge Sami, 24 anni – e lavora
ogni giorno, nelle scuole, nelle associazioni, sui media per la stessa
causa. Alla fine la pessima dichiarazione di Trump ha prodotto qualcosa
di positivo: il processo di pace è davvero finito».
Il raduno si
conclude, i più anziani se ne vanno sventolando le bandiere, i più
giovani gridano: «Tutti a Beit El». Ad aspettarli ci sono camionette
israeliane, lacrimogeni e sassaiole.