mercoledì 24 gennaio 2018

il manifesto 24.1.18
I palestinesi all’evangelico Pence: «Cristo è giustizia per tutti i popoli»
Usa/Israele/Palestina. Per i cristiani sionisti, come il vicepresidente Usa, lo Stato di Israele è la prova che Dio mantiene le sue promesse e la biblica Eretz Israel nelle mani del popolo ebraico è un passo decisivo verso la seconda venuta di Cristo
Il vicepresidente americano Mike Pence ieri al Muro del Pianto
di Michele Giorgio


GERUSALEMME Lubna Bandak proprio non riesce ad accettare il discorso, carico di riferimenti religiosi, pronunciato dal vicepresidente americano Mike Pence lunedì alla Knesset. «Pence ha stravolto la storia e manipolato la fede cristiana – ci dice – Noi (palestinesi) cristiani apparteniamo a questa terra, la terra dove è nata la nostra fede, e siamo parte integrante del popolo palestinese». La parola di Cristo, spiega, «vuol dire giustizia e uguaglianza per tutti gli esseri umani e per tutti i popoli, non il dominio dell’uno sull’altro».
Insegnante, parte di una famiglia ortodossa tra le più antiche di Betlemme, Bandak è una dei tanti cristiani palestinesi che hanno ascoltato con sgomento le parole di Pence quando, di fatto a nome del mondo cristiano, ha riconosciuto a Israele il diritto esclusivo al controllo di Gerusalemme e della Terra Santa.
«Persone come Pence non riescono a capire che i cristiani palestinesi sono arabi, come arabi sono i musulmani palestinesi ed insieme reclamiamo i nostri diritti», aggiunge perentoria. Anche il sindaco di Betlemme, Anton Salman, un cattolico, condanna l’Amministrazione Usa. «Le affermazioni di Pence non aiutano – ha protestato – il vicepresidente americano deve sapere che i cristiani palestinesi sono parte della gente di questa terra e sostenere il loro diritto all’indipendenza, alla libertà e Gerusalemme est come capitale del loro Stato».
Il fervore religioso con il quale Pence – che ieri ha concluso la sua visita a Gerusalemme – ha motivato l’alleanza, ad ogni livello, tra gli Usa e Israele, ha approfondito il solco esistente tra la comunità palestinese cristiana e la sempre più corposa galassia cristiana sionista, un tempo confinata negli Usa e ora diffusa in tutto il pianeta, anche in Italia. I cristiani in Terra Santa affermano che la parola di Cristo significa libertà e diritti per tutti, anche per i palestinesi e non sostegno alle politiche di occupazione attuate da Israele.
Aggiungono, facendo riferimento a quanto dichiarato in queste settimane dai leader di varie chiese cristiane, che Gerusalemme non può essere la capitale solo di Israele, in ragione della sua storia e della sua importanza per tutte e tre le fedi monoteistiche.
Al contrario per i cristiani sionisti, in gran parte ma non più soltanto evangelici, Pence ha dimostrato coraggio dichiarando in modo esplicito ciò in cui loro credono: lo Stato di Israele è la prova che Dio mantiene le sue promesse e il controllo di tutta la biblica Eretz Israel (la Palestina storica) ora nelle mani del popolo ebraico è un passo decisivo verso la seconda venuta di Cristo. L’anno scorso parlando all’assemblea dell’organizzazione guidata dal pastore texano John Hagee – noto per la sua viscerale avversione all’Islam, che descrive come l’Anticristo, quindi da distruggere – Pence sostenne che «Sebbene Israele sia stato costruito da mani umane, è impossibile non sentire che nella sua storia c’è la mano del cielo».
David Parsons, portavoce della cosiddetta Ambasciata Cristiana Internazionale di Gerusalemme, la “sede diplomatica” sin dagli anni Ottanta dei cristiani sionisti, dice che Pence, un tempo cattolico ora evangelico, deve essere considerato «uno dei loro». Che il Cristianesimo sionista sia in costante crescita lo conferma, tra le altre cose, la partecipazione sempre più numerosa alla marcia annuale nelle strade di Gerusalemme per la festività ebraica del Succot alla quale prendono parte molte migliaia di persone di ogni continente.
Un appuntamento che vuole afferma il controllo esclusivo di Israele sulla Terra Santa. Sono un indicatore importante anche i 65 milioni di copie vendute, non solo negli Stati Uniti, dei libri del reverendo Tim LaHaye (morto due anni fa) coautore con Jerry Jenkins della serie di bestseller apocalittici “Left Behind”: 16 romanzi basati sui libri di Isaia, Ezechiele e dell’Apocalisse, particolarmente apprezzati dai cristiani sionisti proprio per i riferimenti che contengono sul ruolo dello Stato di Israele nella realizzazione dei disegni divini.
Da parte loro i leader politici israeliani raccolgono a piene mani questo sostegno, sorvolando su un punto, non insignificante, delle teorie dei cristiani sionisti: tra gli ebrei in Eretz Israel si salveranno solo quelli che abbracceranno Gesù Cristo.