il manifesto 24.1.18
Imprevedibile Rosatellum, nominati ma scelti a caso
Legge
elettorale. Il paradosso di un sistema bloccato che non garantisce
certezze sull’assegnazione effettiva dei seggi. Ecco perché per i
partiti e per le coalizioni è così difficile compilare le liste
I simboli elettorali presentati al Viminale
di Andrea Fabozzi
Manca
più di un mese alle elezioni e la nuova legge elettorale sta già
facendo sentire i suoi effetti. Pesanti, vista la difficoltà di partiti e
coalizioni a chiudere le liste elettorali. L’operazione non è mai stata
semplice, con il Rosatellum pare impossibile. Perché il nuovo sistema
combina le caratteristiche del voto bloccato, quello che permette ai
leader di scegliere in anticipo deputati e senatori, a un complicato
sistema di attribuzione dei seggi che smonta sul nascere le certezze dei
capi partito. In teoria le liste sono riempite di «nominati», in
pratica le nomine sono affidate al caso (assai più che agli elettori).
Per
un terzo, deputati e senatori saranno eletti nelle sfide uninominali,
quelle dove conquista il seggio chi prende anche un solo voto più del
secondo. In teoria è una gara, in pratica il risultato è deciso in
anticipo dalla forza del partito in quel territorio. Infatti le liste si
fanno dopo aver visto gli ultimi sondaggi nei collegi, calando i
prescelti nei posti sicuri. Cioè si assegna il collegio al candidato, e
non il candidato al collegio come da propagandato «spirito
dell’uninominale». Problema: i collegi sicuri non bastano; soluzione: le
pluricandidature. Chi corre nell’uninominale si presenta anche come
capolista nel proporzionale. Non una, ma fino a cinque volte. Nel caso
delle liste che non hanno chance di vittoria nei testa a testa il
proporzionale è un obbligo e la candidatura nell’uninominale serve solo a
tirare voti sul simbolo – il Rosatellum infatti prevede un solo voto
per i due sistemi.
Ma neppure una candidatura da capolista al
plurinominale basta per chi «deve» essere eletto, neanche in un collegio
che sulla carta è «sicuro». Perché il sistema con cui il Rosatellum
assegna deputati e senatori non garantisce che il risultato sul
territorio sia effettivamente rispettato. Intanto il riparto dei seggi
per ogni lista è fatto a livello nazionale. È lì che si decide quanti
parlamentari avrà una lista, a prescindere dal suo risultato nelle
circoscrizioni. Facciamo un esempio: se Liberi e Uguali prende l’8,5%
dei voti validi in Toscana, non per questo conquista con certezza due
seggi nel proporzionale in quella regione (l’8,5% dei 24 seggi in
palio). Va così solo se quei due seggi sono compatibili con il numero
totale dei seggi che spettano a LeU a livello nazionale. Ma anche
ammesso che siano due, non è detto che all’interno della circoscrizione
Toscana scattino i seggi nei collegi plurinominali dove la lista ha
conquistato le percentuali maggiori. Perché l’attribuzione finale deve
tenere conto del calcolo dei resti e delle compensazioni che una lista
«eccedentaria» (che si trova con più eletti nella circoscrizione
rispetto a quelli che le spettano nazionalmente) deve fare in favore
delle liste «deficitarie». Conclusione: per essere sicuri dell’elezione,
i leader sono costretti a pluricandidarsi come capilista in più collegi
della stessa circoscrizione.
Il risultato non è bello, anzi, ma
non è ancora tutto. Perché è il seggio che la lista ha conquistato con
la minore cifra elettorale percentuale a eleggere effettivamente il
candidato che non ce l’ha fatta nell’uninominale e che si è candidato
anche in più collegi proporzionali. Negli altri scatterà il secondo in
lista. O la seconda, perché la legge impone l’alternanza di genere
complicando ancora i piani di chi compila le liste. Per avere qualche
garanzia bisognerebbe pluricandidare anche i secondi e i terzi in lista.
Non è detto che non vedremo anche questo.