il manifesto 24.1.18
Leu, regioni in rivolta per le liste
Verso
il voto 2018. Sardegna, Sicilia e Abruzzo in ebollizione per le liste
imposte ’dal centro’. Slitta l’ok di Grasso, la lunga notte delle
trattative. Il caso dei portavoce, quello dei «catapultati», Ed è subito
sindrome da nominati da era Porcellum
di Daniela Preziosi
Alle
cinque della sera Maurizio Migliavacca, uomo macchina delle liste di
Mdp e da sempre uomo di assoluta fiducia di Bersani, telefona a Piero
Grasso. A via Zanardelli, la sede nazionale di Mdp, alle sei è convocata
la riunione degli sherpa di Leu, alle otto le liste vanno consegnate al
presidente del senato per l’ok finale.
Ma a quest’ora, e siamo
alle cinque, solo cinque regioni hanno consegnato le liste complete. Dal
resto della penisola arrivano documenti, comunicati, notizie di
assemblee permanenti contro i «catapultati» da Roma. Malumori in
Calabria e in Toscana. Ma le agenzie parlano di territori in
ebollizione: Sardegna, Sicilia, Abruzzo. Qualche contestazione al
momento delle liste è fisiologica. Ma stavolta il limite di guardia è
pericolosamente vicino per una forza ancora da costruite. La riunione
degli sherpa slitta alle 23. Da lì inizia la notte più lunga di Leu,
movimento nato da Mdp, Sinistra italiana e Possibile su una promessa di
partito comune.
DI «RIVOLTA» parlano i titoli dei siti online
siciliani, terra di Grasso. Lì si è appreso della candidatura dell’ex
segretario Cgil Epifani (Mdp) al proporzionale nei collegi di Catania,
Siracusa e Messina. «Mi auguro sia una fake news. Sarebbe una scelta
mortificante per il territorio e deleteria per il delicatissimo lavoro
svolto fino a oggi, quello di creare un gruppo di donne e uomini che
credono nella politica come mezzo per costruire giorni migliori e non
come un fine per occupare le istituzioni», avverte il civatiano Danilo
Festa.
VA PEGGIO IN SARDEGNA. Anche lì è rivolta, in questo caso
contro Claudio Grassi, di Sinistra italiana. È un comunista emiliano di
lungo corso: ex cossuttiano passato nelle file di Bertinotti ai tempi
della rottura con Prodi (1998), poi a capo della minoranza del Prc di
Paolo Ferrero, ora al fianco di Nicola Fratoianni. Da Cagliari viene
spedito al nazionale un comunicato, parla di «elementi di mortificazione
del processo partecipativo alla formazione delle liste» di «mina alle
fondamenta di un soggetto politico unitario». Si minaccia il ritiro in
massa delle candidature. Fra le molte firme c’è quella dell’ex deputato
Michele Piras. Ma soprattutto quella di Yuri Mario Marcialis, assessore
comunale e colonna della scissione dal Pd in Sardegna. Al telefono c’è
chi chiarisce: «Se non rinsaviscono le liste se le fanno da soli. E i
voti se li vengono a cercare loro».
L’ABRUZZO È UN ALTRO CASO
spinoso. I nomi proposti dall’assemblea regionale, una ventina, sono
tutti rocciosamente radicati nel territorio (fra gli altri il deputato
Gianni Melilla, l’assessora Marinella Sclocco, il sindaco di Giulianova
Mastromauro e dal vicesindaco di Vasto Paola Cianci). Ma da Roma vengono
ignorate . E a capo dei due listini proporzionali sono indicati la
deputata calabrese Celeste Costantino (Si), e il deputato molisano
Danilo Leva (Mdp). La replica dell’assemblea di Leu, ieri riunita
d’emergenza, è dura: così «sarà difficilissimo, se non impossibile,
garantire persino il mantenimento delle candidature nel maggioritario
tra le disponibilità ricevute».
FUOCHI DI MALESSERE arrivano da
molte altri parti. La calabrese Anna Falcone, già attivista del
Brancaccio, ha un posto garantito in Friuli e a Sondrio in Lombardia, il
medico di Lampedusa Pietro Bartolo in Lombardia, tanto per fare esempi
in cui è andata a farsi benedire la «territorialità» votata in pompa
magna nell’assemblea del 7 gennaio come criterio per non trasformare i
candidati negli ennesimi nominati. Poi c’è la questione dei ’portavoce:
Grasso avrebbe imposto il suo, Alessio Pasquini. Mpd avrebbe messo in
lista (anche se difficilmente eleggibile), l’ex di Franceschini, Piero
Martino, deputato uscente. E Sinistra italiana un ’comunicatore’ di
nuova generazione, il giovane Claudio Riccio, pugliese ma spedito in
Toscana.
DALLE STANZE delle trattative ieri sera non si muoveva
nessuno. Nel tentativo di correre ai ripari. Ma senza perdere le
posizioni ormai acquisite nel patto di ferro fra Mdp e Si, con Possibile
a fare la parte della cenerentola. E Civati a chiedere l’apertura alla
società impegnata e a sentirsi rispondere: «Ottima idea: ma al posto dei
tuoi».
IL RAGIONAMENTO che viene svolto è semplice: l’8 per cento
ipotizzato (e non è poco) garantisce l’elezione di 38/40 tra deputati e
senatori. La lotteria Rosatellum costringe alle pluricandidature per
essere certi delle elezioni. Tolti tre segretari (Fratoianni, Speranza,
Civati), sei della quota Grasso, Laura Boldrini, e i tre di Civati, ne
restano circa 25. Ovvero 16 a Mdp (big compresi), 9 a Si: questa la
proporzione. Con questi numeri a essere garantiti sono i noccioli duri
(cioè vicini ai segretari) dei due gruppi uscenti. Con buona pace dei
territori. A meno che la notte non porti consiglio.