il manifesto 23.1.18
Pedofilia, Bergoglio si scusa ma su Barros non torna indietro
Di
ritorno dal Cile. Il papa chiede perdono alle vittime per aver usato il
termine «prova», «parlerei piuttosto di evidenza» e sul caso del
vescovo di Osorno «non c'è. Ma sono anche convinto che sia innocente»
di Luca Kocci
Ha
chiesto scusa alle vittime dei preti pedofili per le parole «infelici»
usate in Cile, ma papa Francesco si è infilato in un vicolo cieco da cui
non riesce ad uscire – nemmeno con la sottigliezza gesuitica con la
quale distingue le «prove» dalle «evidenze» – e che sta minando
profondamente la sua immagine di fautore della «tolleranza zero» (dice
di aver ricevuto 25-30 domande di grazia da preti pedofili e di non
averne firmata nessuna) e, più in generale, di pontefice dalla parte
delle vittime sempre e comunque.
Ieri, durante la conferenza
stampa sull’aereo che da Lima lo ha riportato a Roma dopo il viaggio
apostolico in Cile e Perù, c’è stata un’ulteriore puntata del caso di
monsignor Juan Barros, il vescovo di Osorno (Cile) che, nonostante da
più parti sia accusato di aver coperto gli abusi sessuali sui minori
dell’anziano ex parroco don Fernando Karadima (di cui Barros è stato
discepolo), Francesco difende a spada tratta, sebbene le associazioni
delle vittime e mezza diocesi ne chiedano la rimozione. Come ha fatto,
per esempio, nel suo ultimo giorno in Cile, a Iquique, rispondendo ai
giornalisti: «Quando mi porteranno una prova contro il vescovo Barros,
allora parlerò. Fino ad ora non c’è una prova, sono tutte calunnie».
Tanto da prendersi anche i rimproveri del cardinale statunitense Sean
O’Malley, presidente della commissione della Santa sede contro gli abusi
sui minori voluta proprio da papa Francesco (appena “scaduta”, verrà
rinnovata a giorni) e vescovo di Boston, inviato lì per “fare pulizia”
dopo il caso Spotlight, il mega-scandalo pedofilia nella diocesi guidata
dal suo predecessore, il cardinal Bernard Law. «È comprensibile» che le
parole di papa Francesco siano state «fonte di grande dolore per le
vittime degli abusi sessuali da parte del clero», ha detto O’Malley.
L’impressione che queste parole trasmettono è che il papa le stia
«abbandonando», perché «comunicano il messaggio che se non puoi provare
le tue affermazioni, allora non sarai creduto».
Inevitabilmente,
sul volo Lima-Roma, molte domande – a cui Francesco non si è sottratto –
insistevano sulla vicenda. «Devo chiedere scusa, perché la parola
“prova” ha ferito tanti abusati. Non era la migliore per avvicinarmi a
un cuore addolorato. Chiedo loro scusa se li ho feriti senza
accorgermene e senza volerlo. Il papa che dice in faccia “portatemi una
prova è uno schiaffo”, mi accorgo che la mia espressione non è stata
felice, non ci ho pensato», ha ammesso Francesco. «La parola “prova” non
era la migliore per avvicinarmi a un cuore addolorato. Io parlerei
piuttosto di “evidenza”. So che molta gente abusata non può portare una
prova o ne ha vergogna e soffre in silenzio. Il dramma degli abusati è
tremendo».
Tuttavia, nel merito della situazione del vescovo
Barros, Francesco non è arretrato di un millimetro. «È un caso che ho
studiato e ristudiato. E non ci sono evidenze per condannare. Se
condannassi senza evidenza, senza certezza morale, commetterei un
delitto di cattivo giudizio», ha ribadito. «Molti hanno chiesto le
dimissioni di Barros e lui ha dato le dimissioni, è venuto a Roma e io
gli ho detto: no, così non si gioca, è come ammettere la colpevolezza
previa. Quando poi è stato nominato a Osorno, e c’è stato il movimento
di protesta, lui ha dato le dimissioni per la seconda volta e io gli ho
detto: no, vai avanti. Ho parlato a lungo con lui, altri hanno parlato a
lungo con lui. Non posso condannarlo se non arrivano evidenze. Ma sono
anche convinto che sia innocente».
Non ha dubbi Luis Badilla,
direttore del blog Il sismografo (indipendente, ma ben accreditato in
Vaticano) e profondo conoscitore della realtà cilena (ha collaborato al
governo Allende, prima di lasciare il Paese come esule): «La prima cosa
da fare, per ripristinare serenità e rispetto reciproco e avviare una
soluzione adeguata della questione, è chiara. Il vescovo di Osorno,
monsignor Barros, deve rinunciare, e il papa dovrebbe accettare subito
questa decisione del presule». Ma Francesco, stavolta, sembra
preoccupato soprattutto di salvaguardare l’istituzione.