martedì 23 gennaio 2018

Corriere 23.1.18
«Uno schiaffo alle vittime le mie parole sugli abusi Mi scuso, ma senza evidenza non si può condannare»
Francesco e il caso cileno. «Per il momento Barros resta lì»
di Gian Guido Vecchi


Dieci aerei in sette giorni, trentamila chilometri e una quarantina d’ore in volo, sei località tra Cile e Perù dalla terra dei Mapuche all’Amazzonia al Pacifico. «È stato un viaggio “pasteurizado”, pastorizzato come il latte. Dal freddo al caldo, tutti i climi. Stanca…». Francesco sorride ai giornalisti in aereo, un po’ tirato. Non è solo stanchezza, c’è una cosa che gli sta a cuore chiarire in tema di pedofilia nel clero. «Devo chiedere scusa agli abusati. Il Papa che dice in faccia “portatemi una prova” è uno schiaffo, mi accorgo che la mia espressione non è stata felice, li ho feriti e mi fa dolore». Alcune vittime cilene chiedono da anni la rimozione del vescovo Juan Barros, discepolo del pedofilo madre Karadima e accusato di averlo coperto. Francesco ha difeso Barros in Cile, rispondendo a cronisti locali, «non c’è l’ombra di una prova, sono calunnie». Il cardinale Sean O’Malley, presidente della commissione per la tutela dei minori, lo ha criticato: «Le parole che trasmettono il messaggio “se non riesci a dimostrare, non sarai creduto”, abbandonano i sopravvissuti all’esilio e al discredito». Il Papa ha appena visto il cardinale alla messa di Lima: «La dichiarazione di O’Malley è stata molto giusta, ha detto il dolore delle vittime e che ho sempre usato la tolleranza zero, l’ho ringraziato».
Santità, ha parlato di «dolore e vergogna» per gli abusi. Perché crede a Barros più che alle vittime?
«Benedetto XVI ha iniziato la linea della tolleranza zero e io la proseguo. In cinque anni avrò ricevuto 25-30 richieste di grazia ma non ne ho mai firmata una. Barros è un caso che ho fatto investigare. Non c’è evidenza di colpevolezza, c’è coerenza nell’altro senso. Ma la parola “prova” ha creato un po’ di confusione. Parlerei di “evidenza”. So che molta gente abusata non può portare una prova o ne ha vergogna e soffre in silenzio. Ma se condannassi senza evidenza, senza certezza morale, commetterei un delitto di cattivo giudizio. Barros era vescovo da vent’anni, per due volte ha dato le dimissioni, è venuto a Roma e io gli ho detto: no, così è come ammettere una colpevolezza previa, vai avanti. Ho parlato a lungo con lui. Attendo una evidenza per condannarlo, “nemo malus nisi probetur”, nessuno è cattivo se non è provato. Sono anche convinto sia innocente».
La testimonianza di una vittima non è una evidenza?
«Lo è sempre. Ma nel caso di Barros non ci sono evidenze che abbia coperto abusi. Se non arrivano, rimarrà lì. Io non ho sentito nessuna vittima di Barros, non si sono presentate. Se una persona mi dà evidenze, ho il cuore aperto».
E la reazione delle vittime?
«Chiedo scusa, perché la parola “prova” ha ferito tanti abusati, senza accorgermene e senza volerlo. E mi fa dolore perché in Cile ho ricevuto delle vittime, so quanto soffrono».
O’Malley ha detto che le sue parole sono state «fonte di dolore».
«Mi ha fatto pensare che la parola “prova” fosse un’espressione infelice. “Calunnia”? Se uno accusa con pertinacia e senza averne evidenza, è calunnia».
In Amazzonia ha denunciato interessi economici ma anche un ambientalismo contro l’uomo: esiste?
«Sì, credo di sì. Per proteggere la foresta, alcune tribù sono rimaste escluse. E la foresta ha finito per essere sfruttata».
In Perù i politici hanno defraudato il popolo: corruzione, indulti…
«Nei paesi in America latina ci sono tanti casi di corruzione. Anche in alcuni d’Europa. Il peccato non mi fa paura, tutti siamo peccatori, ma la corruzione sì, è la distruzione della persona. I politici hanno molto potere, va di moda parlare dello scandalo Odebrecht, ma è solo un esempio del campionario. Anche un imprenditore che paga metà del dovuto, il lavoro schiavo, lo sfruttamento sessuale è corruzione».
E nella Chiesa? Come nell’associazione Sodalizio (il fondatore era un criminale pedofilo, ndr) in Perù…
«Nella Chiesa c’è corruzione? Sì. Il Sodalizio è stato commissariato, il fondatore condannato. Si è appellato alla suprema corte della Santa Sede ed è stata l’occasione perché altre vittime facessero denuncia anche civile: sono emerse cose molto più gravi ed è intervenuta anche la giustizia civile, che in questi casi di abuso è sempre conveniente, è un diritto. Benedetto XVI non tollerava queste cose e io ho imparato da lui a non tollerarle».
Ha celebrato un matrimonio in volo tra una hostess e uno steward sposati civilmente e con due figlie: cosa direbbe ai parroci?
«Uno di voi mi ha detto che io sono matto a fare queste cose. Ma i sacramenti sono per gli uomini. Io li ho interrogati, erano preparati, hanno fatto i corsi prematrimoniali. Tutte le condizioni erano chiare, si sono confessati, perché rimandare ancora? C’è chi ha detto che avevano già l’intenzione di chiedermelo, non so se sia vero, ma dite ai parroci che il Papa li ha interrogati bene, ed erano coscienti della loro situazione».
Cosa pensa delle cardinale Maradiaga sulla gestione dei soldi nella diocesi?
«Il cardinale ha fatto una dichiarazione filmata, c’è un video. Io dico quello che lui ha detto».