martedì 23 gennaio 2018

Corriere 23.1.18
La prima volta in pubblico da parte di un Pontefice
di Luigi Accattoli


Wojtyla appena eletto aveva detto «se mi sbaglio mi corrigerete» ma si riferiva alla lingua italiana, non ad atti o discorsi. Ecco invece Papa Bergoglio che si scusa di una dichiarazione sugli «abusati» fatta in Cile, quando ebbe a dire che se non ci sono «prove» le loro accuse sono «calunnie»: «la parola “prova” è quella che mi ha tradito. Ho fatto confusione: non volevo parlare di “prove”, quanto di “evidenze”». E ancora: «Devo chiedere scusa perché la parola “prova” ha ferito: ha ferito tanti abusati». Si aveva notizia di Papi che chiedevano scusa in privato per una parola sbagliata o inopportuna, detta poniamo a un collaboratore, ma mai in pubblico, almeno nei tempi recenti. Inoltre con gli ultimi Papi, da Montini a oggi, sono state tante le richieste di scuse per fatti storici — guerre di religione, roghi di eretici, caso Galileo — o per colpe altrui, dalla pedofilia al genocidio del Rwanda, ma non si ricorda una tale scusa per un proprio passo falso, piccolo o grande. Neanche di Francesco, esternatore spericolato, si raccontano precedenti pubblici. L’autocritica non gli è sconosciuta. Con disinvoltura si sbaglia e si corregge, su date, nomi, fatti. Spesso precisa: «Questo non lo so con esattezza: controllate». Oppure cita un predecessore e aggiunge: «Non ricordo quale Papa l’abbia affermato». Ha persino detto, in un’intervista: «A volte prendo delle cantonate». Ma le scuse in diretta, per un fatto di una certa rilevanza, le abbiamo viste e sentite solo ieri. Tante volte i Papi hanno dovuto rimediare a qualche parola audace, ma la correzione di tiro non veniva mai presentata come richiesta di scuse. Dopo la lectio di Regensburg sul rapporto tra Islam e violenza Benedetto XVI corse ai ripari con una dichiarazione del cardinale Bertone, nel 2006: «Il Santo Padre è vivamente dispiaciuto che alcuni passi del suo discorso abbiano potuto suonare come offensivi della sensibilità dei credenti musulmani». Era di fatto una richiesta di scuse ma questa parola nella nota del Segretario di Stato non veniva usata.