il manifesto 19.1.18
Esercito nei sobborghi palestinesi di Gerusalemme est
Gerusalemme.
I comandi militari stanno esaminando la possibilità che la Brigata
Binyamin assuma il controllo di Kufr Akab e del campo profughi di
Shoufat dove gli abitanti hanno tutti la residenza ufficiale a
Gerusalemme.
di Michele Giorgio
GERUSALEMME Tagliati fuori
da Gerusalemme, pur essendo ufficialmente residenti nella città, dopo
la costruzione del Muro israeliano. Abbandonati al loro destino
dall’amministrazione comunale e senza servizi già da diversi anni, le
decine di migliaia di palestinesi che vivono nel sobborgo di Kufr Akab e
nel campo profughi di Shoaffat presto potrebbero vedere nelle loro
strade i mezzi blindati dell’esercito israeliano. Lo rivelava ieri il
quotidiano Haaretz confermando indirettamente l’intenzione delle
autorità israeliane di ridurre il numero dei palestinesi a Gerusalemme
dichiarata il mese scorso da Donald Trump come la capitale d’Israele. La
notizia arriva mentre il Vaticano torna a chiedere uno statuto speciale
internazionalmente garantito per la città santa «nel pieno rispetto
della natura peculiare di Gerusalemme il cui significato – ha scritto
papa Bergoglio in una lettera indirizzata a Ahmad al Tayyib, Grande Imam
della moschea di Al-Azhar al Cairo – va oltre ogni considerazione circa
le questioni territoriali…per preservarne l’identità, la vocazione
unica di luogo di pace alla quale richiamano i Luoghi sacri, e il suo
valore universale».
Kufr Akab e Shoaffat con l’arrivo delle truppe
israeliane si troverebbero nella stessa condizione dei centri
palestinesi dell’Area C, il 60% della Cisgiordania occupata nel 1967
sulla quale Israele continua ad avere un controllo completo, civile e di
sicurezza. Haaretz aggiunge che i comandi militari stanno esaminando la
possibilità che la Brigata Binyamin, responsabile della zona di
Ramallah, assuma il controllo del sobborgo e del campo profughi, in
collaborazione con il Cogat, l’ufficio di coordinamento delle attività
civili del governo israeliano nei terrritori palestinesi occupati.
Secondo gli israeliani Kufr Akab e Shoaffat sono ormai terre di
criminalità e traffici illegali, tanto da richiedere l’intervento
dell’esercito. Ma è stata proprio la politica di Israele a trasformarli
in una giungla, visto che da anni agli abitanti sono negati servizi
essenziali e non viene permesso di far riferimento all’Autorità
nazionale palestinese (Anp). Le ambulanze israeliane non ci vanno perché
sarebbe pericoloso, l’illuminazione pubblica è quasi inesistente, la
raccolta dei rifiuti è affidata a privati lavorano poco e male e il
degrado è diffuso. Il percorso del Muro ha segnato il destino anche di
altri sei sobborghi palestinesi di Gerusalemme che si trovano sull’altro
lato della barriera. I loro abitanti corrono il rischio di perdere,
presto o tardi, la residenza nella città santa. Amaro il commento di
Ayman Odeh, leader della Lista araba unita al possibile impiego
dell’esercito. «È una mossa pensata per sradicare 100.000 palestinesi da
Gerusalemme – ha detto – e per spaccare la zona araba della città in
piccole entità composte da villaggi e quartieri separati».
Con
l’impiego dell’esercito trova una prima attuazione il piano suggerito
l’anno scorso al premier Netanyahu da una deputata del Likud, Anat
Berko, di creare sul terreno le condizioni per «trasferire» all’Anp i
sobborghi palestinesi di Gerusalemme Est nel quadro di una soluzione in
due fasi: la loro trasformazione in “Area B” (amministrazione civile ai
palestinesi e sicurezza a Israele) in un primo momento e, tra qualche
anno, in “Area A” (controllo pieno palestinese). In tal modo 200mila
palestinesi saranno espulsi da Gerusalemme. Ne ricaverebbero un
vantaggio, ha spiegato Berko, anche lo Stato e il Comune di Gerusalemme
non più chiamati a garantire assistenza sanitaria, sociale e ambientale a
un numero così alto di «arabi».
Intanto ieri sera a Jenin si
scavava ancora tra le macerie di una abitazione abbattuta dall’Esercito
per recuperare il corpo di un secondo palestinese rimasto ucciso durante
un raid di una unità speciale israeliana. Secondo i media locali uno
dei due sarebbe Ahmad Jarrar, 24 anni, uno dei responsabili dell’agguato
mortale nella zona di Nablus in cui il 9 gennaio è caduto il colono
israeliano Raziel Shevack. Hamas ha parlato di Jarrar come di un suo
«martire» ma a Jenin alcuni sostengono che il giovane sarebbe riuscito a
fuggire prima dell’arrivo dei soldati israeliani.