Corriere 19.1.18
L’appello di rabbini e scrittori «Nascondiamo rifugiati in casa»
In memoria di Anne Frank, lettera al governo: israeliano fermi i rimpatri di africani
di Davide Frattini
GERUSALEMME
Gli appartamenti di Tel Aviv, Gerusalemme o Haifa come l’alloggio
segreto di Prinsengracht 263 ad Amsterdam. I rifugiati eritrei e
sudanesi da proteggere come Anne Frank. Un gruppo di rabbini ha lanciato
una campagna per accogliere i clandestini e impedire che siano
deportati da qui a un paio di mesi, rispediti all’orrore che avevano
sperato di lasciarsi dietro.
L’idea di ispirarsi alla ragazza
ebrea morta nel campo nazista di Bergen-Belsen — dopo essere rimasta
rintanata con la famiglia per quasi due anni — è venuta a Susan
Silverman, rabbina progressista immigrata da Boston nel 2006 e sorella
della comica americana Sarah. È anche tra le leader del movimento che
vuol permettere alle donne di pregare come gli uomini, di recitare la
Torah ad alta voce davanti al Muro del Pianto.
All’incontro
organizzato a Gerusalemme dall’organizzazione Rabbini per i diritti
umani, Silverman ha chiesto alle 130 persone presenti quante di loro
avrebbero nascosto un rifugiato. Tutti hanno alzato la mano.
La
legge israeliana li chiama «infiltrati» e in realtà non se ne infiltrano
più dal 2012, da quando il premier Benjamin Netanyahu ha dato ordine di
costruire la barriera al confine con l’Egitto. Gli eritrei sono stati
contrabbandati dai beduini — per loro una merce come un’altra assieme
alla droga e alle armi — attraverso la penisola del Sinai, marce forzate
a digiuno per fuggire dalla dittatura che ad Asmara li costringe a
prestare il servizio militare senza data di scadenza.
L’Eritrea
non è in guerra ma il presidente Isaias Afwerki sfrutta la propaganda di
un altro possibile conflitto con l’Etiopia per schiavizzare attraverso
la divisa l’intera popolazione.
In Israele sono rimasti bloccati
quasi 33 mila irregolari (3 mila bambini sotto ai sei anni sono nati
qui), in 10 mila hanno richiesto asilo, lo status e i documenti
riconosciuti dalle Nazioni Unite permetterebbero loro di andarsene in un
altro Paese. Solo in dieci lo hanno ottenuto, gli altri stanno ancora
aspettando. Bloccati in un limbo legale e in una gabbia di miseria.
Il
governo di destra ha deciso di cacciarli anche se rappresentano meno
della metà dell’1 per cento della popolazione: è il numero minimo
ricordato dai 35 romanzieri che hanno firmato un altro appello inviato
due giorni fa al primo ministro e ai parlamentari. «Vi imploriamo di
fermare la deportazione di uomini e donne che portano le cicatrici sul
corpo e nell’anima — scrivono gli intellettuali, tra loro Amos Oz, David
Grossman, Abraham Yehoshua, Etgar Keret, Zeruya Shalev —. La nostra
storia come popolo ebraico si rivolta nella tomba e avete il privilegio
di poter interrompere questa vergogna».
Perché se ne vadano il
ministero degli Interni offre ai migranti quasi 3000 euro e il biglietto
aereo verso una nazione africana. L’Alto commissariato per i rifugiati
dell’Onu ha avvertito Israele di non rimandarli nell’area sub-sahariana
dove rischiano di finire un’altra volta incatenati dai trafficanti di
esseri umani. L’alternativa per chi non accetta di prendere il volo è la
detenzione senza limite di tempo.
Silverman ricorda i non-ebrei
che hanno rischiato la vita per salvare la vita di chi era braccato dai
nazisti, vuole accompagnare i richiedenti asilo al Memoriale della Shoah
— dove vengono celebrati questi Giusti tra le nazioni — «in una marcia
per risvegliare la coscienza del mondo ebraico». Racconta di un giovane
eritreo che ha saputo dell’Olocausto leggendo il Diario e ha intrapreso
il viaggio pericoloso verso Israele convinto «che il popolo di Anne
Frank mi avrebbe accettato e protetto».