mercoledì 31 gennaio 2018

Il Fatto 31.1.18
“Scordatevi la verità su Giulio Regeni”
Hazem Hosni - Il docente universitario e le elezioni: “In Egitto la democrazia è morta”
di Piefrancesco Curzi


Al presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi piace usare bastone e carota. Da una parte toglie pezzi di libertà e democrazia, dando il via libera attraverso apparati dello Stato a misure rigide nei confronti dei suoi antagonisti politici; dall’altra, trasformandosi in benefattore, non fa una piega alla decisione della Corte del Cairo che ieri ha ridotto da tre anni a un mese la condanna di Osama Morsi, figlio di Mohamed, leader della Fratellanza Musulmana.
Restano vivi i segni della deriva autoritaria del regime nell’ultima settimana, quella che ha portato alla presentazione delle candidature per le presidenziali di marzo (26-28, eventuale ballottaggio a fine aprile). Su tutti l’arresto del generale Sami Anan: “Il presidente al-Sisi – attacca Hazem Hosni, docente universitario, portavoce e responsabile della campagna elettorale dell’ormai ex candidato Anan – non si ferma davanti a nulla, ha deciso di spazzare via ogni resistenza, chi non gli va a genio viene arrestato o rischia di essere ucciso. Voleva uno sfidante? Eccolo (Hosni si riferisce a Moussa Mustafa Moussa, vicino ad al-Sisi, iscritto quindici minuti prima della scadenza dei termini, ndr), un candidato-decorazione piuttosto. In Egitto la democrazia è morta, ma è necessaria una reazione a questo stato di cose. La gente da sola non ce la può fare, ha bisogno dell’appoggio di pezzi dello Stato. Margini per un ritorno in politica di Anan? Lo escludo”.
Tra martedì e sabato scorsi, Hosni ha vissuto nella paura che qualcosa di brutto potesse accadere anche a lui. Prima Sami Anan, arrestato per strada, poi il suo vice, Hisham Ghenina, che stava per essere rapito da presunti criminali comuni: “Siamo riusciti a metterci in contatto col generale Anan, di cui per tre giorni non abbiamo più saputo nulla – aggiunge il suo portavoce – ha detto di star bene e di essere tenuto in una struttura militare, ma non sappiamo quale. C’è poi la storia di Ghenina, sfuggito ad un rapimento per un colpo di fortuna: i criminali, dopo aver bloccato la sua vettura, con dentro anche sua moglie, non sono riusciti a portarlo via perché si era incastrata la cintura di sicurezza. La matrice dell’attacco? Faccia lei, le dico soltanto che Ghenina, un avvocato, stava andando in tribunale per un caso contro il presidente al-Sisi”.
Gli altri candidati sono spariti come foglie al vento. L’ex premier Shafiq non è mai rientrato in Egitto dagli Emirati, il nipote di Anwar Sadat si è tirato fuori dalla lotta due settimane fa e Khaled Alì, l’avvocato attivista ha annunciato il suo ritiro due giorni dopo l’arresto di Anan “a causa di un clima elettorale deteriorato”. Egitto, specie in questi giorni a cavallo tra gennaio e febbraio, significa anche Giulio Regeni. Le parole di Hazem Hosni non lasciano spazio all’ottimismo: “Fino a quando il Paese sarà guidato da Abdel Fattah al-Sisi la verità giudiziaria non verrà mai fuori. La famiglia deve mettersi l’anima in pace. I metodi del regime li conosciamo bene e quanto accaduto al vostro connazionale ne è la prova. Possiamo tutti immaginare come siano andate le cose, ma non vi aspettate i nomi di mandanti ed esecutori. Non è bastata la fine orribile di Regeni, gli apparati di sicurezza hanno sulla coscienza anche la fine dei cinque uomini accusati di essere gli assassini dello studente. Erano innocenti, chiedo giustizia anche per loro”.