Il Fatto 19.1.18
Milena Gabanelli
“Altro che bufale, sono più pericolose le scelte dei politici”
intervista di Carlo Tecce
Milena
Gabanelli, il Viminale e la Polizia hanno presentato un progetto per
contrastare la diffusione delle fake news in campagna elettorale: non si
sta esagerando?
Se la polizia postale risponde velocemente ad un
cittadino che chiede se è vero o no che c’è stato un attentato a
Canicattì, benissimo. È un po’ esagerato metterla giù così pomposa,
quando la polizia postale fa già questo di professione. C’è un aspetto
deterrente: magari qualcuno si spaventa a raccontare palle e ne racconta
meno. Terza ipotesi: il Viminale sa che c’è in corso una campagna
sotterranea e mirata di disinformazione, e si sta attrezzando. Ma questo
si può fare senza grandi annunci, credo.
Dagli Stati Uniti
importiamo moniti sul rischio dell’inquinamento del voto per colpa di
fake news confezionate dai russi: possono davvero influenzare le scelte
degli italiani?
Mi preoccupano di più le scelte dei politici.
Lei
ha studiato profondamente il fenomeno delle fake news e ha scritto che è
“difficile e pericoloso decidere chi debba diventare arbitro della
verità”, anche perché su Internet distinguere fra satira, teoremi sulle
notizie o anche solo una lettura diversa degli avvenimenti è complesso. A
chi spetta, però, vigilare sulla corretta informazione e con quali
strumenti?
Ci sono strumenti elementari, come quello di
controllare se chi pubblica la notizia ha un nome e cognome reale, se la
notizia è riportata da qualche altro sito, se le date corrispondono.
Tutto questo è possibile attraverso i motori di ricerca. Internet è un
mondo bellissimo, ma insidioso. Le scuole dovrebbero insegnare ai
ragazzi, che sono i maggiori fruitori, come ci si orienta, ma ci
arriveremo come al solito in ritardo.
Perché si crede che le fake news siano un’esclusiva della Rete?
Perché
sul web è più facile e virale: chiunque può raccontare quello che vuole
in forma anonima. Il web ha solo fatto esplodere le debolezze di un
sistema con poca reputazione, e che quindi non può nemmeno alzare tanto
la voce. Le testate e le firme autorevoli, infatti, ne hanno risentito
meno e sono diventate anche più ricercate.
Non pensa che i
giornali italiani siano impegnati più nella polemica politica a
contrastare presunte fake news che a produrre le news?
È un
esercizio facile, molto di moda, non richiede impegno e fa comodo a
tutti, tranne ai lettori, o telespettatori, o utenti, che alla fine
ingoiano spesso aria fritta
In questi giorni si celebrano il film
The Post e gli scoop degli anni 70 del New York Times e del Washington
Post, simboli del giornalismo più puro: quello che scrivono è vero. Per i
giornali italiani, invece, la percezione è opposta. Di chi è la colpa? E
quando i lettori hanno smesso di confidare – nel senso di avere piena
fiducia – nei giornali italiani?
Non è una percezione solo
italiana. Però non sarei così drastica. I lettori italiani, come quelli
di tutto il mondo, hanno le loro abitudini, e credono ai giornali che
gli raccontano il mondo come lo vedono loro. Quante volte sentiamo dire
“i nostri lettori si attendono che gli diciamo questo o quest’altro?”.
La distorsione sta proprio qui. E poi c’è un calo generale del senso
della reputazione, che di solito dovrebbe fare la differenza.
Una
domanda sulla Rai, sul dibattito fra artisti e giornalisti nel servizio
pubblico. Uno come Vespa – che col contratto di artista è riuscito a
ottenere un compenso oltre il tetto di 240.000 euro – può raccontare la
campagna elettorale?
È un’anomalia tutta Rai: se non sei
inquadrato in una testata giornalistica (Tg1, Tg2, Tg3, Rainews, e
relative rubriche), ma negli spazi delle reti, sei contrattualizzato
come autore o conduttore (a meno che tu non sia un giornalista
dipendente). In questo modo l’azienda non deve versare i contributi
Inpgi, ma all’Enpals (oggi Inps), che sono più bassi. Ho condotto per
vent’anni Report e non sono mai stata contrattualizzata come
giornalista, pur essendo iscritta all’Ordine, che a sua volta non ha mai
fatto nulla per modificare questa anomalia. Ciò detto, tutto il mondo
sa che Vespa è un giornalista, quindi il tema è il compenso o
l’argomento di cui si occupa?