Il Fatto 16.1.17
Oggi il fascista se ne frega anche del Duc
di Antonio Padellaro
Il
sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi e gli odierni fascisti immaginari
credono che basti una leccatina al busto del Duce per attingere voti al
giacimento elettorale nero gorgogliante sotto i nostri piedi. Eh sì,
quando c’era lui, caro lei, su “infrastrutture e politiche sociali c’era
una visione”, dichiara petto in fuori il candidato leghista alla
Regione Lazio. Che però trattiene l’italico ardore sulle “sciagurate
leggi razziali” e “la guerra a fianco di Hitler”. Qui casca l’asino
poiché al fascio 2.0 frega poco delle dinamiche della Seconda guerra
mondiale quando invece considera “Romanista ebreo” o “Laziale ebreo” (ma
anche “Juventino ebreo” o “Interista ebreo”, e via così con
l’antisemitismo curvarolo) l’insulto più sanguinoso.
Poi c’è
l’ammiratore a debita distanza, tipo il pidino fiorentino Maurizio
Sguanci che, “fatto salvo che Mussolini è la persona più lontana da me”
(ci mancherebbe) “nessuno in questo Paese ha fatto in quattro lustri
quello che ha fatto lui in vent’anni”. Un’emerita fesseria destinata
rapidamente ad appassire visto che l’endorsement dello Sguanci non
resisterà che poche ore alla gogna di Facebook, con lui costretto
all’abiura più mortificante. Ovvero: “Mussolini fu un criminale, anzi
uno dei più grandi criminali della Storia. È più che assodato. È un
fatto”. Conclusione di puro stampo ducesco che si sarebbe forse potuta
bilanciare con un virile: “E gli puzzava l’alito” (ma non si può avere
tutto). Come sempre in tema di furfanterie un tanto al voto, il primo a
tracciare il solco fu Silvio Berlusconi nel 2013 (“Mussolini per tanti
versi fece bene”). Banalità rieditata pochi giorni fa con un timido:
“Mussolini non era proprio un dittatore”, peraltro subito ingoiata da un
singulto: “Era solo una battuta”. Potremmo andare avanti a lungo con la
galleria di all’armi siam fascisti o forse no se non fosse per la poco
divertente commistione tra innocua nostalgia e ferocia razzista. Perché
fascisti prêt-à-porter si dichiarano i manganellatori radiofonici della
Zanzara, favorevoli all’annegamento in mare dei migranti e fautori delle
camere a gas per i rom (più nazi che fasci dunque ma la differenza non
sempre viene colta).
Un furore che alligna intorno a noi, una
violenza cupa, bestiale, spesso omicida (i bengalesi ammazzati di botte a
Roma, i clochard bruciati vivi da Verona a Palermo) sullo stampo della
stessa disumana malvagità che concepì Marzabotto. E che forse perfino
Lui non avrebbe approvato stando almeno al ritratto che ne fa il regista
Luca Miniero nel film Sono tornato, a giorni nelle sale. Un dittatore
redivivo, stralunato, accolto nelle strade dal saluto romano e tutto
sommato più attratto dai social che dalla guerra alle plutocrazie
giudaico massoniche. Nell’attuale schieramento elettorale da collocare
tra Salvini e la Meloni (un pizzico più moderato del candidato leghista
in Lombardia Attilio Fontana, convinto che “la razza bianca” sia in
pericolo quindi “basta con gli immigrati”). Un fascismo da ridere anche
se, ne siamo certi, pure al Mussolini autentico oggi quelli di Casapound
negherebbero il voto.