Il Fatto 16.1.18
Papa apocalittico: a un passo da guerra atomica
Incubo Bomba - L’appello del pontefice: “Ho davvero paura. Adoperarsi per il disarmo”
Papa apocalittico: a un passo da guerra atomica
di Giampiero Gramaglia
Papa
Francesco ha “davvero paura” d’una guerra atomica: “Sì, ho davvero
paura – dice ai giornalisti sull’aereo che lo porta in visita in Cile e
Perù – … Siamo al limite… Basta un incidente per innescare il conflitto.
Di questo passo. la situazione rischia di precipitare. Quindi, bisogna
distruggere le armi, adoperarci per il disarmo nucleare”.
Il Papa
che aveva già dichiarato aperta la Terza Guerra Mondiale “a pezzi”, con
focolai di guerra in Medio Oriente e Africa, Estremo Oriente e Asia
sud-occidentale, teme che le esibizioni missilistico-muscolari sul
fronte coreano e i rialzi di tensione su quello iraniano possano
innescare, magari per errore, un conflitto.
È un monito sentito,
non recitato. Prima della partenza, fa distribuire ai 70 giornalisti al
seguito una foto scattata a Nagasaki poco dopo l’esplosione della
seconda bomba atomica Usa, il 9 agosto 1945: dietro l’immagine, una nota
di suo pugno, “Frutto della guerra”. “L’ho trovata per caso”: è un
bambino che porta sulle spalle il fratellino morto e aspetta il suo
turno davanti al crematorio, mordendosi le labbra a sangue per il dolore
e la tensione.
A scattarla, fu un fotografo americano, Joseph
Roger O’Donnell. Francesco racconta: “Mi ha commosso. Ho pensato di
farla stampare e condividerla, perché un’immagine del genere emoziona
più di mille parole”.
Le parole e il gesto del Papa trasmettono
un’inquietante sensazione: Francesco sa più di quel che tutti sanno?
Dall’altra parte dell’Atlantico, l’uomo che tiene a fare sapere di avere
“il più grosso bottone nucleare”, Donald Trump, si limita a commenti
generici: “Vedremo che accadrà con la Corea del Nord… Molte cose possono
succedere”. Il Pentagono dice di “sperare nella diplomazia”, ma di
“esser pronto alla guerra”: parole di circostanza, dopo che il falso
allarme di domenica alle Hawaii ha dato misura della fragilità della
situazione.
Negli Usa, il lunedì è festivo – è il Martin Luther
King Day: Trump lo trascorre in Florida, mentre le due Coree tornano a
vedersi e fanno ulteriori progressi sulla ‘tregua olimpica’: Pyongyang
manderà ai Giochi un’orchestra di 140 elementi e c’è l’ipotesi di
allestire una squadra di hockey femminile ‘pancoreana’.
Le
preoccupazioni del Papa riflettono un contesto internazionale reso
ulteriormente instabile e insicuro dall’imprevedibilità di alcuni dei
protagonisti e dove i progressi tecnologici indeboliscono la dissuasione
nucleare e accrescono le tentazioni d’uso d’ordigni atomici a impatto
limitato. La diplomazia, poi, pare immemore delle lezioni del passato,
al punto che tornano minacciosi sull’orizzonte europeo gli ‘euromissili’
– banditi dal 1987. All’Onu, il Trattato che proibisce in toto le armi
nucleari è su un binario morto: 122 Paesi l’hanno già approvato –
Vaticano in primis -, ma nessuna delle 9 potenze nucleari e dei Paesi
loro alleati.
Più che sulle paure di Francesco, l’America
s’interroga sui fantasmi del razzismo, che le parole del presidente
evocano. Mitt Romney, candidato repubblicano alla Casa Bianca 2012 e
capofila della fronda a Trump, le giudica “incoerenti con la nostra
storia e antitetiche ai nostri valori”. Romney avrebbe deciso di correre
a novembre per un seggio al Senato, preparandosi a scendere in campo
nel 2020 contendendo al magnate la nomination repubblicana.