Il Fatto 15.1.18
Umberto Eco, come si nasce e come si muore di fascismo
Un invito a “non dimenticare”, a non dare mai nulla per superato
di Furio Colombo
Il
fascismo è come tubercolosi. Uno sembra sano e a un certo punto sputa
sangue. Ecco ciò che sa e che racconta Umberto Eco ne Il fascismo eterno
(La nave di Teseo) usando i materiali di un evento che abbiamo
organizzato insieme alla Columbia University.
In quel tempo (1995 )
insegnavo all’università ed ero direttore dell’Istituto italiano di
Cultura. L’idea era di celebrare per la prima volta, pubblicamente, il
25 aprile in America. I protagonisti erano, oltre a Eco, Giorgio
Strehler, il leggendario regista di Brecht al Piccolo Teatro di Milano e
Lucianio Rebay, comandate partigiano da giovane, e professore di Poesia
alla Columbia University per il resto della sua vita. Strehler e Rebay
hanno raccontato resistenza e prigioni, traditori ed eroi nella Milano
dell’ultimo fascismo.
Eco dice in questo libro come si nasce e
come si muore di fascismo. Ecco l’inizio: “Nel 1942, all’età di 10 anni,
vinsi un primo premio affrontando la domanda “Dobbiamo noi morire per
la gloria di Mussolini ?”. La mia risposta è stata sì. Ero un ragazzo
sveglio”. Eco ha scelto uno straordinario frammento di autobiografia che
alla fine, ti accorgi, diventa tutta la sua autobiografia, certo dal
punto di vista morale e intellettuale: che cosa capisce un bambino del
fascismo? Che cosa tocca in eredità a un adulto dopo un incontro così
spaventoso? E come ti impegni per sempre a difendere la liberazione,
quando ti rendi conto che l’incubo non finisce?
Umberto Eco non ha
visto i fascisti di Como, entrati in una casa privata, che circondano
un gruppo di volontari pro migranti per leggere il loro messaggio datato
1939. Ma era scrittore e filosofo e sapeva che quel pericolo stava
arrivando. “In Italia vi sono alcuni che si domandano se la resistenza
abbia avuto un impatto militare. Per la mia generazione la questione era
irrilevante: comprendemmo immediatamente il significato morale e
psicologico della Resistenza”, scrive Eco nel suo libro che bisogna
assolutamente avere e diffondere. Ma riflettete su queste affermazioni,
verso la fine: “Il fascismo cresce e cerca consenso sfruttando ed
esacerbando la naturale paura della differenza. Il primo appello di un
movimento fascista o prematuramente fascista è contro gli intrusi. Ogni
fascismo è dunque razzista per definizione”. Queste poche pagine sono
uno dei libri più belli e più importanti di Eco. Che chiude con una
splendida poesia di Fortini (“Sulla spalletta del ponte/ le teste degli
impiccati….”) e con il suo ammonimento: “Sia questo il nostro motto: mai
dimenticare”.