lunedì 15 gennaio 2018

Corriere 15.1.18
Moro e «i fasti del 40ennale» Il post che fa litigare gli ex Br
Balzerani: «Chi mi ospita?». Etro: «Vergogna, ci vediamo all’inferno»
di Fabrizio Caccia

Brigatisti contro. A due mesi dall’anniversario di via Fani, 16 marzo 1978, il giorno del sequestro di Aldo Moro e dell’eccidio della sua scorta, compare un post su Facebook: «Chi mi ospita oltre confine per i fasti del 40ennale?». Il tono sembra ironico. Chi scrive, però, non è una persona qualunque: è Barbara Balzerani, l’ex «Primula Rossa» delle Br, che in via Fani quel giorno c’era, anche se non sparò.
Il post sul profilo Facebook della Balzerani è del 9 gennaio e proprio ieri, poco prima d’essere cancellato, viene letto da un altro ex brigatista, Raimondo Etro, che reagisce male e scrive a sua volta una lettera aperta («Signora Barbara Balzerani, mi rivolgo a lei...») per «chiederle di tacere semplicemente in nome dell’umanità verso le vittime, inclusi quelli caduti tra noi...».
La missiva viene inviata per conoscenza a poche altre persone, tra cui Giovanni Ricci, figlio di Domenico, l’appuntato dei carabinieri che in via Fani guidava l’auto dove viaggiava Aldo Moro e l’onorevole dem Gero Grassi, membro della commissione parlamentare d’inchiesta sul delitto Moro, che più tardi gli risponderà: «Grazie. Bravo!».
Anche Etro, però, non è uno qualunque: a lui furono affidate in custodia le armi di via Fani, una settimana dopo la strage: «C’erano un kalashnikov, una mitraglietta, alcune pistole — ricorda l’uomo parlando col Corriere —. Le ebbi, mi pare, da Morucci o Casimirri, le tenni in casa di mia madre per un po’, vicino piazza Mazzini...».
Oggi ha 61 anni e vende libri e francobolli su eBay, ma si è fatto 16 anni di carcere per il concorso nella strage di via Fani (partecipò nei mesi precedenti alla preparazione) e nell’omicidio del giudice Riccardo Palma («La mattina del 14 febbraio 1978 — racconta — c’ero anch’io insieme a Prospero Gallinari, Alvaro Lojacono e Alessio Casimirri. Ma la mia pistola, diciamo, s’inceppò...»).
La lettera aperta alla sua ex compagna di lotta è durissima. Etro, tra l’altro, scrive: «Dopo avere letto il suo commento su Facebook nel quale — goliardicamente dice lei — chiede di “essere ospitata oltre confine per i fasti del quarantennale”... avendo anch’io fatto parte di quella setta denominata Brigate rosse... provo vergogna verso me stesso... e profonda pena verso di lei, talmente piena di sé da non rendersi neanche conto di quello che dice». C’è un passaggio, poi, piuttosto inquietante: «Per nascondere di avere agito per conto e per fini che con la cosiddetta rivoluzione proletaria non avevano nulla a che fare lei nega addirittura l’evidenza. Non voglio entrare nel merito delle chiacchiere “chi c’era o chi non c’era in via Fani, infiltrazioni, depistaggi o altro”. Mi limito a dire semplicemente: “ci hanno lasciati fare”...».
Etro ha rotto da tempo coi «compagni» e col suo passato e anche la Balzerani, che compirà giusto domani 69 anni, oggi è una libera cittadina che scrive libri, avendo finito di scontare la sua pena nel 2011. Ma mai pentita nè dissociata. E nella lettera Etro la incalza: «Le Brigate rosse hanno rappresentato l’ultimo fenomeno di un’eresia politico-religiosa che nel tentativo maldestro di portare il Paradiso dei cristiani sulla terra... ha creato l’Inferno... Inoltre lei dimentica che chi le permette di parlare liberamente... è proprio quello Stato che noi volevamo distruggere e di cui abbiamo assassinato a sangue freddo i rappresentanti, così pregni di quella stessa schizofrenia che oggi affligge i musulmani che da una parte invidiano il nostro sistema sociale, dall’altra vorrebbero distruggerlo».
E la chiusa è altrettanto drammatica: «Il silenzio sarebbe preferibile all’ostentazione di sé, per il misero risultato di avere qualche applauso da una minoranza di idioti che indossano la sciarpetta rossa o la kefiah. Ci rivedremo all’Inferno».