Corriere 15.1.1
La Cina colma il vuoto lasciato dagli Stati Uniti
di Ian Bremmer
Lo
scorso ottobre, il presidente cinese Xi Jinping ha pronunciato il
discorso più importante della storia recente, dal giorno in cui Michail
Gorbaciov si presentò alle telecamere per sciogliere ufficialmente
l’Unione Sovietica. In occasione del 19° congresso del Partito comunista
cinese, Xi Jinping ha detto chiaramente che la Cina è pronta ad
assumere il ruolo che le spetta nella leadership mondiale. Le
conseguenze di questo passo si misurano su scala globale.
Mentre
si appresta a dare inizio al suo secondo mandato quinquennale, Xi
Jinping ha consolidato in patria quel potere che gli consente di
ridefinire gli scenari esterni della Cina e imporre le sue nuove regole.
La tempistica è perfetta: la Cina si fa avanti nel momento stesso in
cui un presidente americano, assediato e contestato politicamente sul
fronte interno, ha smantellato impegni e obblighi verso alleati e
alleanze storiche. Gli Stati Uniti hanno lasciato un vuoto e la Cina si
appresta a colmarlo.
Per decenni, i leader occidentali hanno
immaginato che la nuova classe media cinese avrebbe costretto il governo
ad adottare misure più liberali. E invece oggi sono le democrazie
occidentali a sentirsi sotto assedio, mentre sale la rabbia dei
cittadini per il pesante tributo che la globalizzazione ha imposto ai
loro standard di vita e all’occupazione. Sono le democrazie oggi a
reclamare cambiamenti e i governi si trovano nell’impossibilità di
soddisfare tali richieste. I principi democratici stessi si vedono
minacciati dal venir meno della fiducia dei cittadini sia nei partiti
politici tradizionali che nell’affidabilità delle informazioni pubbliche
e nell’inviolabilità del processo elettorale.
Al contrario, i
governanti cinesi hanno saputo assicurare un miglioramento progressivo
delle condizioni di vita del Paese e instillare un senso crescente
dell’importanza della Cina nel mondo. Vecchi problemi come repressione,
censura, corruzione e inquinamento restano inalterati, mentre i
progressi tangibili in molte aree della vita in Cina hanno ispirato alla
cittadinanza un senso di fiducia nei loro leader, quella fiducia che
americani ed europei non provano ormai più.
Che cosa significa
tutto questo per il mondo? La Cina oggi è in grado di stabilire regole
internazionali in un clima di minor resistenza rispetto al passato, e
questo è importante in tre settori fondamentali.
Primo, nel
commercio e negli investimenti, la Cina è oggi l’unico Paese al mondo
che sembra essersi dotato di una strategia globale. Grazie al suo vasto
progetto infrastrutturale della Nuova Via della Seta e alla sua
propensione a investire — senza riserve politiche — nei Paesi in via di
sviluppo in tutti i continenti, la Cina punta sempre più in alto, mentre
l’Europa si concentra sui problemi europei e la politica americana
scaglia il suo anatema sugli scambi commerciali internazionali. I
governi di molti Paesi in Asia, America Latina, Africa e Medio Oriente
sono oggi molto più favorevoli a imitare e ad allinearsi con l’approccio
cinese alla politica estera, di stampo esplicitamente commerciale.
Secondo,
è in corso una guerra globale per il predominio tecnologico. In
particolare, Stati Uniti e Cina guidano la carica agli investimenti
nello sviluppo dell’intelligenza artificiale. Negli Stati Uniti, la
leadership in questo campo viene dal settore privato, in Cina invece
dallo Stato, che gestisce le principali aziende e istituzioni del Paese
per servire i propri interessi. Come per le strategie di commercio e
investimenti, altri governi — specie quelli più timorosi di suscitare
malcontento sociale al loro interno — trovano interessante questo
modello di sviluppo. L’influenza economica della Cina servirà a
subordinare i settori tecnologici dei Paesi più piccoli alle aziende
cinesi e agli standard tecnici che esse vorranno imporre.
Infine,
non dimentichiamo la questione dei valori. L’attrazione della Cina non è
di natura ideologica. L’unico valore politico esportato da Pechino è il
principio della non interferenza negli affari delle altre nazioni. E
proprio questo appare un bonus per quei governi avvezzi alle richieste
occidentali di riforme politiche ed economiche in cambio di aiuti
finanziari. Con l’arrivo della politica estera di Trump, basata sul
concetto di «America first», e con le molteplici istanze che oggi
distraggono l’attenzione dei leader europei, la Cina non incontra
ostacoli proprio grazie al suo approccio al commercio e alla diplomazia,
scevro da qualunque prerequisito ideologico.
Tuttavia, anche
l’attrattiva internazionale della Cina ha i suoi limiti. Passeranno
decenni prima che la Cina sia in grado di esercitare il potere militare
globale degli Stati Uniti. La Cina resta pur sempre una potenza
regionale e la forbice della spesa militare continua ad allargarsi a
favore degli Stati Uniti. I Paesi confinanti già avvertono qualche
disagio davanti alle crescenti capacità di Pechino di fare pressione sui
loro confini. È anche vero che la potenza militare convenzionale è meno
importante oggi ai fini dell’influenza internazionale rispetto al
passato, sia per le minacce alla sicurezza nazionale in un mondo
globalizzato create dalla potenziale militarizzazione dell’influenza
economica, sia per l’ancora incerto equilibrio di potere nel
cyberspazio.
Nel 2018 e oltre, il mondo degli affari globale dovrà
adattarsi a nuove regole, standard e pratiche portate avanti dalla
Cina, non solo all’interno di questo Paese, ma anche in tutti gli altri
Paesi in cui le aziende cinesi fanno sentire sempre più massicciamente
la loro presenza e dove il governo cinese sta rafforzando e allargando
la sua influenza. È probabile inoltre che Giappone, India, Australia e
Corea del Sud collaborino più spesso tra di loro per arginare la potenza
regionale della Cina, con il rischio di nuove frizioni e persino
conflitti. A seconda di come andranno i rapporti tra Stati Uniti e Cina,
il governo Trump potrebbe attivarsi maggiormente in quell’area. Infine,
è possibile che le grandi ambizioni di Xi Jinping lo espongano alle
rivalità interne del partito, specie se la Cina dovesse subire
insuccessi imbarazzanti in patria o all’estero.
Una cosa è certa,
il mondo avrà gli occhi puntati sull’anno appena iniziato per mettere a
confronto il modello cinese con quelli occidentali. Per gli americani e
gli europei, il sistema cinese presenta scarse attrattive, ma per molti
altri Paesi è un modello che incarna una possibile alternativa. E con Xi
Jinping disposto a offrire proprio quell’alternativa, sarà questo il
maggior rischio geopolitico che il mondo dovrà affrontare nel 2018.
Traduzione di Rita Baldassarre