mercoledì 31 gennaio 2018

Corriere 31.1.18
La new entry del fattore «catapulta»
di Pierluigi Battista


Ora che sta svanendo l’effetto «radicamento nel territorio» sarebbe necessario che si studiasse, a beneficio di chi è stato nominato in collegi remoti, per così dire lontano da casa, l’«effetto catapulta». Sarebbe necessario per esempio che Nunzia De Girolamo di Forza Italia, messa fuori dal suo «territorio» per complicate ma non indecifrabili dinamiche tutte intrinseche al caso Campania, studiasse, per impratichirsi con le popolazioni locali, espressioni dialettali e usi e costumi del collegio Bologna-Imola in cui l’hanno gettata a sua insaputa dopo una notte di intrighi e voltafaccia. Così come sarebbe necessario che un severo spin doctor sconsigliasse Maria Elena Boschi, asserragliata nel suo collegio sudtirolese, espressioni boomerang tipo: «Sono felice perché il mio rapporto con questo territorio era già molto forte, perché trascorro qui le vacanze». Ecco, non esattamente un esempio di saldo legame con il territorio.
Perché comunque queste elezioni contano una vittima illustre: l’idea che i collegi uninominali leghino l’eletto ai suoi elettori. Svanisce la retorica del territorio, essendo gli unici territori funzionanti quelli di Arcore, del Nazareno o i meandri di un blog fuori controllo o le sedi della Lega di Salvini o quella di Liberi e uguali. Beninteso, non è che con il Mattarellum con ci fossero catapulte, paracaduti e spedizioni lontane. Ma almeno un minimo di incertezza e di sorpresa dava al voto un senso di competizione. Invece oramai i collegi sono come una scacchiera in cui gli unici giocatori autorizzati suddividono i famosi territori in sicuri, incerti, o perduti, con un effetto di predeterminazione dei risultati che cancella ogni traccia di rischio. L’unico rischio è che i candidati non sappiano evitare di fare brutte figure, ostentando un’ignoranza troppo accentuata del territorio del Risiko che è stato assegnato loro per grazia ricevuta, e di confondere Torino 3 con Cagliari 2 e così via. Poi, chi li sente quei poveretti dei territori?