Corriere 31.1.18
«Basta fughe all’estero» E Caoimhe gira l’Irlanda per il «sì» all’aborto
La ragazza è testimonial nel referendum di maggio
di Luigi Ippolito
Londra
Il viaggio di Caoimhe è appena iniziato. La giovane ingegnera
informatica attraverserà tutte le province della sua Irlanda per
persuadere i suoi connazionali a cambiare la legge sull’aborto, la più
restrittiva d’Europa.
Il governo di Dublino ha infatti appena
deciso di indire per fine maggio un referendum popolare per abrogare
l’ottavo emendamento della costituzione: introdotto nel 1983, il
provvedimento riconosce eguali diritti alla madre e al feto fin dal
concepimento e di fatto impedisce ai medici di portare a termine
interruzioni di gravidanza anche quando la vita della madre è in
pericolo. In base alle leggi in vigore, le donne colpevoli di aborto
illegale rischiano fino a 14 anni di carcere, anche se le irlandesi sono
libere di andare all’estero per interrompere una gravidanza: e in
migliaia lo fanno, soprattutto in Inghilterra.
Ed è proprio questa
dolorosa esperienza che ha spinto Caoimhe Anglin, oggi 28enne, a
diventare il volto della campagna per la liberalizzazione dell’aborto in
Irlanda. Lei stessa nel 2016 è andata a Manchester, accompagnata dal
suo fidanzato, per terminare una gravidanza: e nei bagni dell’aeroporto
ha visto una ragazza giovanissima, da sola e sconvolta, che chiaramente
aveva intrapreso lo stesso viaggio. «Quante donne e ragazze come lei
dovevano passare attraverso quest’esperienza da sole? — ha raccontato al
Guardian . — È stato allora che ho cominciato a capire che dovevo
prendere posizione».
Caoimhe (che in gaelico significa «gentile»)
riferì per caso la sua esperienza a un’amica che era impegnata nella
campagna pro-aborto e nel dicembre del 2016 venne messa in contatto con
il movimento per la riforma della legge. «Ho cominciato a raccontare la
mia storia — continua la giovane — e sempre più spesso incontravo
risposte del tipo “Oh mio dio, anche io”, oppure “mia sorella ci è
passata, o mia zia, o la mia migliore amica”, e così via. Mi sono
ritrovata in compagnia di migliaia e migliaia di donne che avevano
questa esperienza in comune nelle loro vite. E così, all’inizio del
2017, la mia amica attivista mi ha suggerito di lanciare un progetto
basato su storie personali come la mia, in modo da aggiungere umanità
alla questione e renderla più reale».
Ed è così che Caoimhe si
appresta ora a compiere il suo pellegrinaggio attraverso l’Irlanda,
consapevole che occorrerà convincere la gente delle contee rurali,
distante dall’enclave liberal della capitale Dublino: «Anch’io ho un
retroterra personale di campagna e mi rendo conto di quanto sia
importante andare in ogni cittadina e villaggio a raccontare la mia
storia».
La giovane dice di aspettarsi «un dibattito pubblico
velenoso»: e infatti se pure la maggioranza sembra orientata ad abrogare
il famigerato emendamento, non tutti sono d’accordo nell’adottare le
politiche liberali del resto d’Europa. Dopo il referendum, il governo
intende introdurre una nuova legge che autorizzerà l’aborto fino alla
dodicesima settimana di gravidanza: ma la questione spacca
trasversalmente tutti i partiti.
«L’aborto esiste in Irlanda — ha
detto il premier Leo Varadkar — ma è pericoloso, non regolato e
illegale: è mia opinione che non possiamo continuare a esportare i
nostri problemi». Questa dell’aborto è l’ultima trincea dei cattolici
tradizionalisti contro la completa secolarizzazione della società
irlandese, dopo che nel 2015 era stato introdotto il matrimonio
omosessuale. E il referendum avrà luogo poche settimane prima della
visita di papa Francesco. Ma il viaggio di Caoimhe comincia ora.